Fatturazione elettronica, 730 precompilato, iscrizioni scolastiche on line. L’Italia sembra essere sempre più un Paese “digitale” e ai cittadini è chiesto di fare uno sforzo, talora non semplice, per adeguarsi ma soprattutto… per navigare in Internet. È sufficiente prendere un treno veloce per capirlo. Non bastano gli annunci e le pubblicità per rendere davvero l’Italia moderna e “digitale”.
Dal 31 marzo è obbligatoria la fatturazione elettronica per chi lavora con la pubblica amministrazione; quest’anno il 730 precompilato è disponibile on line, come pure (già dal 2013) il Cud, ovvero la certificazione dei redditi per dipendenti e pensionati. Ancora, solo via internet si possono iscrivere i figli a scuola e la posta elettronica certificata è un obbligo per tutti i professionisti e gli artigiani. L’Italia sembra essere sempre più un Paese “digitale” e ai cittadini è chiesto di fare uno sforzo, talora non semplice, per adeguarsi. Passi per il giovane professionista, ma è difficile immaginare la nonna novantenne alle prese con il pc per verificare la propria denuncia dei redditi “precompilata”, oppure per pagare con l’home banking l’Imu della casa che ha dato in “comodato gratuito” a figli o nipoti (già, perché se la tassa supera i mille euro non si può più andare in banca e compilare il modello F24, occorre entrare, password alla mano, nel sito della banca o in quello dell’Agenzia delle Entrate).
Nel 2014 – secondo il rapporto Istat “Cittadini e nuove tecnologie” – è aumentata rispetto all’anno precedente la quota di famiglie con un accesso a Internet da casa e una connessione a banda larga (rispettivamente dal 60,7% al 64% e dal 59,7% al 62,7%). Oltre la metà delle persone con almeno 3 anni di età (54,7%) utilizza il pc e oltre la metà della popolazione di 6 anni e più (57,3%) naviga su Internet. Sulla stessa linea il 12° Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione, per il quale nel 2015 gli utenti di Internet aumentano ancora (+7,4% rispetto al 2013) e arrivano a rappresentare il 70,9% della popolazione italiana.
Non c’è scampo alla rivoluzione digitale, se si pensa anche che gli smartphone sono ormai nelle mani di oltre la metà degli italiani. Eppure, nell’Italia digitale, non sempre è possibile navigare. È il “limbo” dei treni, dove il “wi-fi” è pubblicizzato ma ben poco funzionante, con una navigazione che, il più delle volte, è eufemistico definire “lenta”. Tralasciando il trasporto locale (dove i problemi sono diversi e ben più gravi), sui Frecciarossa il servizio di connessione wi-fi è stato lanciato il 13 gennaio 2010 da Trenitalia e Telecom e, dopo una fase promozionale, doveva essere a pagamento. Tuttora è “in promozione gratuita”, ma non si tratta di una cortesia nei confronti dei viaggiatori, bensì del riconoscimento dell’impossibilità di garantire un servizio efficace. Quando si accende il computer a bordo treno, dopo pochi minuti è possibile accedere alla rete “wifi Frecciarossa”, registrarsi e avere la password per accedere al servizio, ma lì (se la rete non si è già bloccata prima, impedendo di completare la registrazione) il browser comincia a muoversi con una velocità che fa rimpiangere le vecchie connessioni a 56 kb. Problema, ahinoi, comune anche ai treni concorrenti di Italo, con una lentezza inaccettabile e cadute di linea in prossimità delle gallerie.
“La velocità dipende da quanta gente è collegata in quel momento e da cosa sta facendo” replica laconico l’operatore del servizio clienti, contattato per chiedere ragione del continuo disservizio, affermando che si tratta di “fatti sporadici” (salvo poi riagganciare quando si entra nel dettaglio e si chiedono maggiori ragguagli). Problema sporadico? Non la pensano così i viaggiatori, e pure a sentire la rete sembra proprio di no, dal momento che la chiave di ricerca “wi-fi frecciarossa non funziona”, su Google, ha 10.800 risultati non proprio lusinghieri, che vanno dal “funziona male” al “non funziona mai”.
La soluzione? Utilizzare il cellulare come hotspot, oppure una Internet key o un modem portatile. La situazione migliora, ma resta comunque il problema della rete che va e viene (per le gallerie o per la velocità), costringendo a una navigazione troppo spesso a singhiozzo e, quando se ne ha davvero bisogno, accompagnata da improperi o rassegnazione, a seconda del carattere del viaggiatore-navigante. “Wi-fi gratis sui Frecciarossa, il servizio ha troppi buchi”, titolava “Repubblica” il 16 settembre 2011; “Cari viaggiatori, rassegnatevi: sui treni non si naviga (in wi-fi)” è il titolo de “Il Giornale” del 2 febbraio 2015. La notizia, semmai, sarebbe che (finalmente) sui treni veloci si può anche usare Internet (come avviene con successo da anni in altri Paesi europei e oltreoceano). Non bastano gli annunci e le pubblicità: anche questo servirebbe per rendere davvero l’Italia un Paese moderno e “digitale”. Per ora, invece, l’alta velocità resta un “limbo” per la rete. Già, questa è una non notizia. Purtroppo.
Francesco Rossi