Coronavirus e dintorni / Cosa leggere durante l’emergenza

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A volte le date ci offrono l’occasione di scegliere senza troppe incertezze cosa leggere in questi tempi di clausura: proprio cent’anni fa a Roma, ad esempio, scompare uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento, il senese Federigo Tozzi, che, soprattutto nel romanzo “Con gli occhi chiusi” (1919, edito da diversi editori tra cui Einaudi e De Agostini), era riuscito a narrare i sogni, gli incubi, le frustrazioni e gli ideali di un giovane sensibilissimo nella profonda provincia Toscana. Prima socialista massimalista e poi cattolico tradizionalista, fondò, assieme a Domenico Giuliotti, altro singolare antimoderno, la rivista “La Torre” che voleva essere, nei progetti dei due promotori, la rivista della “reazione spirituale italiana” contro la decadenza dei costumi e gli attacchi alla Chiesa da parte della cultura laica.

“Con gli occhi chiusi” rimane una sorta di diario -narrato in terza persona- della difficoltà di vivere di un giovane che, di qui il titolo, non riesce a cogliere la realtà nei suoi aspetti pragmatici perché costantemente perso dietro a sogni e a progetti irrealistici. Una realtà in cui sembrano dominare il male e la materialità pura, come se la città narrata, e non solo in questo romanzo, fosse preda del peccato dell’abbandono della Parola da parte degli uomini. Chi volesse invece prendere i proverbiali due piccioni con una fava, vale a dire leggere un classico contemporaneo e insieme comprendere che di pandemie ce ne sono state anche in epoca moderna, non avrebbe che da leggere “L’amore ai tempi del colera”, di Gabriel García Márquez (ed. or. 1985, tradotto tra gli altri da A. Mondadori) il cui centro focale in realtà è un amore talmente testardo da andare oltre le barriere del tempo e dello spazio. Perfino il disincanto del comandante di una nave deve cedere di fronte ad un sentimento durato, nonostante la separazione – come recita la pagina finale – cinquantatrè anni, sette mesi e quindici giorni: “Il capitano (…) guardò Florentino Ariza, la sua padronanza invincibile, il suo amore impavido, e lo turbò il sospetto tardivo che è la vita, più che la morte, a non avere limiti”.
Agli appassionati di enigmi, invece, consiglierei un libro che affronta uno dei misteri più affascinanti del Novecento: “Monsieur Chouchani. L’enigma di un maestro del XX secolo”, di Salomon Malka (Morcelliana, 2017). Qui si racconta l’incredibile storia di un personaggio reale che girava in povertà il mondo mentre avrebbe potuto vivere agiatamente grazie alla sua cultura e alla sua prodigiosa capacità di calcolo (testimoni diretti affermano che quando giocava in borsa vinceva grosse somme). Fu maestro di grandi intellettuali, conosceva alla perfezione (e a memoria) Scritture, Corano e tanto altro ed è persino in dubbio se fosse ateo, o di religione ebraica, o sabbatista, o secondo altri, cristiano. Un mistero ambulante che appariva e spariva dalle case d’Europa, d’Asia, d’Israele e finanche dell’America latina: tra l’altro -questo pare sia sicuro – è sepolto a Montevideo con un epitaffio scritto da Elie Wiesel. I misteri non sono solo quelli dei film e dei serial televisivi, anzi, la realtà supera, come spesso accade, la finzione.

E, per rimanere in tema di vagabondi, terminiamo con un consiglio poetico, stavolta tutto nostrano: i “Canti Orfici” di Dino Campana (1914, una delle edizioni di riferimento è quella di Vallecchi), assoluto capolavoro di un poeta giramondo e incapace di vivere una vita “normale”, sempre che ne esista una, consegnatosi alla notte della follia dopo averci lasciato un punto fermo della poesia d’occidente, con la sua ricerca del paradiso su questa terra attraverso l’incontro urticante tra sogno e realtà. Forse troppo per le nostre umane, povere forze.

Marco Testi

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