“Sento il desiderio di spingervi a non rimanere più nel pianto della morte, ma a esultare nel gaudio dello Spirito”. Pubblichiamo il Messaggio di Pasqua 2015 del vescovo di mons. Antonino Raspanti rivolto alla diocesi, pubblicato dal sito della diocesi acese lunedì 30 marzo.
Cari fratelli e sorelle in Cristo,
portate con gioia l’annunzio pasquale, antico e sempre nuovo: CHI CERCATE? IL CROCIFISSO? NON È QUI, È RISORTO! Rallegratevi in Colui che è risorto dai morti. Sento il desiderio di spingervi a non rimanere più nel pianto della morte, ma a esultare nel gaudio dello Spirito. Sappiamo che non c’è attorno a noi la vera pace in Cristo, ma la fede ci invita a riceverla da lui e a diffonderla,
incoraggiando chi non riesce a liberarsi dagli attacchi del demonio o dalle schiavitù delle proprie miserie morali. “Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!”. La vittoria è quella tomba vuota, dove non troveremo più Gesù crocifisso e da dove l’umanità anela a uscire sebbene non trovi la via. Cristo risorto è la via!
Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Prepariamoci a ricevere da Cristo la salvezza e la pace, sapendo che il nostro tesoro è in cielo, ma viene incessantemente nel cuore di chi lo accoglie già sulla terra. È tempo perciò, carissimi, di abbandonare le vecchie vie, le solite abitudini mentali, le paure, gli indugi, rompendo con peccati e vizi di ogni genere. Noi siamo liberi e siamo chiamati a far udire annunzi di pace e di misericordia, contando con piena fiducia sulle sue parole e sulla sua vittoria. Occorre svegliare la nostra fede, essere audaci e creativi, come instancabilmente ci ricorda Papa Francesco: «Ora che la Chiesa desidera vivere un profondo rinnovamento missionario, c’è una forma di predicazione che compete a tutti noi come impegno quotidiano … Benché questi processi siano sempre lenti, a volte la paura ci paralizza troppo. Se consentiamo ai dubbi e ai timori di soffocare qualsiasi audacia, può accadere che, al posto di essere creativi, semplicemente noi restiamo comodi senza provocare alcun avanzamento e, in tal caso, non saremo partecipi di processi storici con la nostra cooperazione, ma semplicemente spettatori di una sterile stagnazione della Chiesa» (EG 127-129).