Convince “L’Edipo re” di Sofocle che inaugura il 49° circolo di rappresentazioni classiche a Siracusa

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edipo reDifficile pensare ad una tragedia maggiormente famosa di quella andata in scena ieri per aprire il quarantanovesimo ciclo di rappresentazioni classiche del teatro greco di Siracusa: “Edipo re” di Sofocle. La tragedia è sempre quella, la trama e i dialoghi, immutabili. Quello che ci si augura, ogni volta che vengono rappresentate antiche opere della classicitò greca, è che la scenografia, i costumi e l’interpretazione siano all’altezza. Che ci sia cioè quel mix vincente in grado di suscitare in noi partecipazione, che ci dia la possibilità di ripercorrere un dramma noto, immedesimandoci come se si svelasse ai nostri occhi per la prima volta, come se si potesse davvero fermare Edipo nella sua spasmodica ricerca della verità.
Sicuramente, a nostro parere, così è stato. 
Il teatro è poco meno che pieno e, tra gli ospiti d’onore, spicca il neo-ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri. La scenografia è tutto sommato scarna, poco fastosa: un muro semicircolare a chiudere la scena, un masso a forma di cranio e un paio di scale protese verso nulla. Ci domandiamo coma potranno essere i costumi, e tremiamo all’idea di versioni rivisitate in chiave ultramoderna. Da quando lo spettacolo ha inizio, con la rappresentazione della città colpita dalla peste, non stacchiamo gli occhi un attimo dalla scena. E’ un susseguirsi di attori uno più capace dell’altro, uno più carismatico dell’altro. Se c’è stato qualche scetticismo iniziale su attori noti al grande pubblico ma non ancora così “testati” come Daniele Pecci, Edipo, (scetticismo spiazzato via dalla sua ottima interpretazione) , nessuna meraviglia invece ha fatto seguito all’intervento di Tiresia, Ugo Pagliai, o a quello di Creonte, Maurizio Donadoni. Ma la tragedia, si sa, ha un elemento fondamentale, il coro. Incredibilmente capaci, uno ad uno, tutti i suoi componenti. L’accorgimento di coprire ciascun coreuta con delle maschere tutte uguali, che facciano perdere agli attori il carattere individuale è gia determinante a renderli un unicum. Ma è anche il modo in cui si muovono annaspando, il modo in cui si buttano a terra, il modo in cui si sparpagliano o si aggregano essendo essi stessi parte della scenografia, è il loro lamentarsi con le voci volutamente rauche… è tutto questo e molto altro a dare completezza alla tragedia. Inoltre un elemento fondamentale della tragedia è lo spettro della sfinge Melania Giglio che, con la sua voce alta e calda e penetrante, sottolinea tutti i punti salienti. Anche quest’anno L’INDA è promossa a pieni voti.

                                                                                                                                                                     Annamaria Distefano

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