Avete notato come la storia e i suoi avvenimenti si ripetano anche a distanza di tempo? Basta osservare l’attuale situazione dei Balcani: i difficili rapporti tra Russia e Ucraina; la Turchia che lancia l’allarme per altri 3 milioni di profughi in arrivo dalla Siria; la crisi delle relazioni tra Serbia e Croazia scatenata dall’ondata di rifugiati e incentivata dall’azione dei politici che con la loro retorica inaspriscono l’atmosfera di odio e intolleranza nei confronti dei ‘vicini’, infine l’Ungheria che ha eretto un muro di filo spinato per chiudere la frontiera con la Serbia. Insomma, a cento anni dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, la zona balcanica è di nuovo al centro dell’attenzione internazionale con i suoi fermenti e le sue diatribe. Questa la riflessione emersa alla fine dell’interessante conferenza sul tema “Trecastagni e la Grande Guerra” tenutasi qualche giorno fa al Municipio della cittadina etnea. A relazionare è stato il dott. Giuseppe Mazzaglia, cultore di storia, presidente del Comitato “La Sicilia nella Grande Guerra del 1915-18” e del Groc rotariano “Cultura, Patria e Società”.
Mazzaglia ha illustrato con dovizia di particolari il ruolo di primissimo piano che ebbe la Sicilia durante il conflitto mondiale. Ricordiamo che il Comitato è stato il promotore della L.R. n.5/2015. La nostra regione infatti è stata una delle poche che ha varato una legge sulla “Tutela e valorizzazione del patrimonio storico-culturale della Prima Guerra Mondiale ed interventi per la promozione delle celebrazioni del centenario dell’inizio del conflitto”, legge che ha visto il suo primo firmatario nella persona dell’ex sindaco di Pedara, Antony Barbagallo. La Sicilia pur non essendo zona di operazioni militari, partecipò attivamente alle vicende della Grande Guerra. Lo Stretto di Messina al pari dell’Isonzo, del Carso, del Monte Grappa fu dichiarato zona di guerra (R.D. 228/17) in quanto permetteva agli inglesi di ricevere i rifornimenti dall’Impero Britannico, dall’India, dal sud Africa e da tutti gli altri possedimenti anglosassoni. I forti umbertini del messinese ospitarono Giacomo Matteotti arruolato come militare semplice, goniometrista-artigliere nella fortezza denominata “Campo Inglese” dove fece da maestro a molti commilitoni insegnando loro a leggere e a scrivere. Quasi un quarto abbondante della gioventù siciliana fu chiamato a combattere. Tutte le classi dal 1874 fino al 1899 e anche il primo quadrimestre del 1900: un giovanissimo trecastagnese appena diciottenne, Coco Salvatore, morì per malattia. Ma oltre al giovanissimo Coco, Trecastagni che all’epoca dei fatti era capoluogo di mandamento, ebbe altri 59 caduti impegnati a combattere sia in Albania sia nei vari avamposti del fronte italiano. Sul monte Ilice venivano portati i prigionieri austro-ungarici poi mandati a lavorare le vigne dell’Etna. Da alcune testimonianze scritte è emerso che molte mamme trecastagnesi aiutavano questi prigionieri portando loro del cibo, con la speranza che qualche altra mamma ‘austriaca’, ‘tedesca’ o ‘ungherese’ facesse la stessa cosa con i nostri, abbandonati dal governo italiano che riteneva il ‘cadere prigioniero’ un atto di codardia e una scusa per evitare di combattere. A fine conferenza è intervenuto anche il dott. Fulvio Torrisi, di origini trecastagnesi, che, ricordando il nonno Domenico morto nell’Altopiano di Asiago, ha sottolineato come la guerra non sia altro che un’inutile carneficina e che proprio per questo bisogna farne memoria al fine di evitare il ripetersi di tragedie inaccettabili.
Caterina Maria Torrisi