La Chiesa Universale celebra i santi martiri nella ricorrenza del ‘dies natalis’, cioè nel giorno del martirio, che essi affrontarono per sfuggire alle persecuzioni decretate, nei primi secoli dopo Cristo, dagli imperatori romani contro coloro che si professavano cristiani e, nella consapevolezza che coloro che uccidevano il corpo nulla potevano contro l’anima e che, comunque, la vita terrena è una realtà transeunte verso la vita eterna, rifiutavano di tributare il culto agli dei pagani.
I vari studi agiografici compiuti nel corso dei secoli hanno consentito di conoscere moltissimi Santi ma, soprattutto per quelli appartenenti ai primi secoli dell’era cristiana, non di rado è carente quella documentazione che possa suffragarne persino l’esistenza certa in vita. Seppure nel campo agiografico ci si muova con non poche difficoltà, è certo che il santo martire si scommetta interamente per la diffusione del Verbo divino, come ha fatto sant’Apollonia, la cui festa si celebra il 9 febbraio nella parrocchia ‘San Michele Arcangelo’ di Acireale. La santa, compatrona della comunità, è ivi venerata attraverso una seicentesca tela di Giacinto Platania ed una statua settecentesca. Di lei è attestato che si tratti di una vergine e martire del terzo secolo dopo Cristo che, nativa di Alessandria d’Egitto, subì il martirio nell’anno 249 d.C.
Il martirio è oggetto di un testo che, corredato da una ‘Novena’ e da una ‘Supplica’ alla Santa e redatto nel 1929 dal fondatore del Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei nonché studioso di agiografia cristiana, Beato Bartolo Longo, riferisce delle crudeltà consumate secondo gli ordini degli imperatori romani contro i cristiani, interamente depredati dei propri beni e, tuttavia, incuranti del pericolo per la propria vita, purché conservassero intatto l’unico vero tesoro: l’indefettibile fede nell’unico Dio vivo e vero. Come altri santi (tra cui il diacono Lorenzo), sant’Apollonia si offre spontaneamente alla morte, compiendo un’azione che deve essere oggetto di ammirazione ma non di emulazione; da sé medesima, infatti, si getta tra le fiamme, terribilmente apprestatele dai carnefici, così facendo sorgere l’interrogativo se trattasi di suicidio o meno. Il dilemma è prontamente risolto, perché la Chiesa riconosce come martiri tutti coloro che si espongono alla persecuzione, a motivo della gloria di Dio il quale, con impulso particolare e straordinario, ha ispirato alcuni santi a presentarsi spontaneamente ai propri carnefici.
Nando Costarelli