Chissà se fra qualche anno il suo nome sarà fra quelli che affollano le classifiche di vendita delle canzoni o se invece farà la fine di altri che lo hanno preceduto, senza riuscire a entrare nel firmamento musicale in pianta stabile. Per il momento Fabio Curto si gode la gloria che spetta al vincitore di “The Voice of Italy”, il talent show di Rai Due che nella puntata finale lo ha incoronato campione.
Condotto da Federico Russo e Valentina Correani, il programma ha visto approdare in finale, oltre a lui che rappresentava il Team Facchinetti (Francesco e papà Roby), anche Carola Campagna del Team J-Ax, Roberta Carrarese del Team Pelù (Piero) e Thomas Cheval del Team Noemi. Premio in palio: un contratto discografico di 200.000 euro con la Universal Music, da conquistare soprattutto attraverso il televoto.
Il format è costituito da quattro fasi. La prima, che si sviluppa in cinque puntate, è quella delle “Blind Auditions”, in cui i quattro giudici-coach ascoltano le voci dei concorrenti senza vederli e scelgono chi promuovere e chi bocciare. In questa fase vengono introdotte anche le “Blind Auditions Blind”, ovvero audizioni al buio ancora “più buio” in cui il concorrente non è visibile nemmeno al pubblico in studio e a casa e soltanto alla fine della sua esibizione cade la tenda che nasconde la sua identità.
Attraverso la prima fase di selezione, entrano nel programma 64 concorrenti, 16 per ciascuno dei 4 team. Nella seconda fase della competizione – “Battles” – si passa dai 64 concorrenti a 32, con la possibilità di ripescarne altri 8 per arrivare a 40 totali, 10 per ciascuna squadra. La terza fase del programma – quella del “Knockout” – dimezza da 40 a 20 il numero dei concorrenti. Nella quarta fase (“Live Show”), attraverso cinque puntate in diretta, vengono individuati i finalisti (uno per team) che si scontrano nella finalissima dell’ultima puntata.
Partita quasi come “tappabuchi” in seguito alla perdita dei diritti di trasmissione di “X Factor” (costi troppo alti) da parte della Rai, la trasmissione ha saputo conquistarsi un pubblico di fedelissimi prendendo nel palinsesto il posto del notissimo reality show “L’isola dei famosi”, per anni fra i più seguiti dal pubblico e in netto declino negli ultimi tempi di messa in onda.
Anche “The Voice”, com’è ormai consuetudine per la maggior parte dei talent in onda sugli schermi televisivi non solo italiani, è un format, ovvero un prototipo da riproporre in maniera molto simile da un Paese all’altro. La fortuna del programma, ideato dal titolare della Endemol, John De Mol, si è sviluppata soprattutto negli Usa, dove il format è diventato uno degli appuntamenti di maggiore successo della Nbc. Da quel trampolino di lancio, si è rapidamente diffuso in altri 35 Paesi del mondo, fino ad arrivare in Italia.
Nonostante l’inflazione di formati simili, pare che il pubblico apprezzi ancora l’idea che un dilettante riesca a sfondare nel mondo della musica attraverso la sua voce, partendo da zero. E questo elemento, insieme ai comportamenti spesso istrionici dei giudici, è uno fra quelli di maggiore richiamo. A differenza di altri talent show simili, in “The Voice” sono dei cantanti a giudicare altri cantanti e questo, in qualche modo, legittima anche l’esito della gara. La possibilità di votare da casa è d’interagire attraverso i social network esalta la voglia d’interattività del pubblico.
Marco Deriu