T.S. Spivet è un bambino di 10 anni, vive con i genitori e la sorella in un ranch in Montana e ha una dote fuori dal comune: è un geniale inventore. Mentre il padre vive come un cowboy vecchio stampo, masticando tabacco e cavalcando cavalli, la madre cataloga insetti e la sorella studia per diventare un’attrice, T.S. passa le sue giornate a progettare macchine ingegnose. Un giorno, addirittura dal prestigioso Museo di Scienze naturali di Washinton, riceve una chiamata che lo informa di essere il vincitore di un premio. Decide così di mettersi in viaggio, all’insaputa della sua famiglia, per raggiungere la capitale e ricevere l’onorificenza. Sarà un’avventura lungo gli spazi immensi e bellissimi dell’America.
“Lo straordinario viaggio di T.S. Pivet” è il nuovo film di Jean Pierre Jeneut, il regista de “Il favoloso mondo di Amelie”, e come in quella pellicola l’autore si diverte a raccontare un mondo fuori dal comune, colorato e pieno di sogni, dove i pensieri del piccolo interprete si animano sullo schermo, grazie alle tecniche 3D con cui è stato girato. Un on-the-road in pieno stile americano con lo sguardo, però, raffinato e sensibile di un regista francese, noto per le sue stravaganze. Il cinema ha sempre raccontato bambini “magici”: bambini cioè dotati di intelligenza, sensibilità e genio al di sopra della media. T.S. ha infatti svariati predecessori sul grande schermo. Per esempio, uno dei primi, è senz’altro Rusty, il protagonista della celebre serie televisiva “Le avventure di Rin Tin Tin”. Un bambino diventato orfano durante una incursione indiana e salvato dai soldati di una postazione di cavalleria a Forte Apache. Grazie alla sua intelligenza e con l’aiuto del fido cane lupo Rin Tin Tin, partecipa alle peripezie di frontiera degli adulti, spesso risolvendole. Truffaut ne “I quattrocento colpi” ci ha raccontato un bambino straordinario (che poi è il regista stesso): Antoine Doinel, sensibile ed incompreso, che trova nel cinema e nella letteratura il suo modo di evadere da un mondo che non lo capisce e in cui non riesce a trovare il suo posto.
In tempi più recenti però, i bambini geniali vivono le loro capacità fuori dal comune non tanto come una dote bensì come una condanna. Pensiamo a “Shining” di Stanley Kubrick, tratto da un romanzo del maestro dell’horror Stephen King, dove il piccolo protagonista “sente” delle voci che gli permettono di predire il futuro. Ma la sua “luccicanza” non è certo rassicurante, anche se lo salverà dalla follia del padre. E anche l’attore prodigio Haley Joel Osment, ne “Il sesto senso”, è in contatto con le anime appena morte. Le vede e può parlare con loro, come fa con Bruce Willis, psicologo rimasto ucciso da poco, che non ha ancora capito di non essere più in vita.
Il predecessore più vicino a T.S. Spivet, però, è senz’altro Hugo Cabret, protagonista dell’omonimo film di Martin Scorsese. Anche lui bambino prodigio che, nella Parigi degli anni venti, è in grado di riparare i complessi ingranaggi di un robot meccanico, lasciatogli in eredità dal padre. Come i suoi precursori, oggi, anche il protagonista del film di Jeneut è pieno di sogni ed è capace di vedere il mondo da un punto di vista puro. Sempre come loro, nel corso del film, compie un viaggio di crescita e maturazione personale. E così, forte nelle sue fragilità, scoprirà alla fine della pellicola che la più bella invenzione di tutte è la propria famiglia.
Paola Dalla Torre