Attore, regista, produttore cinematografico e compositore, il magnetico Clint Eastwood compie 93 anni e continua ad essere icona assoluta del cinema mondiale. Impossibile rinchiudere la sua lunghissima carriera in una sola definizione. Di certo può aiutare il lungo elenco di riconoscimenti: 5 premi oscar tra cui due per la miglior regia, uno alla memoria Irving G. Thalberg, due come miglior film, 1 Premio César, 6 Golden Globe, 4 David di Donatello e un tributo Kennedy Center Honors al fianco della compianta Angela Lansbury.
Da straniero senza nome a leggenda: Leone e Eastwood, gli eroi pop che hanno cambiato la storia del cinema
Straniero senza nome, pale rider, Clint Eastwood è la bandiera d’un presente pop, sul quale si allungano le ombre sempre più avvolgenti dell’utopia, dei pulp, dell’arte. Lontano dal mondo reale, il suo cinema è ben dentro la realtà del mondo. Il senso di colpa e la marginalità. Uomini spietati, in primo luogo con sè stessi. Sono gli eroi stanchi del suo cinema hollywoodiano. La sua visione cinematografica non è altro che il prodotto di una vita filmica caratterizzata da arguzia. Cinismo e critiche senza peli sulla lingua contro i malcapitati di turno che siano anche politici o governanti. Un modo di fare riflesso a pieno in quei magnetici occhi di ghiaccio che hanno caratterizzato le sue interpretazioni. E che ne hanno fatto fino ai suoi 93 anni un’autentica leggenda del grande schermo.
Se si pensa a Eastwood ovviamente non si può non parlare subito di Sergio Leone che lo lanciò nella suo “Per un pugno di dollari” facendolo entrare nella storia del cinema come pistolero anarchico senza nome, buono e freddo nella trilogia del dollaro. Ed è proprio infatti dal western che inizia il successo del grande mito americano. Nel 1993 Eastwood dirige ed interpreta con grande successo il cult “Gli Spietati” con l’amico Morgan Freeman che gli valse il suo primo Oscar alla regia. Un successo bissato con un altro cult come “Million Dollar Baby” con cui Eastwood affronta con fermezza un tema delicato come l‘eutanasia.
Una carriera spesa per Warner Bros
Il 4 aprile 1923 nascevano i Warner Bros. Studios: 100 anni di racconti, storie e personaggi iconici. Per festeggiare questo anniversario, vengono ufficialmente annunciati una serie di eventi, speciali uscite cinematografiche, oltre a tante esperienze esclusive che si svolgeranno nel corso di tutto il 2023 a cui aderisce anche il Taormina Film Fest con un omaggio a molti dei film della casa Warner, come già avvenuto al Festival di Cannes. La relazione di Clint Eastwood con la Warner Bros. è iniziata nel 1975 quando la Malpaso Productions detenuta da Eastwood si è trasformata nello storico logo.
In onore dell’icona del cinema la Warner ha rilasciato l’anno scorso un cofanetto di tutti i suoi film racchiusi in una raccolta senza tempo: Clint Eastwood A Cinematic Legacy. Ora, alcuni dei personaggi più importanti della sua carriera prendono vita attraverso ad una partnership con l’attore stesso e Sideshow Collectibles che sta producendo la Clint Eastwood Legacy Collection, consistente in miniature perfette raffiguranti alcuni dei suoi personaggi più noti. Ogni figura 1:6 rappresenta un iconico eroe del film interpretato da Eastwood. Dal commissario Callaghan in Dirty Harry allo Straniero Senza Nome.
Clint Eastwood: dalla parte dei dimenticati, gli eroi invisibili della società
Clint Eastwood e il suo cinema sono entrati cosi profondamente nella cultura contemporanea da modificare stile di vita e di comportamento. Dal debutto da attore in “Gli Uomini della Prateria” al racconto autoriale in “Invictus”. Ogni suo film ha qualcosa da comunicare non solo rispetto a temi e contenuti, ma sulla propria epoca e su tendenze culturali. Ciascun film rappresenta un utile strumento di indagine per comprendere la società. La visione cinematografica eastwoodiana è stata in grado di raccontare negli ultimi anni con talento e valor di patria la vera storia del cecchino Chris Kyle in “American Sniper” sulla Global War On Terror e “Richard Jewell”. Film che esprimono volutamente il senso di responsabilità civile, in una quotidianità rapida e incombente.
Secondo Eastwood, in vecchiaia si può rendere meglio che da giovani: l’ha dimostrato. Basti pensare a “Gran Torino” dove, in splendida forma, mette in campo un reduce della guerra di Corea che diventa amico di un ragazzo asiatico superando ogni stereotipo e pregiudizio. Ancor di più si è distinto recentemente, in “The Mule”, nei panni di un pensionato longevo che trasporta droga per aiutare la famiglia al fianco di Bradley Cooper e in “Cray Macho”.
