Una rilettura “antropologica” delle tre parabole evangeliche del capitolo 25 di Matteo, interpretandole come icone dei principali dinamismi umani: la fiducia e la paura, lo slancio e la delusione, l’attenzione e la vigilanza interiore. Così l’educazione si fa racconto nella cornice della lezione spirituale della tradizione cristiana più antica.

L’educazione come racconto. Riprendendo ampiamente la lezione spirituale della tradizione cristiana più antica, Grandi, ricercatore di filosofia morale e docente di antropologia applicata presso l’Università degli Studi di Padova, ha offerto un’intrigante tentativo di rilettura “antropologica” delle tre parabole evangeliche del capitolo 25 di Matteo, interpretandole come icone dei principali dinamismi umani: la fiducia e la paura, lo slancio e la delusione, l’attenzione e la vigilanza interiore e molti altri. Sebbene soltanto accennata, da questa rilettura emerge un approccio all’educare più consapevole e più rispettoso delle dinamiche umane che investono direttamente anche la relazione educativa. Come ha recentemente osservato P. Sequeri, la strategia del discorso parabolico di Gesù non consiste nel semplificare pedagogicamente dei concetti attraverso le immagini, ma nel custodire una rivelazione che supera per eccesso la misura umana delle cose. Così il comportamento del misterioso padrone della parabola dei talenti appare ingiustificabile se considerato solo nella logica umana della distribuzione razionale delle risorse. Ma se la posta in gioco è fidarsi di una promessa, i calcoli possono tradire.
Lo stile dell’educatore. Senza la gratuità del dono (il principio eucaristico che ispira la parabola dei talenti) e il respiro della fiducia non c’è progetto o regolamento che tenga. Come nel racconto della parabola dei talenti emerge una dinamica di fiducia e una di paura, così avviene nella relazione educativa. Ad immagine del misterioso padrone che invita a partecipare alla sua gioia, l’educatore è chiamato a presentarsi anzitutto come un moltiplicatore e un dispensatore di fiducia: ricevere e dare fiducia è essenziale nella pratica educativa, insieme con la capacità di offrire una lettura attenta del vissuto personale. Altro grande pilastro della pratica educativa è l’autenticità. Se l’educazione è in crisi da tempo e fatica a trovare nuove strade per rialzarsi, uno dei motivi è la difficoltà da parte dei ragazzi e dei giovani ad individuare figure di adulti credibili, autentici. Chiunque abbia a cuore la relazione educativa cerca anzitutto di impostare il colloquio all’insegna della sincerità. Attraverso queste ed altre suggestive pennellate, Grandi, che ha recentemente lanciato su Twitter l’hashtag #auleaperte per favorire il confronto con gli studenti universitari utilizzando la piattaforma digitale, ha presentato l’educazione come racconto capace di tratteggiare le dimensioni fondamentali del vivere. Come ricorda papa Francesco nel n. 134 di Evangelii Gaudium, chi si impegna nell’educazione ha il compito di “coniugare il compito educativo con l’annuncio esplicito del Vangelo”. Dunque un matrimonio che s’ha da fare. Anche ai tempi di Twitter.
Stefano Didonè – La vita del popolo