Conclave. Silenzio e solitudine nell’attesa del nuovo Papa

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I cardinali entrano in processione nella cappella Sistina per il Conclave

(12-3-2013) “Extra omnes”. Finalmente! Non per un disagio rancoroso o sprezzante nei confronti della grande comunicazione mediatica come del bisogno di ciascuno di esprimere un pensiero sul nuovo Santo Padre. Anzi, al di là dell’arrampicarsi sugli specchi, come tocca non raramente a chi fa la professione giornalistica, la Chiesa in questa sede vacante è andata sempre più prendendo coscienza del peso umano, cristiano, di riferimento della sua esistenza. E non unicamente per il mondo occidentale. Ma per la variopinta globalità di popoli intrecciati e presenti nell’unica piazza della comunicazione reticolare e, perciò, dipendenti l’uno dall’altro.
Anche se i cristiani, i cattolici, non l’avessero inteso sino in fondo, questo interesse è un segno che indica un bisogno spirituale, un’urgenza d’anima di ciascuno e dei popoli. Di quella figura bianca senza possedimenti, senza eserciti, senza potere d’imposizione che non sia la forza della persuasione e dell’invocazione, necessita in modo esemplare quell’Occidente che, offuscato del suo fondamento cristiano, arranca nel riconoscere il proprio volto, la sua identità, la sua figura analogamente ai quadri di Picasso che spezzano la tradizione del figurativo nell’esperienza artistica.

Il cerimoniere del Conclave mons. Guido Marini chiude le porte della cappella Sistina dopo l'"Extra Omnes".
Il cerimoniere del Conclave mons. Guido Marini chiude le porte della cappella Sistina dopo l'”Extra Omnes”.

Quella figura bianca è una luce in questa perenne nebbiosa ricerca d’incontro tra i popoli e gli Stati del mondo. Nel loro migrare, nel loro cercare terre promesse, nel loro abbozzare una convergenza non possono finire sugli scogli dello scontro. E quella figura bianca, magari indebolita dall’età e dal male come in Giovanni XXIII, diventa indispensabile nell’impetrare la pace.
Dunque “Extra Omnes”. “Fuori tutti”, verrebbe da tradurre con rozza incomprensione del senso profondo di quella solitudine dei Padri del Conclave. Ma non è un’esclusione, un rifiuto sdegnoso di un aiuto, di un consiglio, di un suggerimento, di uno scambio di parola a conforto di una decisione che osa collocarsi nell’alveo sovrumano. Non è neppure una negazione dell’importanza delle Congregazioni precedenti dei cardinali con il peso della responsabilità dei cristiani e del mondo. No, quelle porte chiuse, quell’essere off-line dal resto dell’umanità, dalla piazza reale degli uomini e dei credenti e virtuale dell’informazione, non sono un atto d’orgogliosa segregazione dall’intensità anche condizionante dei rapporti umani.

I cardinali entrano in processione nella cappella Sistina per il Conclave
I cardinali entrano in processione nella cappella Sistina per il Conclave

Niente di tutto questo. È l’urgenza di un di più; è l’appello a un imponderabile. È l’ingenuità pura di un atto di fede, che intuisce l’inadeguatezza di una qualsiasi pianificazione umana del futuro della Chiesa, di questa comunità pellegrina, itinerante in una storia di cui può farsi protagonista ma la cui direzione viene indicata da un Altro. Non un assente dal tempo presente, ma vivo e influente, i cui disegni sfuggono all’intellettuale come al semplice.
I Padri conclavisti, ciascun cristiano, ma non meno anche i non credenti, sanno per esperienza, per dato storico che nessuno è in grado di programmare il tragitto dell’assemblea cristiana nei secoli e nei millenni. C’era qualcuno che poteva immaginare le vie intraprese e percorse da Giovanni Paolo II? E non è stata carica di meravigliosa sorpresa l’azione di Giovanni XXIII? Solo per ricordare – con il senno di poi – due figure del Novecento.
In questo tempo di attesa si è provato ad assegnare i compiti al nuovo Pontefice. Forse anche il futuro eletto ha osato disegnare il volto della Chiesa futura, del Popolo di Dio di domani. Ma dal giorno della sua elezione egli stesso perde la padronanza, la regia, se non della sua vita, certamente del suo ministero pontificio e le consegna alla Provvidenza.
“Extra Omnes” riguarda i piani, i progetti degli uomini, compresi degli uomini di Chiesa. Si poteva forse pianificare il carisma e la santità di Madre Teresa? Certo la nostra intelligenza è coinvolta, le nostre volontà sono ingaggiate ma per ascoltare nel frastuono del nostro rumore e del nostro indaffararci lo Spirito Santo. Eppure lo Spirito ha deciso di aver bisogno di un Papa, di un uomo, della sua debolezza e dei suoi disegni. Per reggere la porzione del suo Regno in terra. Un tenue fumo bianco, talvolta incerto, annuncia “Habemus Papam”. Aprendo quelle porte. Perché entri quel mondo, “omnes”, per cui è stato eletto. Poesia? Utopia? No! Si ripropone da due millenni. Per l’intervento dell’Architetto della storia.

Bruno Cescon

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