Diocesi / Il 12 febbraio ad Acireale il Giubileo dell’ammalato. Maltese: “Chiediamo all’amministrazione comunale di garantire i diritti dei cittadini”

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Venerdì 12 febbraio, si svolgerà nella Diocesi di Acireale il Giubileo dell’ammalato e del sofferente. In questa giornata saranno presenti diverse associazioni.
Abbiamo parlato con Orazio Maltese, dirigente della Misericordia, associazione di volontariato che collabora Locandina_Giubileo_Ammalato_2016all’organizzazione di questo evento. In occasione del Giubileo dell’ammalato, l’associazione intende esortare, mediante una lettera  che sarà inviata nei prossimi giorni, l’amministrazione comunale, affinché si faccia uno studio e un’analisi dei bisogni di Acireale per garantire i diritti costituzionali dei cittadini.

– Cosa si farà durante la giornata del Giubileo dell’ammalato? Cosa chiedete all’amministrazione comunale?

«Alle 15,30, nella Basilica dei Santi Pietro e Paolo, si farà l’accoglienza dei malati e verrà proiettato un filmato su Lourdes. Diverse associazioni di volontariato presteranno servizio di accoglienza degli ammalati che saranno trasportati dall’ Aias, dalla Croce Rossa e anche da mezzi di vari istituti dalla Diocesi per confluire nella Cattedrale, dove ci sarà l’autorità civile e sarà celebrata la messa apposita per gli ammalati dal vescovo Antonino Raspanti; alle 18 la manifestazione finirà. In quel giorno si estrinsecherà un richiamo alla solidarietà che noi, associazione di volontariato, stiamo cercando di far tradurre anche in una esortazione nei confronti delle istituzioni. Noi non pensiamo di risolvere i problemi attraverso una giornata dedicata agli ammalati, però possiamo fare l’advocacy, cioè la difesa dei diritti della persona malata. Anche dire ″della persona malata″ è in qualche modo un riconoscimento alla dignità dell’uomo perché è l’uomo che è ammalato, non è l’ammalato in quanto tale. L’uomo, essendo ammalato, è portatore di bisogni, non necessita solo dell’assistenza socio – sanitaria ma anche dei diritti che la costituzione sancisce, quindi diritto alla cura, alla salute, alla integrazione sociale, allo sport, ed essere cittadino e a vivere pienamente la sua condizione con i suoi bisogni. A questo deve pensarci l’istituzione che, attraverso i soldi delle nostre tasse, ha l’obbligo di garantire i diritti costituzionali. Noi stiamo esortando le istituzioni, il sindaco, chiediamo di poter partecipare con una delegazione alla prima seduta del consiglio comunale. Inoltre, chiediamo al sindaco di attivare, insieme agli assessori e a tutto il consiglio comunale, le risorse economiche e umane per approntare una strategia in cui l’attenzione agli ammalati sia frutto di un’analisi dei bisogni del territorio, un coinvolgimento di tutti gli attori sociali per affiancare il servizio istituzionale con il servizio complementare e attuare quella rete di servizi per evitare che qualcuno rimanga escluso dal diritto alla salute e dal diritto alla cittadinanza».

– Cosa può fare concretamente l’amministrazione comunale?

«Innanzitutto fare un’analisi dei bisogni, uno studio che a mio avviso sarebbe opportuno fare attraverso l’università di Catania – laureandi e dottorati di ricerca – di quelle che sono le criticità sociali del territorio in termini di esclusioni sociali, povertà, disagio giovanile, disagio psicologico, conflittualità delle famiglie. Con questo studio sarà possibile conoscere le cifre delle persone che non vanno a scuola, delle persone bisognose e destinare le risorse economiche ed umane affinché questi bisogni trovino una giusta risposta istituzionale e sociale. Le istituzioni , da sole, non ce la fanno. Al momento manca questo studio, non sappiamo quante famiglie povere ci sono. Credo lo sappia più la Caritas che il comune, ci sono pochi assistenti sociali. Il bilancio, che viene destinato ogni anno dal consiglio comunale, è assolutamente sottodimensionato rispetto a quelle che sono le reali esigenze. A mio avviso, c’è sempre stata una volontà politica di non conoscere esattamente le cifre dei disagi. Nella lettera chiediamo anche che l’assistenza non sia mero assistenzialismo, ma sia un riconoscimento universale dei diritti e dei bisogni. Fino ad oggi, le politiche sociali precedenti anche attraverso i patronati, hanno fatto sì che l’erogazione del servizio non fosse un diritto ma un favore che si traduceva nella richiesta del voto al momento delle elezioni comunali. Chiediamo che ci sia una strategia, che si faccia uno studio dei bisogni del territorio e che i diritti vengano riconosciuti universalmente».

Graziella De Maria

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