Molti di loro si sono rifugiati nelle foreste, provincia nord-orientale di Ratanakiri, senza cibo e con il rischio di contrarre la malaria, per sfuggire alle persecuzioni che subiscono nel loro Paese d’origine e per evitare che il Governo cambogiano adotti nei loro confronti provvedimenti di rimpatrio forzato, com’è accaduto nel recente passato ed accade ancora oggi
I Montagnard, per la maggior parte cristiani, non si sono mai rassegnati alla persecuzione che subiscono da molti anni dal Governo vietnamita. Il loro esodo verso la Cambogia, iniziato negli anni Duemila, è ripreso. Molti di loro, comprese donne e bambini, sono costretti a vivere di stenti nelle foreste del confine dei due Paesi, per evitare di essere rimpatriati in maniera forzata
Nelle foreste cambogiane, senza cibo. Nelle ultime settimane, più di 50 membri della popolazione cristiana dei Montagnard, compresi donne e bambini, hanno attraversato il confine tra Vietnam e Cambogia, per richiedere asilo. Molti di loro si sono rifugiati nelle foreste, provincia nord-orientale di Ratanakiri, senza cibo e con il rischio di contrarre la malaria, per sfuggire alle persecuzioni che subiscono nel loro Paese d’origine e per evitare che il Governo cambogiano adotti nei loro confronti provvedimenti di rimpatrio forzato, com’è accaduto nel recente passato ed accade ancora oggi. La Cambogia, infatti, adotta la politica dei rimpatri, violando la Carta dei rifugiati, alla quale ha pure aderito e considera i Montagnard immigrati irregolari, come ha confermato negli scorsi giorni Wan-Hea Lee, il rappresentante nazionale per l’ufficio dei diritti umani delle Nazioni Unite.
Chi sono questi esuli? I Montagnard, che vivono in Vietnam da duemila anni – molti di loro risiedono anche in Cambogia e nel Laos – sono costituiti da una quarantina di differenti gruppi aborigeni, appartenenti ai ceppi linguistici mongolo-tibetano e malese-polinesiano. Gran parte di loro sono cristiani. Negli anni ‘70 costituivano quasi il 40% dei cristiani sud-vietnamiti. Le diocesi di Kontum, Ban Me Thuot e Dalat avevano propri sacerdoti e parrocchie, con moltissime conversioni e vocazioni. Nel corso della ventennale guerra tra il Vietnam del Nord e il Vietnam del Sud, che durò dal 1955 al 1975, i Montagnard – al pari dei Hmong, che vivono principalmente nelle regioni montane della Cina del sud e nelle regioni del sudest asiatico, Laos, Birmania, Thailandia del Nord e Vietnam – si erano schierati con gli Stati Uniti, con la speranza di costituire una nazione autonoma. La prima ragione della persecuzione vietnamita è legata, quindi, alla vendetta. La seconda, al fatto che i Montagnard – così come i Hmong – sono cristiani e ricevono costanti pressioni perché abbandonino la loro fede, in un Paese che da molti anni occupa le prime posizioni nelle classifiche internazionali sulla persecuzione dei cristiani. Il terzo motivo del trattamento riservato ai Montagnard è legato a interessi di carattere economico: con la riunificazione del Paese e il trionfo di Ho Chi Minh del 1975, il regime comunista di Hanoi ha nazionalizzato le terre dei Montagnard; centinaia di villaggi sono stati distrutti e spostati su terre meno fertili per far posto alle piantagioni di caffè di proprietà dello Stato.
Il loro coraggio. I Montagnard non si sono mai rassegnati al regime oppressivo e persecutorio e più volte, nel corso degli anni, hanno manifestato pubblicamente per reclamare l’indipendenza e il ritorno alle loro terre e alla libertà religiosa, sfidando direttamente il regime. Agli inizi degli anni Duemila, almeno 2mila di loro sono emigrati in Cambogia e molti hanno ottenuto l’asilo politico. L’esodo è ripreso negli ultimi anni ed a parere di alcune organizzazioni dei diritti umani è favorito dalle stesse autorità vietnamite – peraltro in buoni rapporti con quelle cambogiane – che vogliono evidentemente liberarsi di presenze ritenute “scomode”. Spetterebbe alle autorità cambogiane non rendersi complici di una situazione divenuta insostenibile per questa minoranza cristiana e trattarla con il dovuto rispetto, come di recente ha ricordato in una pubblica lettera rivolta al Governo, l’ambasciatore americano in Cambogia, William Todd.
Umberto Sirio