Tra la fine del ‘400 e gli inizi del ‘500 Acireale era una piccola città, ma nobili famiglie catanesi possedevano nel luogo terreni e sontuosi palazzi. I nomi sono importanti e conosciuti ancora oggi come gli Statella, i Gioeni, gli Scammacca e i D’Amico o Amico. Il ramo di quest’ultima famiglia discende dall’antica e nobilissima famiglia dei D’Amico, il cui capostipite fu il conte normanno Amico o D’Amico, che era consanguineo degli Altavilla. Insieme lottarono strenuamente per liberare la Sicilia dai Saraceni. La famiglia D’Amico si ramificò in Messina, Milazzo, Monte San Giuliano (l’attuale Erice), Catania e Acireale, un ramo di essa fiorì anche in Cosenza. Ebbe tanti feudi, non solo in Sicilia ma anche in Calabria (a Cosenza e a Cerchiara) ed in Puglia e fu insignita dell’onorificenza dell’ordine del Cingolo Militare (oggi estinto).
L’ordine, fondato dal Gran Conte Ruggero nell’ XI secolo, veniva accordato ai nobili feudatari di Sicilia. Molti i membri della famiglia che ricoprirono importanti cariche in Acireale e svolsero il loro lavoro al servizio della comunità che andava crescendo. Il nobile Girolamo o Geronimo D’Amico si stabilì nella nostra città agli inizi del ‘500 esercitando la professione di medico e aromatario presso l’ospedale S. Maria di Monserrato, fondato nel 1548 e ubicato di fronte al Duomo. L’ospedale disponeva di posti letto a pagamento e di un medico condotto con salario di venti onze annue. Colleghi illustri del D’Amico furono i medici Antonio Gambino, Nunzio Balsamo, Giuseppe Li Pira e Vincenzo Cannata. Girolamo D’Amico, oltre ad esercitare la sua professione, ricoprì anche importanti cariche pubbliche; infatti, fu nel 1571 capitano di giustizia e nel 1578 proconservatore. Nel suo codicillo testamentario è scritto “ordina che il suo corpo sia seppellito all’interno dell’Annunziata (attuale Duomo) lasciando alla stessa onza una in aiuto di fabbrica. 6 giugno 1556”.
Gli attuali membri della nobile famiglia discendono da Pietro, figlio di Bartolomeo, che si unirà in matrimonio, il 20 aprile 1603, con Agata Amico. I coniugi l’anno prima di sposarsi avevano acquistato una casa con terreno e alberi di gelsi vicino alla prima chiesa dedicata a S. Sebastiano (l’attuale chiesa di S. Antonio di Padova). Altri illustri componenti furono Antonino D’Amico giurato nell’anno 1582-1583, Giovanni Battista D’Amico che nel 1662 ricoprì la carica di maestro notaro della corte giuratoria, come anche il figlio di quest’ultimo, Carlo, che la ricoprì dal 1703 al 1707. Francesco Saverio D’Amico fu un eccellente medico, come il suo avo Girolamo, e contrasse matrimonio nel 1752 con Anna Gambino. Il dottore Camillo D’Amico, figlio del dottore don Domenico D’Amico, anch’esso magistrato e decurione e di Concetta Gambino, fece parte come magistrato della commissione speciale, istituita dopo l’Unità d’Italia per processare i sovversivi dei comuni di Randazzo e Bronte che si erano macchiati di svariati crimini durante le rivolte seguite alle cocenti delusioni delle classi meno abbienti dopo lo sbarco dei Mille in Sicilia. I condannati furono incarcerati nel carcere di Acireale, che si trovava allora presso l’attuale piazza Lionardo Vigo, mentre i condannati a morte furono giustiziati nella pubblica piazza. Appartenne alla nobile famiglia anche il sacerdote Francesco Amico Gambino vissuto nel XIX secolo; egli fu l’ultimo vicario di Acireale prima dell’istituzione della diocesi.
E’ doveroso ricordare altri membri illustri del ramo catanese della famiglia, vissuti tra la fine del ‘500 e la prima metà del ‘600, che furono Pietro D’Amico, avvocato fiscale e presidente del Real Patrimonio e il figlio Vito D’Amico, barone del Grano e conte di S. Anna, sovrintendente della torre di S. Anna di Capomulini (figlio del suddetto Pietro). Essi erano proprietari di un vasto terreno ad Acireale, nella timpa di don Masi alli cavallari (attuale quartiere di Santa Caterina) dove risiedevano per gran parte dell’anno.
Tra i palazzi posseduti dai D’amico in Acireale ricordiamo uno degli esempi più significativi di residenza cittadina nobiliare del ‘700, ubicato al civico 55 di via Dafnica, una delle arterie più antiche della città. La famiglia, sul sito, possedeva già da epoca remota possedimenti, si parla di un baglio con case, cisterne e giardino. Il sacerdote Giuseppe D’Amico, fratello di Francesco Saverio, medico, e del giudice della corte civile, Pietro Paolo, fu il committente del palazzo. Progettato da Paolo Amico Guarrera, eminente architetto acese del ‘700 (nessun vincolo di parentela con la famiglia), il palazzo è stato abitato fino a pochi decenni fa. Magnifico il portale, l’ingresso, l’ampio scalone che porta al piano nobile, il giardino con una Esedra con pergolato e sedili, in asse con il portale d’ingresso. La facciata, rimaneggiata nell’800, conserva ancora la tribuna centrale con festone. L’interesse del palazzo è dato dall’aver conservato quasi intatto l’equilibrio fra le varie parti che lo compongono e cioè il corpo terraneo, le botteghe, i magazzini, il piano nobile, le logge con il prospetto a mezzogiorno e lo splendido giardino, magnifici esempi dell’opulenza e della ricchezza della nobiltà del tempo che, anche con i loro palazzi hanno reso la nostra città culla del barocco siciliano.
Gabriella Puleo