Sergio Marini lascia la guida dell’organizzazione per costruire la “Fondazione Italia Spa”, dove S sta per sostenibilità. La convinzione è che si debba fare qualcosa per evitare il declino. Un documento per l’Italia futura, “dopodiché dovremo capire in che modo agire nella politica per smontare il pensiero dominante che vuole far competere l’Italia solo con le economie di scala. Occorre cambiare le scelte fatte in questi anni nel nome di una globalizzazione senza regole”
No alla rassegnazione: è il momento di aggregare le eccellenze per uscire dalla crisi. E il comparto agroalimentare, per i risultati conseguiti, può essere motore trainante. È quanto emerso dal 13° Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione organizzato – ieri e oggi – a Cernobbio da Coldiretti, in collaborazione con Studio Ambrosetti. A margine dei lavori il Sir ha intervistato Sergio Marini, presidente nazionale di Coldiretti, che proprio qui ha annunciato la decisione di lasciare l’incarico per dedicarsi a tempo pieno alla realizzazione di “Fondazione Italia Spa”, con l’ambizioso obiettivo di guardare oltre la crisi e dare vita a “un nuovo sogno italiano”.
Quale immagine del Paese emerge dal Forum di Cernobbio?
“È un Paese estremamente preoccupato, anzi rassegnato. Il dato degli oltre 4 milioni di persone che, lo scorso anno, hanno fatto ricorso ad aiuti alimentari indica una povertà che aumenta in maniera significativa. In crescita pure i furti: il 16% degli italiani pensa di conoscere qualcuno che, per sopravvivere, si è trovato costretto a rubare; più del 40% ricorre alle proprie famiglie, ovvero a genitori anziani e pensionati, perché il suo reddito non basta per far fronte alle spese correnti. Ci sono paure vere: di perdere il lavoro, di non arrivare a fine mese”.
Siamo quindi ancora in piena crisi economica, ma pure in crisi di speranza, della volontà di ripartire?
“Sì, non ci sono né fiducia né speranza, mentre ce ne sarebbe tanto bisogno. Certo, tra tante ombre s’intravedono anche luci, ad esempio nel mondo dell’agricoltura: il 50% degli italiani è convinto che il cibo sia l’elemento che qualifica il Paese nel mondo e che l’agroalimentare sia il settore dal quale può passare una rinascita economica. Ancora, sono in aumento del 40% i giovani che studiano per entrare nell’agricoltura”.
Nel sondaggio che avete condotto sulla percezione della crisi indicate che “il cibo può e deve diventare motore dell’export”. Come rendere l’agricoltura elemento trainante dell’economia e del Paese?
“In parte è già così: aumentano a due cifre i dati dell’export di prodotti agroalimentari e, nonostante la crisi, non cala il numero d’imprese e occupati nel settore. Nell’agricoltura italiana si può individuare il nuovo paradigma dello sviluppo: essa riesce a essere competitiva nel mondo perché non si è orientata verso economie di scala, grandi produzioni, prezzi bassi per battere la concorrenza, bensì nel territorio ha trovato quegli elementi distintivi che l’hanno portata a essere un’agricoltura delle tipicità, delle tradizioni, della grandissima qualità, della creatività nelle produzioni, in grado di portare l’Italia nel mondo. Ecco, questo paradigma – con la sua capacità di cogliere i segni distintivi del territorio – potrebbe essere esteso nel fare impresa ‘made in Italy’ in tutti i settori dell’economia”.
Ma questi prodotti di qualità riescono a essere “competitivi” nel mercato interno, dove troviamo tanti italiani che non arrivano a fine mese?
“Questo è il problema: i nostri prodotti s’impongono sui mercati internazionali per la loro altissima qualità e unicità. In Italia, invece, la crisi sta portando a tagliare anche i consumi alimentari: una parte rilevante di persone e famiglie è alla ricerca continua dell’offerta, costretta ad accontentarsi di prodotti di scarsa qualità, a volte pure a discapito della sicurezza alimentare. Bisogna fare qualcosa per evitare il declino: cambiare i paradigmi dello sviluppo e crederci tutti”.
Proprio all’insegna del “fare qualcosa” lei ha annunciato, in questi giorni, il varo della “Fondazione Italia Spa, dove la ‘S’ – ha spiegato – sta per sostenibile”. Perché quest’iniziativa
“Ciò di positivo e innovativo che abbiamo fatto in agricoltura dobbiamo estenderlo a tutti i settori produttivi. Ci vogliono fiducia e speranza, come quelle che abbiamo creato nei giovani agricoltori. Per fare questo dobbiamo dialogare con l’intero Paese, aggregare le eccellenze e su queste fondare un nuovo sogno italiano”.
È il preludio per un impegno in politica?
“Per uscire dalla crisi vogliamo mettere a disposizione del Paese un contributo di idee e proposte. Poi, dal raccordo di queste eccellenze, si arriverà a un documento che delinei l’Italia futura, dopodiché dovremo capire in che modo agire nella politica per smontare il pensiero dominante che vuole far competere l’Italia solo con le economie di scala. Occorre cambiare le scelte fatte in questi anni nel nome di una globalizzazione senza regole, far recuperare un ruolo alla politica – ora vista come la maggiore responsabile del malessere sociale ed economico del Paese – e giungere a scelte che abbiano come obiettivo non il profitto immediato, ma il bene comune. È un progetto ambizioso, ma non possiamo più permetterci di vivere nella rassegnazione e nella critica”.
Francesco Rossi