Convegno “Scautismo e formazione alla leadership”

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Nell’immaginario collettivo il termine scout viene associato al ragazzo con pantaloni corti e cappellone a larghe falde in testa che aiuta la vecchietta ad attraversare la strada: la buona azione quotidiana; salvo poi a scoprire che la vecchietta non voleva attraversare la strada ma guardava dall’altro lato solo per vedere l’orologio del campanile. Ma non è così. Non è vero che gli scout corrispondano alla descrizione che viene fuori dalla frase dell’attore e comico americano Jack Benny, erroneamente attribuita a George Bernard Show, “gli scout sono dei bambini vestiti da cretini, guidati da cretini vestiti da bambini”. Gli scout sono un’altra cosa.

Infatti fra gli obiettivi educativi dello scautismo, la formazione di un buon cittadino dotato di un carattere capace di “guidare da se la propria canoa” rimane uno degli aspetti più affascinanti dell’intero metodo. Tale carisma si può tradurre nel concetto di leadership sia di tipo formale che di tipo informale, a cui il ragazzo e l’adulto vengono chiamati a esercitare durante il gioco dello scautismo e che anche al di là di esso rimane.

Quasi a volerne dare dimostrazione il Centro studi e documentazione sullo scautismo in Sicilia ha organizzato una giornata di studio che si è tenuta a Giarre domenica 19 Febbraio. Per trattare il tema “Scautismo e formazione alla Leadership” sono stati chiamati esperti formatori di prim’ordine: Luigi Sanlorenzo –docente di psicologia Università di Palermo-, Claudio Morotti –direttore generale Banca del Monte di Parma-, Attilio Grieco –consulente di organizzazione aziendale-, Mario Sica –già ambasciatore al Cairo e Vienna-, Eduardo Missoni –docente alla SDA Bocconi-, Federico Lunardi –tenente colonnello medico dell’esercito-, a moderare l’incontro Giovanna Bongiorno –giornalista.

Proviamo a sintetizzare le loro relazioni.

Nelle organizzazioni, quando ci sono obbiettivi da raggiungere, uomini da coordinare, decisioni da prendere, beni da gestire, azioni da mettere in atto, c’è sempre chi si deve assumere la responsabilità diretta di farlo; cioè il cosiddetto dirigente (o Capo). Anche nello scautismo ci sono tutti questi obbiettivi da raggiungere, ci sono i Capi che dirigono il ” Grande gioco”.

Al cuore dello scautismo c’è la formazione della personalità, che il fondatore, Baden Powell (B-P), chiamava character. B-P ha avuto modo di approfondire e illustrare le sue tesi. “Il valore della formazione scout consiste per una buona metà nel porre delle responsabilità sulle giovani spalle del ragazzo. Per la formazione del buon cittadino è in primo luogo essenziale insegnare al ragazzo che egli è personalmente responsabile di se stesso, dello sviluppo della propria salute e del proprio carattere”. Le doti che formano il character sono molte e B-P, tra le altre, cita “il senso dei doveri verso Dio e verso il prossimo, il coraggio, la disciplina, lo spirito di risorsa, la tenacia, l’altruismo, il controllo di sé, il senso dell’onore e del dovere, lo spirito di cooperazione e di squadra”.

Come si passa dal concetto del character a quello del leader, cioè della persona che sa comandare, che sa prendere le decisioni giuste e farle eseguire? La risposta la fornisce lo stesso B-P “Ho spesso dichiarato che ogni sciocco può essere un comandante ed un uomo addestrato può spesso divenire un istruttore; ma un capo è un po come un poeta; capi si nasce, non si diventa”. Insomma ci sono di mezzo i valori personali, le capacità di comportamento organizzativo, le competenze tecnico professionali. Il leader è colui che guida e dirige per le sue doti, le sue capacità tecniche e morali, la sua esperienza.

Va evidenziato, secondo il pensiero di Aldo Marzot, già Capo scout del CNGEI e fondatore dell’ASSORAIDER che: “nello scautismo il Capo di scout non può essere o solo manager o solo leader ma per lui, Capo = manager+leader. Marzot descrive con parole semplici ma efficaci quello che deve fare il primo, cioè il manager «pianificare, organizzare, controllare» e quello che deve fare il secondo, cioè il leader «motivare, animare, valorizzare, proteggere, delegare, decidere, informare, formare, comunicare»”. Nella realtà quotidiana, nella vita lavorativa, è particolarmente importante ottenere la collaborazione dello staff; la gestione organizzata del lavoro dei dipendenti; la misurazione giusta delle performance individuali; la conoscenza delle percezioni  personali, delle motivazioni, delle aspettative, delle caratteristiche, dei valori profondi, ecc.

Su quanto cioè fosse  importante  riuscire a coinvolgere i collaboratori sul piano emozionale, cercando di individuare i punti di contatto tra le loro aspettative personali e gli obbiettivi dell’azienda il dirigente si gioca praticamente tutta la sua reputazione ed il suo futuro; deve essere infatti competente, leale, giusto,  disponibile, di parola; deve sapere ascoltare, premiare e  punire in maniera giusta, valutare le situazioni ed anche sapere adattarvisi con la giusta flessibilità. Deve cioè essere all’altezza del suo ruolo, esercitare la sua leadership. Molto dipende dalla sua personalità e moltissimo dalla educazione che ha ricevuto.

È stata una giornata di grande formazione, grazie all’alta qualificazione dei relatori; peccato che mancassero i pubblici amministratori!

Pippo Sorrentino