Si calcola che nella provincia di Salta siano oltre 15mila i piccoli con deficit di nutrizione. Qui il tasso di mortalità infantile è del 13,9 per mille rispetto all’11,1 dell’intero Paese. Colpiti in particolare i bimbi appartenenti alle etnie aborigene. Per una nazione che vanta di essere “il granaio del mondo” queste morti colpiscono e indignano.
La notizia della morte di quattro bambini per denutrizione nella provincia di Salta (nel Nord dell’Argentina) – negli ultimi cinque mesi – ha suscitato una forte polemica in tutto il Paese, con durissime critiche contro il governatore Juan Manuel Urtubey, da sette anni al potere, che ha dovuto ammettere: “La denutrizione dei minorenni perdura a Salta e continua a ferirci ancora. Abbiamo fatto grandi sforzi, ma non siamo riusciti a recuperare il 100% dei bambini”.
Oltre 15mila bambini con deficit di nutrizione. Secondo gli esperti, sarebbe bastata una buona cura medica per evitare questi casi tragici. La morte di Alan Misael Villena, di appena 9 mesi, avvenuta a solo 250 chilometri dalla città di Salta – a “Colonia Santa Rosa” – ha scosso l’intero Paese. Di padre boliviano e madre “wichi” (etnia aborigena), il bambino morto lo scorso primo febbraio era arrivato all’ospedale con un attacco di diarrea e chiari segni di disidratazione attribuiti a denutrizione. La sua morte si aggiunge a quella di un altro bambino “wichi” di due settimane prima, nel paesino di Morillo, e a quella di un piccolo “quom” (altra etnia aborigena) nella provincia del Chaco un mese fa. Secondo quanto annunciato negli ultimi giorni dal direttore dell’Istituto di studi del mondo del lavoro e su temi di diritto economico (Ielde) dell’Università di Salta, Jorge Paz, in provincia di Salta ci sarebbero “oltre 15mila bambini di meno di cinque anni con qualche tipo di deficit di nutrizione”. Tra le cause, “la povertà strutturale nella quale nascono e vivono questi bambini: realtà che, a suo giudizio, non potrà purtroppo essere cambiata da un giorno all’altro”. Le cifre, assicura Paz, autorizzano a parlare di un 10% dei bambini della provincia di Salta di quella fascia di età, con problemi di nutrizione.
Si è ridotto il tasso di mortalità infantile. Il governatore Urtubey, intanto, nel corso di una intervista pubblicata sabato scorso dal quotidiano “Clarin”, ha affermato: “Abbiamo avuto una riduzione storica del tasso di mortalità infantile. Ma naturalmente si tratta di un problema non risolto, che non è legato soltanto alla mancanza di cibo. Esiste ancora un’importante carenza delle infrastrutture socio-sanitarie. Abbiamo investito oltre 600 milioni di pesos, ma la mortalità infantile è anche dovuta all’acqua di cattiva qualità e alla mancanza di adeguate reti di fognature”. In Argentina, “il tasso di mortalità infantile è dell’11,1 per mille. Noi siamo al di sopra, con tasso del 13,9 per mille, e la nostra sfida è di arrivare nei prossimi cinque anni alla media del Paese. Quando io ho assunto il governo il tasso di mortalità infantile era superiore al 16 per mille”, ha ricordato Urtubey.
Fare presto. Durante l’intervista Urtubey si è anche riferito al “problema dell’eterogeneità culturale”, in particolare al dialetto dei “wichi” originari che, a suo avviso, rende più difficile l’approccio e l’assistenza dei medici e ha affermato che attualmente “si stanno formando operatori sanitari della stessa etnia, per evitare il ricorso alla medicina alternativa”. L’altro problema “viene dalle abitudini nomadi di queste comunità”, che “accrescono le difficoltà degli operatori sanitari che non sempre riescono a rintracciarli facilmente”. Malgrado queste giustificazioni, la morte per denutrizione di un bambino in una Argentina che da sempre vanta di essere “il granaio del mondo” non può non colpire e indignare fortemente e dovrebbe obbligare a uscire dall’indifferenza ed a esigere che la politica si collochi all’altezza della situazione con urgenza, moltiplicando ogni impegno in favore dei meno abbienti.
da Buenos Aires, Maribé Ruscica