La lotta al Covid segna un passo di grande speranza: l’AIFA approva due farmaci terapeutici per curare l’infezione. Dopo un accurato iter di valutazione circa l’efficacia e la sicurezza di Banlanivimab (Lilly) e di Regen-Cov (Regeneron), la Commissione Tecnico Scientifica (CTF) dell’AIFA (Agenzia italiana del farmaco) ha dato infatti il via libera all’uso degli anticorpi monoclonali in Italia per il trattamento dell’infezione da Covid. Ma quali sono le caratteristiche, gli iter seguiti dalla ricerca e le tempistiche? Andiamo con ordine.
Covid / L’AIFA approva due farmaci: studi ed efficacia
Gli studi condotti su questi due presidi terapeutici, i primi della classe, mostrano un’efficacia di circa il 70% nel ridurre i tempi di ospedalizzazione per i pazienti con sintomatologia moderata. Nonché la possibilità di prevenire significativamente i casi di Covid-19 tra gli ospiti e il personale delle case di cura e degli ospedali. La commissione tecnico scientifica dell’AIFA, nell’autorizzare queste innovative opzioni terapeutiche, ha delineato in modo dettagliato i destinatari, le condizioni cliniche, il luogo e le modalità di trattamento. In particolare, questi farmaci sono raccomandati per pazienti affetti da COVID in fase precoce e ad alto rischio di evoluzione. Sostanzialmente, le limitazioni sono in linea con quelle adottate dalle agenzie regolatorie di Stati Uniti, Canada ed Europa.
Covid e anticorpi monoclonali: i precedenti
Detti anticorpi monoclonali avevano già ricevuto l’autorizzazione all’uso in emergenza negli Stati Uniti a fine 2020. Ciò, allo scopo di rendere disponibile un medicinale che, pur non avendo completato del tutto l’iter di approvazione previsto dal FDA (Food and Drug Administration, l’ente governativo che negli USA si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici), poteva aiutare a diagnosticare, trattare o prevenire una malattia potenzialmente letale, e per cui non risultavano disponibili alternative adeguate e approvate. Com’è noto, l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha potuto riprendere la campagna elettorale interrotta a causa del Covid dopo essere stato trattato con uno di questi prodotti.
Come funzionano questi farmaci?
Il Bamlanivimab (Lilly) è un anticorpo monoclonale che neutralizza la proteina spike della SARS-Cov-2, vera e propria chiave di entrata dell’infezione. E’ progettato per bloccare la carica virale e l’ingresso nelle cellule umane, neutralizzando così il virus e prevenendo l’evoluzione nefasta dell’infezione da COVID. I ricercatori della Lilly hanno rapidamente sviluppato l’anticorpo in meno di tre mesi dalla sua scoperta, dopo averlo identificato in un campione di sangue di uno dei primi pazienti americani guariti da COVID-19.
L’altro farmaco, noto come associazione di anticorpi REGN-COV2 (Casirivimab / Imdevimab), è sviluppato da Regeneron Pharmaceuticals. E’ progettato per riconoscere e legarsi ad una struttura specifica (chiamata antigene). Casirivimab e Imdevimab si legano alla proteina spike di SARS-CoV-2 in due diversi siti. Quando i principi attivi sono legati alla proteina spike, il virus non è in grado di penetrare nelle cellule dell’organismo.
Tempi e autorizzazioni: perché non prima?
Considerati i livelli di efficacia e sicurezza di questi nuovi presidi terapeutici, che non sostituiscono i vaccini, molti in Italia chiedono come mai l’AIFA non abbia autorizzato prima questi farmaci, anche in regime di emergenza come negli USA. Alla legittima domanda non è facile rispondere senza cadere nella superficialità e nell’improvvisazione. Tuttavia è utile ricordare alcuni passaggi essenziali che ad oggi caratterizzano l’autorizzazione in commercio e l’acceso del farmaco al paziente in Italia. Vediamo quali:
- la valutazione tecnico scientifica dell’efficacia e della sicurezza del trattamento;
- la valutazione del prezzo in funzione dell’innovazione e del valore terapeutico del farmaco;
- la classe di rimborsabilità strettamente correlata al sistema universalistico del farmaco adottato in Italia (negli Stati Uniti non è così);
- le modalità di distribuzione del farmaco (prodotto reperibile in ospedale o in farmacia privata)
- l’accesso regionale che spesso ripete l’iter nazionale e che purtroppo registra tempi diversi (dai tre mesi delle regioni più virtuose ai nove/dodici mesi delle regioni meno virtuose).
Tutto ciò, nel bene e nel male, fa la vera differenza tra un paziente e l’altro, a seconda del luogo in cui la persona interessata vive. Col rischio altissimo di tradire la Costituzione e inficiare in modo significativo i grandi passi della ricerca e soprattutto la speranza di tanti pazienti, medici e operatori sociosanitari.
Carmelo Agostino*
*Farmacista e dirigente d’azienda con oltre 34 anni di esperienza nello sviluppo e commercializzazione dei farmaci in Italia