Chiesa / Partecipazione attiva dei fedeli alla liturgia

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fedeli in chiesa

La costituzione Sacrosanctum Concilium, più volte richiama il dovere della partecipazione dei fedeli alla liturgia. Per partecipazione non s’intende che ognuno debba esercitare un ministero o fare qualcosa durante la celebrazione. Ma che ci sia un atteggiamento, esteriore ed interiore, che permetta al fedele di sentirsi attivamente partecipe di quanto si celebri. Ciò per non essere un semplice, passivo, spettatore.

Al numero 19 si legge: “I pastori d’anime curino con zelo e con pazienza la formazione liturgica, come pure la partecipazione attiva dei fedeli, sia interna che esterna, secondo la loro età, condizione, genere di vita e cultura religiosa. Assolveranno così uno dei principali doveri del fedele dispensatore dei misteri di Dio. E in questo campo cerchino di guidare il loro gregge non solo con la parola ma anche con l’esempio”.

La partecipazione dei fedeli  alla liturgia comincia dalla loro formazione

La prima ed indispensabile formazione liturgica dei fedeli è affidata al “pastore di anime”, ovvero a colui che ha la cura della comunità. Egli – infatti – attraverso un’ adeguata formazione liturgica e l’esposizione (non personale) del Magistero della Chiesa, farà in modo che l’assemblea orante sia partecipe dei divini misteri.
A tal riguardo al numero 30 si legge: “Per promuovere la partecipazione attiva, si curino le acclamazioni dei fedeli, le risposte, il canto dei salmi, le antifone, i canti, nonché le azioni e i gesti e l’atteggiamento del corpo. Si osservi anche, a tempo debito, un sacro silenzio”.

Nell’udienza generale di mercoledi 14 aprile, Papa Francesco ricordava che “La vita di una parrocchia e di ogni comunità cristiana è scandita dai tempi della liturgia e della preghiera comunitaria”. Per cui, se vogliamo che la liturgia sia realmente “fonte e culmine della vita cristiana” (n. 9), siamo chiamati a formare comunità autenticamente oranti.

Nell’ultimo decennio si è assistito ad un calo della formazione liturgica, i cui risultati stanno davanti gli occhi di tutti. Celebrazioni distratte, poca partecipazione attiva dei fedeli attraverso il canto, le acclamazioni, i gesti. Quello che maggiormente preoccupa è “il gusto personale” che prevale sull’intera assemblea. Si dimentica, così, che la partecipazione attiva dei fedeli, non è un privilegio che viene concesso. Ma un diritto che appartiene ad ogni battezzato, secondo quanto scrive la già citata Costituzione conciliare.

“ È ardente desiderio della madre Chiesa che tutti i fedeli vengano formati a quella piena, consapevole e attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche, che è richiesta dalla natura stessa della liturgia. E alla quale il popolo cristiano, « stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo acquistato » (1 Pt 2,9; cfr 2,4-5), ha diritto e dovere in forza del battesimo.

Una buona formazione rende attiva la partecipazione dei fedeli alla liturgia

A tale piena e attiva partecipazione di tutto il popolo va dedicata una specialissima cura nel quadro della riforma e della promozione della liturgia. Essa infatti è la prima e indispensabile fonte dalla quale i fedeli possono attingere il genuino spirito cristiano.  Perciò i pastori d’anime in tutta la loro attività pastorale devono sforzarsi di ottenerla attraverso un’adeguata formazione. Ma poiché non si può sperare di ottenere questo risultato, se gli stessi pastori d’anime non saranno impregnati, loro per primi, dello spirito e della forza della liturgia. E se non ne diventeranno maestri, è assolutamente necessario dare il primo posto alla formazione liturgica del clero.” (n.14).

Al calo della formazione liturgica, abbiamo assistito al proliferare di un devozionalismo che si è espresso nell’aumento considerevole di feste, talune prive di significato. E anche di atti di devozione e pietà popolare che allontanano dal genuino spirito cristiano che la liturgia celebra.

Comprendo bene che per un pastore d’anime è più facile proporre una devozione che puntare sulla formazione liturgica. E’ più facile offrire un pio esercizio che la liturgia delle ore, ma ciò ci permette di stare sereni? Ricordiamo come nella bimillenaria storia le devozioni nascono nel momento in cui la liturgia diventa incomprensibile. E il popolo, che avverte in sé l’esigenza di pregare, si crea nuove forme di preghiera.

Insistere sulla formazione liturgica attraverso un’adeguata catechesi

E’ urgente e prioritario che in ogni comunità si insista sulla vera formazione liturgica, attraverso una adeguata catechesi che spieghi il significato dei segni, dei gesti, delle parti che compongono il rito. Che spieghi anche la ministerialità e quanto ha di mira una celebrazione che sia autentica espressione di Chiesa.

Si curi anche, e soprattutto, il canto, che risulta l’ambito in cui maggiormente l’assemblea dovrebbe essere parte attiva. Il canto non può essere demandato alla Schola cantorum o, come negli ultimi tempi avviene, a qualche singolo cantore che si impone sull’assemblea.
E la lascia molte volte muta e passivamente partecipe.

Anche la scelta dei canti, oltre a tenere in considerazione il tempo liturgico, deve tener conto dell’assemblea liturgica.
Nell’introduzione al repertorio nazionale dei canti per la Liturgia – testo purtroppo poco usato nelle nostre comunità –  la Conferenza episcopale italiana scrive: “Il canto, in ogni celebrazione liturgica, anche in quella più semplice e modesta, esalta la parola e la preghiera. La dispone nella sua distensione melodica e ritmica al culto divino e diviene offerta a Dio, autore supremo d’ogni bellezza ed eterno splendore.
Il canto ha capacità di penetrare, di commuovere e di convertire i cuori. Favorisce l’unione dell’assemblea e ne permette la partecipazione unanime all’azione liturgica. Adempie al duplice scopo che, come arte sacra e azione liturgica, gli è consono, «la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli» “.

Papa Francesco: “La riforma liturgica è irreversibile..”

Ricevendo i partecipanti alla 68^ Settimana Liturgica Nazionale, Papa Francesco diceva: “ Oggi c’è ancora da lavorare …  in particolare riscoprendo i motivi delle decisioni compiute con la riforma liturgica, superando letture infondate e superficiali, ricezioni parziali e prassi che la sfigurano.
Non si tratta di ripensare la riforma rivedendone le scelte, quanto di conoscerne meglio le ragioni sottese, anche tramite la documentazione storica, come di interiorizzarne i principi ispiratori e di osservare la disciplina che la regola. Dopo questo magistero, dopo questo lungo cammino possiamo affermare con sicurezza e con autorità magisteriale che la riforma liturgica è irreversibile” (24 agosto 2017).

Ancora una volta siamo chiamati a ripensare la nostra pastorale e a puntare su ciò che risulta essere prioritario. Da una liturgia autenticamente vissuta e celebrata scaturisce una vera testimonianza di vita: “Una comunità cristiana che partecipa consapevolmente al culto liturgico non può rimanere egoisticamente chiusa in sé stessa. Ma deve espandersi nella carità verso il prossimo, che è servizio umile e sollecitudine apostolica” (A. Nocent, La partecipazione attiva alla liturgia).

Don Roberto Strano

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