Il progetto “Incontri” della Fondazione Centro Astalli, attivo dal 2001. Ogni anno a Roma e nel Lazio oltre 7.000 studenti hanno la possibilità di visitare una sessantina di luoghi di culto, dopo aver incontrato in classe un testimone della religione o confessione cristiana che stanno approfondendo. Sara Peri, responsabile del dialogo interreligioso: “Un anno particolarmente critico sul tema dell’Islam, ma…”
Una visita in moschea condividendo con i fedeli musulmani il pasto serale del Ramadan. Un’altra a piedi scalzi nel piccolo tempio indù ricavato in un negozio. Un’altra ancora nel tempio buddista, a conoscere la statua del Buddha seduto. E poi la sinagoga, il tempio sikh, le chiese ortodosse, valdesi, protestanti… Ad andare in gita nei luoghi di culto degli immigrati che vivono nel Lazio sono gli studenti delle scuole medie e superiori che aderiscono al progetto “Incontri” della Fondazione Centro Astalli, attivo dal 2001. Ogni anno a Roma e nelle altre province laziali oltre 7.000 studenti hanno la possibilità di visitare una sessantina di luoghi di culto, dopo aver incontrato in classe un testimone della religione o confessione cristiana che stanno approfondendo, tramite un lavoro di gruppo per smontare etichette e pregiudizi. Un progetto che il Centro Astalli propone alle scuole, in particolare agli insegnanti di religione, in maniera totalmente gratuita. E che quest’anno sta vedendo un picco massimo di richieste in seguito alle vicende dell’Isis e ai fatti di Parigi.
Un anno molto impegnativo sul tema dell’islam. “È un anno particolarmente critico sul tema dell’Islam – spiega Chiara Peri, responsabile del dialogo interreligioso del Centro Astalli, il servizio dei gesuiti per i rifugiati -. Nelle scuole è stata diffusa una circolare ministeriale che consiglia agli insegnanti di limitare le uscite per una maggiore attenzione alla sicurezza. Però stiamo lavorando molto bene nelle classi con testimoni musulmani, per dare ai ragazzi gli strumenti per smontare pregiudizi e luoghi comuni”. Ad esempio con esercizi di “brainstorming”, portandoli ad esprimere gli stereotipi e il “sentito dire” in modo esplicito, creando invece un clima di ascolto e dialogo reciproco. “Nel complesso l’esperienza è più positiva di quanto ci aspettavamo – dice -. Per andare oltre gli slogan è importante parlare con le persone, fare esperienza concreta dei riti, delle simbologie delle varie religioni, del cibo. Per questo insistiamo molto sulle visite”.
Un percorso completo. Agli insegnanti viene suggerito di approfondire una religione l’anno, utilizzando i materiali didattici che il Centro Astalli mette a disposizione (schede multimediali su buddismo, islam, ebraismo, induismo, cristianesimo, sikhismo), con consigli su libri e film da vedere e percorsi mirati sul cibo, sulla musica, sul cinema. A tutti gli studenti delle scuole superiori è anche proposta la partecipazione al concorso letterario organizzato ogni anno dal Centro Astalli “La scrittura non va in esilio”. Se le classi seguiranno il percorso completo, alla fine incontreranno anche un rifugiato politico, che racconterà ai ragazzi le drammatiche fasi della fuga dal suo Paese in guerra o dove è perseguitato. “C’è molta curiosità da parte di insegnanti e studenti – prosegue Peri -. Molte classi continuano il progetto per anni. Ci prendiamo anche delle piccole soddisfazioni: tanti ragazzini delle medie sanno, più degli adulti, che nel quartiere romano di Tor Pignattara, ad esempio, ci sono 5 moschee. È bello vedere che nel basso c’è più interazione e dialogo tra religioni di quanto ci si immagini”.
Le comunità religiose per “ricucire i tessuti sociali”. In Italia, secondo la responsabile del progetto, si corrono meno rischi di tensioni sociali rispetto alla Francia, anche per l’estrema varietà delle provenienze. Anche se, osserva, “negli ultimi tempi c’è un fenomeno europeo comune: tra i giovani immigrati di tutte le religioni si tende a essere più attaccati alle forme, per un legittimo desiderio di identità. In Olanda, ad esempio, c’è un ritorno del velo tra le giovani musulmane. Forse è una reazione a una società che invita a nascondere la propria appartenenza religiosa”. “È vero che in alcune periferie c’è il rischio che si inneschino delle bombe sociali a causa del degrado in cui vivono tutti – commenta Peri -, ma è anche vero che le comunità religiose, se incoraggiate, hanno in sé delle risorse enormi per ricucire tessuti sociali e creare relazioni”. Non a caso durante le gite gli studenti scoprono anche tutte le iniziative di socialità, aggregazione e volontariato delle varie religioni, come la distribuzione di cibo gratis ai poveri nei pressi del templi indù. E da parte delle comunità “c’è sempre grande disponibilità ad aprire le porte agli studenti – conclude -. Soprattutto ultimamente, dopo i fatti di Parigi, c’è una forte determinazione dei musulmani a non chiudersi”. Il Centro Astalli intanto prosegue con i suoi numerosi progetti su vari fronti, dall’assistenza diretta ai rifugiati al lavoro interculturale. Ultimo nato, con fondi europei e in collaborazione con la Caritas, un progetto intitolato “Luoghi comuni, luoghi in comune” per un approccio più ampio ai temi sociali, del lavoro e delle salute tramite i luoghi di culto delle comunità immigrate.
Patrizia Caiffa