Il mistero della trentacinquenne tennista cinese Peng Shuai, scomparsa in Cina in questi ultimi giorni, è finito al centro dell’attenzione internazionale. Durante i primi giorni dalla sua scomparsa, nessuna delle persone a lei più legate è riuscita a contattarla per sapere come stesse e dove si trovasse. Il governo cinese ha tenuto fin da subito a precisare che la tennista stesse bene. Forse dovremmo addirittura ringraziarlo? Di certo l’atleta, lo scorso 2 novembre, aveva accusato l’ex vicepremier della Repubblica Popolare, il settantacinquenne Zhang Gaoli, di averla violentata. Le accuse, che a quanto pare le sono costate care, erano state avanzate sul suo stesso profilo social Weibo.
Cina / Il mistero di Peng Shuai, tennista scomparsa
Weibo è un social network cinese, un sito di microblogging paragonabile ai nostri Facebook o Twitter. Il paragone chiaramente sussiste soltanto dal punto di vista delle funzioni sommariamente simili, dato che non esiste social network in Cina che non sia severamente controllato del governo. Risulta praticamente impossibile esprimere la propria opinione circa una situazione potenzialmente sgradevole per il Partito Comunista Cinese. Il profilo Weibo della tennista è diventato irraggiungibile appena mezz’ora dopo la pubblicazione dei fatti relativi alla violenza subita. Oltretutto, le ricerche comprendenti il suo nome hanno smesso di dare risultati per molte ore dall’uscita della notizia.
Tennista scomparsa in Cina: le accuse di violenza
Nonostante il suo ritiro dalla politica, Zhang resta in Cina un uomo molto potente, avendo ricoperto importanti cariche istituzionali. Come viene raccontato, ha avuto in passato una relazione extraconiugale con la tennista. Tuttavia, negli anni successivi l’avrebbe allontanata per non intralciare la propria carriera politica. Ma dopo aver perduto i rapporti, sembra che recentemente i due abbiano avuto un altro incontro. Proprio in questa occasione, sostiene Peng Shuai, l’uomo l’avrebbe molestata sessualmente. Il governo ha prontamente reagito cancellando le accuse avanzate sulla piattaforma Weibo.
Per Pechino sarebbe estremamente grave che una nota figura politica del passato possa essere coinvolta in queste “spiacevoli” situazioni. La vicenda potrebbe compromettere l’integrità stessa della classe politica cinese. Il 3 novembre, data della scomparsa di Peng Shuai, Steve Simon, presidente della WTA (Associazione mondiale del tennis femminile) ha dichiarato la propria indignazione, pretendendo un’investigazione in merito alle accuse. Qualche giorno fa, la tennista è apparsa in video rassicurando il mondo circa le proprie condizioni. Eppure, questo sembra non attenuare le tensioni e le preoccupazioni di media e istituzioni occidentali. Da parte sua, Pechino ritiene eccessivi gli allarmismi degli stati occidentali. Il governo cinese li ha invitati a guardare a casa propria, in quanto rei di aver politicizzato fin troppo la vicenda. Qualcuno dovrebbe forse ricordare a Pechino che, se le persone non scomparissero misteriosamente, probabilmente non ci sarebbe nulla da discutere.
Che libertà ci sono in Cina?
Non è la prima volta che si sente parlare di una Cina che reprime ferocemente i diritti umani dei propri cittadini. La libertà di parola, di stampa, la segretezza della corrispondenza, tanto per citarne alcune, sono tutti requisiti fondamentali che contraddistinguono le società occidentali. In Cina queste libertà sono semplicemente un’utopia, essendo questo un regime autoritario, prendendo l’eredità della “vecchia amica” URSS . Il governo centrale applica una fortissima censura di Stato: non è possibile, per esempio, compiere una ricerca su internet riguardanti i fatti di Piazza Tienanmen del 1989. La Repubblica popolare, forse per una curiosa forma di “educazione”, oscura qualsiasi parola o frase riconducibile a quegli avvenimenti.
L’unico modo per aggirare la censura potrebbe essere quello di utilizzare dei VPN (Virtual Private Network), ovvero una rete di telecomunicazione privata, che permette a chi ne fa uso di far perdere le proprie tracce online. Ma si capisce come, in un sistema non democratico, aggirare la censura in questo modo sia molto pericoloso e, chi viene scoperto, va incontro a pesanti sanzioni. A riguardo del caso della tennista scomparsa, la Cina, dopo qualche ora dall’uscita della notizia, ha pensato bene di impedire la ricerca della parola “Tennis”, facendola temporaneamente scomparire dal vocabolario online. In pratica il governo della Repubblica Popolare aveva cancellato questo sport per un po’, così da evitare ulteriori problemi. Alle nostre latitudini tutto questo può sembrare ridicolo ma, più probabilmente, non abbiamo nemmeno idea di cosa significhi davvero passare una vita sotto l’ombra della censura e della paura di esprimere le proprie opinioni.
Michele Garro