Italiani che viaggiano nel mondo. Per i motivi più disparati, lavoro, turismo, sport, legami affettivi. Alcuni rischiano anche la vita. Altri, malauguratamente, hanno beffardamente incontrato la morte in circostanze del tutto impreviste, riportate dalle cronache recenti. Solo per ricordare qualche episodio noto accaduto negli ultimi due mesi: attacco terroristico al museo del Bardo di Tunisi, 4 italiani morti; terremoto in Nepal, 4 italiani morti; treno deragliato a Philadelphia, 1 italiano morto, attacco terroristico al Park Palace Guest House di Kabul, 1 italiano morto.
Verrebbe da domandarsi se esista, per caso, un “fil rouge” – forse, in questo caso, un “fil noir” – che lega le loro vicende, quel filo rosso che, per districare le gomene di una nave, i marinai usavano come guida per separare l’una dall’altra le corde aggrovigliate. Guardando nell’insieme le storie personali di questi nostri connazionali che hanno perso la vita all’estero, non pare proprio esserci un elemento comune che metta in relazione le loro vicende. L’unico nesso reale, forse, è proprio il fatto di trovarsi all’estero, di aver intrapreso un viaggio che, seppur temporaneamente, li allontanava dal loro Paese, dalla loro casa. Una tendenza che, per tradizione culturale, gli italiani hanno sempre manifestato, interessati alla conoscenza e allo scambio con realtà differenti. Talvolta, invece, costretti dal bisogno e dalla storia, come nel caso della “grande emigrazione”, tra fine ‘800 e primi decenni del ‘900. Anche allora, tanti connazionali persero la vita – per incidenti, malattie, stenti – affrontando il lungo e disagiato viaggio verso le Americhe. Ma, in quel caso, si trattava di un rischio noto, in qualche modo, già “messo in cantiere”, che non scoraggiava certo chi intraprendeva il “viaggio della speranza” alla ricerca di una chance di vita nuova.
Probabilmente continuerà ad essere così, gli italiani seguiteranno a viaggiare nel mondo, per diverse finalità, e non sarà il rischio – ponderabile od imponderabile – di incidenti o della stessa vita a fermarli. Da sempre, il mondo è la nostra “seconda casa”.