Chiesa / Prossimità è ascoltare, condividere, aiutare

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buon samaritano

Il Dottore della legge, che viene spiazzato da Gesù, nel racconto evangelico di Lc 10,25-37, pone una domanda provocatoria a Gesù e chiede: “chi è il mio prossimo”? Gesù più che dare una risposta racconta una parabola di “prossimità”, con l’insegnamento del buon Samaritano, per concludere con un mandato specifico: “Va e anche tu fa’ lo stesso”.

Il primo anno del cammino sinodale ci ha educati alla nobile arte dell’ascolto (che è più che sentire), quale atteggiamento fondamentale per porsi in relazione con l’altro. L’ascolto è il punto di partenza per farsi prossimi, attenti, premurosi, solleciti, verso quanti – per diverse ragioni  – sono “incappati nei briganti” che la vita, a sorpresa riserva. Ognuno di noi, a differenza del sacerdote e del levita, menzionato dal Vangelo, è chiamato a fermarsi, a prestare le necessarie cure. A versare sulle ferite “l’olio della consolazione e il balsamo della speranza” (Prefazio comune, VIII ). E, se è il caso, condurlo in una locanda al sicuro finché le ferite non siano rimarginate.

buon samaritano
Ferdinand Hodler- Il buon samaritano

Prossimità è condividere

Cosa significhi prossimità ce lo dice in maniera semplice e vera il proemio della Gaudium et Spes. “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo. E nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre. Ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia”(1).

Farsi prossimo non è un optional, né una scelta di qualcuno. Ma una logica e normale conseguenza dell’essere discepolo di Cristo il quale ci ricorda “Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi” (Gv 13, 15). Egli infatti, attraverso coloro che si fanno prossimi, “Ancor oggi come buon samaritano viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito” (Prefazio Comune VIII).

Prossimità è empatia

Tante sono oggi, come ieri, le fragilità di noi uomini. Spesso tendono a schiacciarci perché li viviamo nella nostra solitudine, senza trovare (o cercare) qualcuno con cui confrontarci. Qualcuno che sappia starci accanto, rispettando la nostra autonomia e libertà, non come maestro ma, come compagno di cammino. Non come ripetitore di parole (spesso preconfezionate o dogmatiche) , ma con il silenzio e l’empatia, come ci insegna Edith Stein. “Prossimità è empatia, significa allargare l’esperienza individuale e renderla capace di accogliere il dolore, la gioia altrui, mantenendo la distinzione e la diversità con l’altro”.

Prossimità è mostrare la propria fede; è fare quattro passi a chi ne chiede di farne due. E’ essere felici ogni qual volta qualcuno viene a cercarci, a telefonarci, a chiedere di condividere il proprio tempo.

C’è una storiella, che, a chiusura di questo breve contributo, mi piace citare e, a mio parere, esplicita bene il senso della prossimità: <<Alla scuola materna, un bambino portava sempre due fazzoletti. La maestra gli chiese perché: “Uno è per soffiarmi il naso; l’altro per asciugare gli occhi di quelli che piangono”>> (Bruno Ferrero).

Don Roberto Strano

 

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