Covid / Vaccini e diritti di proprietà intellettuale

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Si legge in questi giorni segnati dal Covid, per favorire l’accesso ai vaccini per tutti, di “sospensione dei diritti di proprietà intellettuale”. Ebbene, proprio perché considero fondamentale consentire l’accesso al vaccino sicuro all’intera umanità, e nel più breve tempo possibile, desidero condividere alcune considerazioni apparentemente alternative alla “liberazione dei brevetti vaccinali”. Innanzitutto, credo che il problema più serio non sia correlato alla ricerca del prodotto. Piuttosto, a quello della produzione di vaccini e alle necessarie condizioni per la distribuzione.  Pertanto occorre essere estremamente pragmatici e concreti, evitando polemiche inutili e alibi che rallenterebbero ulteriormente la ricerca della soluzione.

Covid / Vaccini e diritti di proprietà intellettuale: facciamo chiarezza

Consideriamo innanzitutto che si dovrebbe vaccinare almeno il 60% della popolazione mondiale, che a febbraio 2021 ammonta a 7,844 miliardi di persone. Bisognerebbe perciò pianificare la produzione di almeno 4,5 miliardi di dosi di vaccino entro i prossimi 12 – 18 mesi. Proprio per raggiungere un obiettivo così ambizioso, è necessario evitare lo scontro frontale con tutte le società che fanno ricerca. In particolare, con quelle che hanno sviluppato il vaccino per il Covid in poco più di un anno, superando di gran lunga le più ottimistiche previsioni. Questo per più ragioni: il brevetto e la proprietà intellettuale, oltre a essere tutelati da organizzazioni internazionali, sono necessari per stimolare la ricerca continua. Pensate ad esempio alla pressante necessità di seguire costantemente il problema delle varianti e dei conseguenti adattamenti terapeutici.

Valorizzare concorrenza e sviluppo siti

Appare anzi opportuno valorizzare al massimo la competizione tra le diverse società farmaceutiche. Questo perché già oggi abbiamo a disposizione almeno sette/otto vaccini: Pfizer, Moderna, Astra Zeneca, J&J, Novavax, il vaccino russo Sputnik, quello cinese Sinopharm, quello cubano e prossimamente anche quello italiano, e ne arriveranno altri. La concorrenza favorisce di fatto l’ampliamento e lo sviluppo di siti di produzione. Riduce i costi e soprattutto i prezzi dei singoli vaccini, assicurando comunque una giusta remunerazione. Impelagarsi in lunghe battaglie legali che, invece di venire incontro prima possibile ai malati (soprattutto nei paesi poveri), dilazionerebbero in modo imprevedibile i tempi di prevenzione e cura, risulterebbe in ultima analisi maggiormente dannoso.

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Prima di “reinventare la ruota” pertanto, potenzierei le iniziative internazionali già in atto sulle quali sarebbe importante informarsi. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ad esempio, già a metà dello scorso anno ha avviato il “COVID-19 Technology Access Pool”. Si tratta di una piattaforma che ha lo scopo di favorire la condivisione dei brevetti e delle altre proprietà intellettuali legate ai vaccini. L’iniziativa ha già raccolto l’adesione di numerosi stati ed è vista come una risorsa importante soprattutto per rendere più equa la distribuzione dei vaccini tra paesi ricchi e paesi poveri, con minori risorse per permettersi l’acquisto di centinaia di milioni di dosi.

Grande attenzione è da riservare alla produzione

Perché dietro a un singolo vaccino spesso ci sono più brevetti, formulazioni e segreti industriali che rendono comunque difficile avviare una produzione senza la collaborazione di chi lo ha sviluppato, come potrebbe avvenire nel caso di una sospensione decisa da un governo per motivi di emergenza. Il vaccino di Pfizer-BioNTech, per esempio, fa riferimento ad almeno una dozzina di brevetti. Alcuni di questi peraltro relativi a tecnologie legate alla gestione e produzione dell’RNA messaggero sviluppate negli anni.

Gli impianti per la produzione di uno specifico vaccino devono essere inoltre certificati dalle autorità sanitarie dei paesi in cui si trovano, senza contare i tempi e i costi per avviarli. Soprattutto i vaccini a RNA messaggero richiedono sistemi di produzione diversi da quelli classici, con tempi tecnici per la loro messa a punto. Pfizer e BioNTech, per esempio, hanno avuto difficoltà a potenziare il loro stabilimento in Belgio per la produzione del vaccino. Così come altrettante ad avviare la realizzazione di nuovi impianti per rispondere più velocemente alla domanda.

Favorire il più possibile sinergie e collaborazione

I produttori dei vaccini contro il coronavirus già autorizzati, o in fase di autorizzazione, hanno comunque attivato collaborazioni con altre aziende farmaceutiche per aumentare la produzione. Gli accordi stretti finora non hanno tuttavia riguardato produzioni sotto licenza, ma la condivisione delle attività produttive più onerose in termini di tempi e risorse come il confezionamento dei vaccini.

In Europa, Pfizer e BioNTech hanno stretto accordi con Sanofi e con Novartis (due colossi europei) per l’inserimento del vaccino nei flaconcini. Hanno concordato anche il loro successivo confezionamento nei lotti da consegnare ai vari paesi. Un accordo simile, ma che riguarda anche altri aspetti della produzione, è stato stretto dall’azienda tedesca di biotecnologie CureVac con la multinazionale Bayer. Collaborazioni di questo tipo consentono alle aziende farmaceutiche di migliorare i ritmi di produzione per rispettare le forniture, evitando decisioni più drastiche da parte dei governi. Pertanto, privilegerei più il confronto che lo scontro proprio nell’interesse di tutti e di ciascuno.

Carmelo Agostino Covid Vaccini proprietà intellettuali

Carmelo Agostino*

*Farmacista e dirigente d’azienda con oltre 34 anni di esperienza nello assessorato alla salutesviluppo e commercializzazione dei farmaci in Italia.

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