Il suo segreto è la curiosità: “La gente mi chiede il segreto della mia longevità. Forse perché alla mia età la maggior parte della gente si accontenta di giocare a golf. Però spesso mi chiedono perché non vado in pensione. Sono una persona curiosa, lo sono sempre stata. Mi piace espandere gli orizzonti. Non fermatevi, non accontentatevi. Cercate sempre nuovi stimoli, perché sono quelli che danno la possibilità di rimanere creativi e di continuare a esprimere se stessi. Io mi diverto ancora a fare film e poi così evito di guardare la mia faccia sullo schermo!”
Il sogno americano e la politica liberal nel cinema eastwoodiano
Nonostante il consenso quasi unanime che riscuote oggi, la monumentale figura artistica di Eastwood è stata forgiata dal fuoco di molteplici stroncature, rimproveri di stampo morale e critiche radicali all’impianto ideologico di molte delle sue opere. Dal suo esordio, infatti, i suoi capolavori si sono posti fuori asse rispetto ai tempi liberal che correvano negli Stati Uniti tra gli anni ‘60 e ‘70 e per questo è stato da subito osteggiato, respinto e incompreso. La filosofia politica nel cinema di Eastwood è sempre risultata essere visionaria e senza tempo, capace di incontrare le contaminazioni con i fenomeni pop della cultura di massa.
Il regista americano incarna un pezzo di quel paese: rappresenta una fetta politica, sociale e culturale degli Stati Uniti, che spesso viene trascurata dalla narrazione massmediatica. È, almeno in parte, l’incarnazione del sogno americano, capace di offrire uno sguardo sincero e profondo sull’America di oggi, restituendone un’immagine mai banale. In molte delle sue opere il proprio contesto nazionale viene raccontato mettendo in rilievo aspetti positivi, in un realismo che non lascia spazio al pessimismo, evidenziando comunque i chiaroscuri dei mutamenti della società americana. Vengono sottolineate le discrasie economiche e la solitudine della condizione individuale. Tipiche del mondo americano, ma sempre facendo emergere i lati positivi, le figure esemplari nella loro semplicità, eroiche sebbene reali.
L’America e i suoi eroi
All’uscita dal cinema, dopo i suoi film, si ha più o meno sempre la sensazione di aver ricevuto qualcosa: un messaggio, una lettura, un’interpretazione del mondo che cambia e in particolare dell’America profonda. Quella di Clint Eastwood è una società vista con gli occhi di chi, in virtù dei suoi 93 anni, ha compreso i cambiamenti in atto e li ha portati sullo schermo, mantenendo uno sguardo vigile. Spesso alto o religioso e a tratti malinconico, quasi a voler rimarcare i tratti valoriali di un’America del passato, ma mai tramontata.
La sua America è quella fatta di cose semplici, del sentimento nazionale e di una certa visione dell’eroismo americano: elementi che hanno pervaso la storia del paese fin dai suoi primordi, laddove il patriottismo emerge come uno dei tratti distintivi della narrazione e delle questioni di politica internazionale. Ricorre spesso, nel patriottismo di Eastwood, la figura del reduce di guerra. Dell’eroe americano che vede nella propria vita la parte di un insieme più ampio, senza paura che le conseguenze di ciò provocheranno, come il coraggio di raccontare la guerra in uno dei suoi capolavori “Lettere da Iwo Jima”. Il coraggio che molti dei suoi film raccontano e che l’America di questi giorni, accesa da violenze della polizia e rivolte urbane, sembra aver dimenticato.
I temi etici dell’ultimo dei classici viventi
In questi cinquant’anni di carriera nel cinema Clint Eastwood ha sviluppato un suo personale umanesimo. Attraverso i suoi film ci ha mostrato la sua visione del mondo, sulla società che opprime l’individuo, sul ruolo massificante dei media e della collettività che non vuole sapere la verità. Quella delle tragiche storie personali dei suoi eroi, dentro i quali scorre il sangue di vite dimenticate. Di drammi vissuti direttamente ma in solitudine. Basti pensare alla sequenza delle sue pellicole di quest’ultimo ventennio, ben oltre l’età biologica della paura dei cambiamenti. Film sull’amicizia, il razzismo, l’antimilitarismo, il diritto alla vita, il riscatto e la vecchiaia. E perfino su argomenti forti come gli abusi sui minori, la pena di morte e il lato oscuro dei manicomi in Changeling.
Mantenendo una delicatezza sorprendente, un occhio puro davanti agli orrori della vita, con la capacità di raccontare qualsiasi storia. Senza lasciarsi andare a eccessi, ma con la forza della realtà che non ha nulla di ideologico. Attraverso i suoi personaggi, ma anche mediante la regia in prima persona, Clint Eastwood con il suo cinema ha proposto una vera e propria visione del mondo basata sul culto di alcuni valori incrollabili: patria, coraggio, giustizia, e libertà. Sempre e soprattutto, rispettando quella sottile linea del silenzio. Un silenzio che parla più delle urla. Si tratta di una corposa eredità di cui per fortuna grazie al cinema potremo godere per sempre. Settima Arte identificata dallo stesso Eastwood nelle sue pellicole come salvifica. In un mondo dove ancora la realtà risulta essere scadente.
Giuliana Aglio