Nella prolusione del cardinale presidente Angelo Bagnasco confermata l’azione della Chiesa italiana a fianco di Francesco nell’accoglienza dei profughi. Un grande impegno per la seconda metà del decennio: “Se nella prima parte abbiamo voluto guardare in modo prevalente all’interno delle comunità cristiane, nella seconda intendiamo intensificare alleanze rispettose e collaborative con la società civile”.
Avviato a Firenze il Consiglio episcopale permanente con la prolusione del cardinale presidente Angelo Bagnasco. Analizzati tutti i temi cruciali della vita ecclesiale senza trascurare le emergenze dei profughi, delle famiglie, dei poveri e dei senza lavoro. “Vogliamo essere in prima fila nel rispondere a questo pressante appello”. Con queste parole il cardinale Bagnasco ha rinnovato il “grazie” della Chiesa italiana al Papa “per il recente invito ad accogliere una famiglia di immigrati in ogni parrocchia, comunità religiosa, santuario, monastero d’Europa”. “Già lo siamo con la generosa collaborazione con le amministrazioni locali”, ha assicurato aprendo il Consiglio permanente della Cei a Firenze: “in questi giorni cercheremo le vie più sicure e praticabili per corrispondere all’appello del Papa, facendo anche una mappa dei migranti che già sono ospitati nelle strutture ecclesiali o sono accompagnati dai nostri volontari in enti non diocesani. E – nella responsabilità dei singoli vescovi – prenderemo in attento esame le norme civili, alle quali attenerci in vista di una accoglienza più capillare”. Da quella che tra poco più di un mese sarà la “capitale” della Chiesa italiana, in occasione del Convegno ecclesiale nazionale, Bagnasco ha parlato dell’esodo dei migranti come “svolta storica”, che “chiama in causa” anche l’Onu e ha ammonito: “non si può né stare a guardare con fastidio – come l’Europa ha fatto per anni – né fare i sofisti”. No alla “cultura degli eufemismi” sulla famiglia, sì alla vigilanza sui “pof” delle scuole per evitare la colonizzazione del “gender”. Al Paese, il presidente della Cei ha chiesto un “esame di coscienza” di fronte al “popolo degli onesti”. Alla fine della prolusione, il cardinale ha ribadito che “le strutture che sono riconducibili a realtà ecclesiastiche e che svolgono attività di natura commerciale rispettano gli impegni a cui per legge sono tenute”. Tra gli esempi positivi di impegno concreto, “i sei milioni di pasti assicurati ogni anno dalle nostre mense e i 15.000 servizi rivolti ai più indigenti, quali i senza dimora, i coniugi impoveriti dalla separazione, le vittime del disagio psichico e molti altri”. Almeno 500.000 le “solitudini” che approdano ai Centri di ascolto. Ma soprattutto un grande impegno per la seconda metà del decennio: “se nella prima parte abbiamo voluto guardare in modo prevalente all’interno delle comunità cristiane, nella seconda intendiamo intensificare alleanza rispettose e collaborative con la società civile”.
“Una comunità che giudica ed esclude non ha futuro, ma si condanna alla divisione sociale che non giova ad alcuno”. È il monito del cardinale Bagnasco, che ha definito il Giubileo ormai imminente “un segno forte per tutta la società”, in un mondo che “rimane spesso avvinto dentro logiche individualistiche”. La “medicina prescritta” dal Papa, per il presidente della Cei, è chiara: “usare misericordia verso chi ha sbagliato e verso chi è in difficoltà”, per “incontrare tutti e annunciare a tutti – nessuno escluso – che Dio ci ama e ci accompagna, e per questo un mondo migliore è veramente possibile”. Di qui la necessità di “ricostruire la nostra società alla luce della misericordia, rivedendo le logiche che la reggono”, che significa “ri-progettare, ri-fondare e ri-costruire un tessuto più umano, fondato sulla fiducia e sulla comprensione”. È il tema di Firenze: le parole del Papa “non solo confermano, ma illuminano la nostra riflessione e incoraggiano la strada del decennio sul tema educativo”.
Per migranti “intervenire” su “tre fronti”. “L’oggi, il domani e i Paesi di provenienza”: sono i tre fronti su cui agire per rispondere alla sfida dei migranti. “A chi ha fame bisogna, innanzitutto, dar da mangiare”, ha spiegato Bagnasco: “Le comunità cristiane lo sanno e operano con trasparenza, lontane da qualunque basso interesse, da ben prima dell’onda migratoria”. Il secondo fronte è dare “un futuro di dignità, poiché non si può vivere perennemente da assistiti”. Infine, “la comunità internazionale deve concretamente intervenire favorendo lo sviluppo dei Paesi di provenienza”. Tra i migranti, c’è anche chi fugge da “sanguinarie persecuzioni di ordine religioso o etnico”, la maggior parte delle quali “colpiscono i cristiani”: “la mattanza continua, programmata e feroce sia in Terra Santa che in altri Paesi del Medio Oriente e del Continente africano”. Bisogna fermarla, smascherando “i grandi burattinai”.
No a “cultura degli eufemismi” sulla famiglia. “Le parole più sacre della vita e della storia umana – come persona e libertà, amore e famiglia, vita e morte, sessualità e generazione – sono sottoposte da decenni a forti pressioni culturali. Così che ciò che fino a ieri era impensabile oggi diventa plausibile e addirittura oggetto di legislazione”. Bagnasco è tornato è tornato a stigmatizzare la “teoria del gender”, che tenta di “colonizzare” l’Europa, e ha ricordato che “in diversi Paesi europei perfino certe aberrazioni come la pedofilia, l’incesto, l’infanticidio, il suicidio assistito sono motivo di discussioni e di interrogativi non astratti”. È la “cultura degli eufemismi”, che “consiste nel chiamare le cose peggiori con nomi meno brutali e respingenti per la sensibilità generale”.
“Esame di coscienza” di fronte al “popolo degli onesti”. “Un serio esame di coscienza a partire da una verità molto semplice: si raccoglie ciò che si semina”. Lo “spettacolo” dei “molti fatti tristi di cronaca che ogni giorno invadono le nostre case” non deve farci dimenticare “il popolo degli onesti, popolo grande, maggioritario, che porta avanti non solo la propria esistenza con dignità, ma anche le proprie famiglie e la vita della nazione. Senza questo popolo, nessuna legge o programmazione potrebbe avere risultati”.
“La gente chiede lavoro per tutti, a cominciare dai giovani”. L’Italia non è né una provincia di qualche impero, né un protettorato, né un laboratorio”. c’è “un altro indicatore che, almeno nei Paesi occidentali, rivela lo stato di salute di una società: i figli”: “singoli, famiglie, istituzioni civili e religiose devono remare con lealtà e forza” per favorire la natalità.
dall’inviata Sir a Firenze, M.Michela Nicolais