Oggi il mondo parla spesso di un altro uomo, parla di individuo anziché di persona, non più in relazione con gli altri, sciolto da legami etici e sociali. Da Verona 2006 è cambiata anche l’educazione all’umano: la famiglia non è più la stessa, nemmeno la scuola e il lavoro sono uguali a nove anni fa. La qualità della vita è cambiata. Non sono più gli stessi neanche gli spazi della nostra vita sociale
L’alfabeto dell’umano, capovolto dalla “colonizzazione ideologica”, deve ritrovare il suo verso. E Firenze, in questo, può rappresentare il luogo ideale. Lo dice la sua storia, quella di una città e di un territorio che fu la culla di quel movimento culturale che fece della centralità dell’uomo il punto di partenza del mondo moderno.
La sede del prossimo Convegno ecclesiale nazionale diventa così tutt’uno con il tema, “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”, che non è un’affermazione astratta se si tiene conto che nell’ultimo Sinodo è stata proprio la questione antropologica ad essere risuonata dai cinque continenti. Lo ha sottolineato il cardinale Angelo Bagnasco nella prolusione al Consiglio permanente della Cei. Quindi, non solo l’Italia, ma il mondo intero, almeno quello dei credenti, grazie anche alla presenza del Papa, potrebbe guardare all’appuntamento del novembre prossimo a Firenze, così come in passato ha guardato alla ricchezza culturale della città e continua a farlo oggi guardando alle bellezze artistiche nate allora, che pur affermando la centralità dell’uomo furono espressioni tutt’altro che contrarie alla fede, anzi videro nel volto di Gesù l’immagine piena dell’uomo e il principio della vera umanità.
Ma oggi il mondo parla spesso di un altro uomo, parla di individuo anziché di persona, non più in relazione con gli altri, sciolto da legami etici e sociali. Abbiamo quindi bisogno, come scrive il cardinale Giuseppe Betori nella lettera pasquale alle famiglie fiorentine, “di ritornare al fondamento di ciò che ci fa uomini e donne, per ritrovare noi stessi, la misura nostra e delle cose, il senso ultimo della vita”. Abbiamo bisogno di un nuovo umanesimo, che riscopra la sua radice cristiana.
“Nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo”, si legge nella Gaudium et spes: “Cristo che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione”. Una vocazione che non va confinata nell’interiorità, ma portata nelle condizioni vive della storia, con un’attenzione all’uomo, guardando ai suoi bisogni, materiali e spirituali, accompagnando il cammino della gente, aiutandola a superare le solitudini e la frammentazione del nostro tempo. In poche parole, come è stato detto, “coltivare la pienezza dell’umano nelle condizioni esistenziali attuali”.
La realtà, rispetto al precedente Convegno ecclesiale nazionale di Verona nel 2006, è cambiata. È cambiata anche l’educazione all’umano. La famiglia non è più la stessa (“Si dice famiglia, ma si pensa a qualunque nucleo affettivo a prescindere dal matrimonio e dai due generi”, ha spiegato Bagnasco). Nemmeno la scuola e il lavoro sono uguali a nove anni fa. La qualità della vita è cambiata. Non sono più gli stessi neanche gli spazi della nostra vita sociale. Le grandi trasformazioni hanno reso tutto più vulnerabile.
Compito del Convegno sarà, quindi, quello d’indicare la strada, anche con esperienze concrete, per ricostruire il tessuto umano delle persone e della società. La Traccia per Firenze 2015 ci propone la cinque vie di umanizzazione: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. Per cui ogni comunità cristiana, nel frattempo, potrà cercare un dialogo con chi può aspirare a un nuovo umanesimo. Sarebbe importante trovare un punto in comune anche per affrontare e possibilmente superare la crisi attuale che, come più volte è stato detto, prima ancora che economica è una crisi antropologica, di significato e di valori.
Andrea Fagioli