Come abbiamo vissuto la situazione ai primi tempi della pandemia, quando ancora in Italia non c’erano mascherine, vaccini e Green Pass? Quando ancora le restrizioni per evitare ulteriore contagio erano molto rigide? Che tempo è stato per le nostre famiglie? Senz’altro siamo stati soggetti tutti a molte limitazioni. In questo si può ben dire che abbiamo vissuto anche una Quaresima particolare, con rinuncia, privazione e sacrificio; eppure non è successo solo questo. La quarantena che ci è stata imposta, a causa del Coronavirus, può essere vista anche sotto una luce positiva, ossia come il tempo della riscoperta di un antico valore ormai dimenticato: il tempo passato insieme alla propria famiglia.
Coronavirus, valore e tempo in famiglia alleggeriti da Internet e i social
Questo perché i ragazzi sono stati a casa da scuola. Infatti, dopo i primi giorni di evanescente euforia hanno iniziato a percepire l’assenza del luogo e del tempo a loro normalmente dedicati. “Mamma, quanto durerà?” “Papà, mi mancano i miei compagni”. Quella che è spesso apparentemente sopportata come faticosa routine sui banchi di scuola, ha ripreso la sua dimensione legittima e naturale: l’istruzione che tanti ragazzi del mondo non possono permettersi e forse non avranno mai. È stato poi il tempo, in cui le nuove tecnologie hanno potuto assumere maggiormente le funzioni originarie e più positive. Queste hanno messo in comunicazione le persone fra loro, non per evadere dalla vita reale ma per sopperire alla possibilità di vedersi e frequentarsi fisicamente.
Internet e i social valicano il metro di distanza fisica che ci è stato imposto per prevenire il contagio e fanno entrare il mondo nelle nostre case, mentre fuori le strade si svuotavano. Piattaforme telematiche si sono moltiplicati e tutti i device in casa sono stati presi d’assalto non solo per giochi un po’ ripetitivi e talvolta alienanti, ma per mettersi in contatto col professore o la maestra, per una lezione a distanza, un compito in rete, o una comunicazione condivisa. Siamo uomini e donne e in quanto tali animali sociali, fatti per le relazioni sociali. Mentre, i tg e i notiziari hanno diffuso notizie sulla gravità del virus. Invece, la famiglia in casa ha assaggiato lo strano sapore di essere fisicamente più unita del solito.
Ma possiamo dire che grazie al Coronavirus abbiamo riscoperto quel valore dimenticato: stare in famiglia
I pranzi feriali, di solito consumati ognuno in un luogo o in un tempo diverso, sono tornati ad essere in comune, trovando il tempo anche per un gioco da tavolo tutti insieme. Questo è stato un tempo favorevole e da valorizzare. Un tempo in cui usare con abbondanza il telefono per essere vicini alle persone più sole. Un tempo per varcare la soglia ed essere più solidali col vicino, magari anche quello molesto. Il tempo in cui tenere le distanze, può essere per paradosso quello in cui abbiamo impariamo vicinanze nuove. Nel tempo in cui le autorità religiose hanno deciso di assecondare quelle civili, rinunciando alla celebrazione delle messe.
Gli sposi sono stati “tabernacoli ambulanti” nel vivere il loro amore, annunciando nel mondo il Vangelo per la grazia del sacramento delle nozze che ribadisce ed indirizza quella del loro battesimo. Dunque, più che rammaricarci per l’assenza dell’Eucarestia nelle specie del pane e del vino, abbiamo condiviso questo momento di “rinuncia” con tutti i cattolici che nel mondo non possono ricevere la comunione ogni domenica. E poi prodighiamoci per essere testimoni di lode, di ringraziamento e di carità fra noi e coi fratelli. Nella stagione del Coronavirus, famiglia è diventata ciò che sei.
Giovanni M. Capetta