Diocesi 3 / Il vescovo a fine Convegno: “Abbiamo ricevuto la luce e per questo è necessario che si illumini il mondo”.

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Il vescovo, mons. Antonino Raspanti, ha chiuso i lavori del Convegno Pastorale Diocesano dando preziose e illuminate indicazioni per i sacerdoti, i religiosi, i laici, i catechisti e gli operatori pastorali presenti su ciò che deve animare quanti impegnati a vario titolo nella chiesa e su come possono portare nel mondo testimonianza concreta di fede.

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Il vescovo mons. Antonino Raspanti e don Duilio Albarello

“Fedele a quello che ho detto il primo ottobre del 2012, la prima volta che ho fatto un discorso programmatico con voi, ricordo di aver detto che dobbiamo evitare l’ecclesiocentrismo, cioè vivere come se la Chiesa e noi coi nostri problemi parrocchiali, diocesani, religiosi fossimo al centro e tutto il resto girasse attorno a noi. Poi, in una maniera meno tecnica, l’anno scorso è arrivato il nuovo Pontefice, Papa Francesco, il quale ha parlato di Chiesa in uscita. Riparto da qui. Dei punti affrontati nei sette gruppi di studio molti temi non sono stati strettamente ecclesiastici, quindi abbiamo puntato l’attenzione al mondo, sia quello universale, sia quello attorno a noi della Chiesa stessa… In questo nostro mondo italiano, occidentale e in generale in tutto l’universo, è interessante saperlo, qualsiasi tipo di indagine statistica, ci conferma che la domanda di religione è cresciuta enormemente. Quindi noi dobbiamo essere certi che il mondo chiede religione. Solo che la richiesta è di religione a bassa intensità mentre la Chiesa Cattolica propone una religione ad alta intensità; ciò comporta che non sempre la domanda di religione presente nel mondo di oggi si indirizzerà verso il cristianesimo e il cattolicesimo. Non parliamo solo di chi è al di fuori, ma anche i credenti siamo invasi da una domanda di religione che tende alla bassa intensità, è una tendenza generale.

“Dobbiamo però tenere conto – ha sottolineato il Vescovo – che questo mondo così com’è è amato da Dio in Gesù Cristo, certezza assoluta per noi, la fede. Tanto è vero che c’è per noi un’incarnazione, è venuto nel mondo, lo ha sposato, lo ha abitato, lo ha attraversato fino in fondo, in tutti i suoi aspetti. Dio, in Gesù, lo ha vissuto in maniera umana questo mondo. Devo aggiungere una parola che in questi giorni non è stata detta: salvezza. Dio ha salvato il mondo, lo ha sposato, lo ha amato, lo ama e lo ha salvato. Aspetto cruciale della sua vicenda terrena, umana, che comporta una drammaticità, la salvezza. Dico questo perché se, da un lato, noi con Gesù siamo inviati, prima ancora dobbiamo mettere la nostra certezza di essere amati e salvati, noi, come tutto il mondo…Non sono salvati solo i cristiani. Ma noi, la Chiesa, siamo stati scelti nel mondo per una missione specifica, annunciare e testimoniare”. Punto focale dunque per il Vescovo è la riflessione e la presa di coscienza della nostra salvezza.

Nei dibattiti sono emerse difficoltà paure, rischi speranze, attese e mons. Raspanti evidenzia dunque che abbiamo difficoltà a saperci porre come cristiani nei confronti di questo mondo e continua dicendo: “Abitiamo il mondo da amati e salvati e siamo chiamati ad un annuncio e dovremmo dire a tutti, ai non credenti “Gesù ti ha amato, Gesù ti ha salvato!

“Se si parla di salvezza e di alleanza eterna di Dio con gli uomini, inevitabilmente si deve parlare del peccato – continua mons. Raspanti -. Esiste e c’è il peccato nel mondo e del mondo e secondo giovannea memoria ‘Ecco l’Agnello di Dio che ha preso su di sé il peccato del mondo’, possiamo parlarne in maniera positiva perché c’è una salvezza e un salvatore; il peccato in sé non si riconosce, si può definirlo in quanto prima c’è la salvezza, la buona notizia della salvezza. L’annuncio della salvezza deve essere fatto con discernimento: abbiamo ricevuto la luce e per questo è necessario che si illumini il mondo, che non si rimanga nelle tenebre”.

“Dobbiamo avere un atteggiamento estremamente positivo per abitare e attraversare questi che a noi sembrano tunnel senza via d’uscita, che chiamiamo crisi. Dobbiamo attraversare e starci, qualunque tempo, dicono tanti grandi santi, è il migliore che Dio avrebbe potuto donarci. Senza indietreggiare, senza paura, la paura è entrata nel mondo dopo il peccato originale, è un segno che non viene da Dio, ma da diavolo. Molte paure collettive nascono perché siamo omologati a schemi culturali. Siamo in cammino, in un cammino che mai si ferma. Abbiamo piena fiducia in Dio. Provvidenza significa che Lui un disegno l’ha fatto e lo sa portare a termine, l’esito sarà certamente positivo, non secondo schemi umani, culturali.

“L’ottimismo non è un fatto psicologico, ma la certezza di essere su una roccia. “Molti dicono che la situazione in Italia è come nel dopoguerra, si tratta di ricostruire e si costruisce solo con vitalità, con passione.

In noi cristiani c’è una sorgente, una fonte, una base che è la fede; si richiede vitalità, speranza cose che si hanno mettendosi davanti a nostro Signore e radicandosi in Lui e basta! L’essenziale è la santità. O la santità o l’inferno, non si discute! O ci facciamo santi, sul serio davanti a Cristo, è Lui che guida la storia. È Lui, la Provvidenza che indirizza tutto verso un fine di certo positivo, perché Lui ha trionfato, ha vinto e noi proclamiamo la sua vittoria per sempre… Incoraggio tutti a guardarci dentro perché abbiamo davvero un tesoro strepitoso, siamo grandi privilegiati, cioè amati da Dio, prescelti prediletti, inviati e questo è un dono straordinario, superlativo al quale indirizzo tutti noi a ritornare, a riprendere questo fuoco che è lo Spirito Santo in noi”.

L.P.

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