Il Covid continua a vincolare la quotidianità di tutti e, mentre prosegue la lenta la diffusione del Vaccino, diventa importante offrire risposte scientifiche rispetto alle varianti. In questi ultimi giorni, il lavoro di molti operatori sanitari e autorità politiche riguarda infatti la gestione diagnostica e clinica delle varianti del SARS-CoV-2. Quali sono, che effetti hanno, da dove vengono?
Si parla di nuovi lockdown generalizzati e pertanto, pur rimanendo cauti, tentiamo di dare una spiegazione a questo livello di allerta e alle principali domande che l’opinione pubblica si pone. Per farlo, senza la pretesa di essere esaustivi, ci avvarremo dei dati clinici e biologici in possesso della comunità scientifica internazionale e nazionale. Soprattutto valorizzando quanto rilevato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), dal ECDC (Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) e dalla Direzione Generale della Prevenzione sanitaria in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità.
Covid / Vaccino e risposte: innanzitutto, cosa si intende per varianti?
Quando un virus si replica o crea copie di sé stesso a volte cambia leggermente. Questi cambiamenti sono chiamati “mutazioni”. Un virus con una o più nuove mutazioni viene indicato come una “variante” del virus originale. Alcune di queste possono portare a cambiamenti nelle caratteristiche di un virus, come la trasmissione alterata (ad esempio, può diffondersi più facilmente) o la gravità (ad esempio, può causare una malattia più grave). Allo stato attuale sono state identificate in tutto il mondo centinaia di varianti di questo virus.
Alla luce delle nuove varianti del virus SARS-CoV2 gli attuali vaccini rimangono efficaci?
Tre nuove varianti richiedono maggiore attenzione per gli esperti dell’OMS dell’ECDC:
- Nel Regno Unito la “VOC 202012/01”, nota anche come “B.1.1.7”. Questa variante ha dimostrato di avere una maggiore trasmissibilità rispetto alle varianti circolanti in precedenza. Sono in corso studi aggiuntivi per valutare un’eventuale maggiore gravità della malattia, a oggi non confermata.
- Nel Sud Africa la “501.V2”. I dati preliminari attualmente a disposizione indicano che anche questa variante possa essere caratterizzata da maggiore trasmissibilità, inferiore a quella della variante B.1.1.7, mentre al momento non è chiaro se provochi differenze nella gravità della malattia.
- Nel Brasile la variante “P.1”. A proposito di quest’ultima, gli studi clinici fino ad oggi portati avanti hanno dimostrato una potenziale maggiore trasmissibilità o propensione alla reinfezione. Non sono disponibili evidenze sulla gravità della malattia.
Allo stato attuale, i vaccini che hanno già ricevuto l’autorizzazione in commercio (Pfizer, Moderna, Astra Zeneca) vengono ritenuti sufficientemente efficaci. Tuttavia, proprio per essere certi circa la fase diagnostica che quella di trattamento si stanno potenziando gli studi sulla sequenza che caratterizza la proteina spike (chiave di entrata dell’infezione Covid) e il conseguente monitoraggio attivo dei vaccini su queste tre principali varianti per apportare eventuali aggiustamenti terapeutici.
Quali misure di contrasto alla diffusione delle varianti ha messo in campo il nostro Paese?
L’emergenza di nuove varianti rafforza l’importanza, per chiunque, compresi coloro che hanno avuto l’infezione o che sono stati vaccinati, di aderire rigorosamente alle misure di controllo sanitarie e socio-comportamentali (l’uso delle mascherine, il distanziamento fisico e l’igiene delle mani).
Quali azioni hanno intrapreso le autorità sanitarie in Italia per limitare la diffusione di nuove varianti?
- rafforzare la sorveglianza di laboratorio nei confronti delle nuove varianti SARS-CoV-2
- fornire indicazioni per implementare le attività di ricerca e gestione dei contatti dei casi COVID-19 sospetti/confermati per infezione da variante
- limitare gli ingressi in Italia dei viaggiatori provenienti dai paesi più colpiti dalle varianti
- realizzare indagini rapide di prevalenza per stimare correttamente la diffusione delle varianti nel nostro Paese
- disporre misure di contenimento (aree rosse) nelle aree più colpite del Paese anche a livello comunale
Cosa fare se si entrati in contatto con casi positivi a una variante del Sars-CoV-2?
I contatti dei casi COVID-19 sospetti/confermati per infezione da variante devono:
- eseguire un test molecolare prima possibile dopo l’identificazione e al 14° giorno di quarantena, al fine consentire un ulteriore rintraccio di contatti, considerando la maggiore trasmissibilità delle varianti.
- non interrompere la quarantena al decimo giorno.
- nella settimana successiva al termine della quarantena, si devono osservare rigorosamente le misure di distanziamento fisico, indossare la mascherina e, in caso di comparsa di sintomi, isolarsi e contattare immediatamente il medico curante.
Il Dipartimento di prevenzione deve effettuare la ricerca retrospettiva dei contatti di un caso confermato, vale a dire oltre le 48 ore e fino a 14 giorni prima dell’insorgenza dei sintomi del caso, o di esecuzione del tampone se il caso è asintomatico, al fine di identificare la possibile fonte di infezione ed estendere ulteriormente il tracciamento dei contatti ai casi eventualmente individuati. Attualmente, comunque, la malattia si presenta con le stesse caratteristiche e i sintomi sono gli stessi in tutte le varianti del virus.
Carmelo Agostino*
*Farmacista e dirigente d’azienda con oltre 34 anni di esperienza nello sviluppo e nella commercializzazione dei farmaci in Italia