Dopo l’approvazione della Camera nello scorso agosto, per la legge sull’oblio oncologico è arrivato ora il sì definitivo – e all’unanimità – da parte del Senato. Le nuove norme sanciscono “il diritto delle persone guarite da una patologia oncologica di non fornire informazioni né subire indagini in merito alla propria pregressa condizione patologica”. E questo “al fine di escludere qualsiasi forma di pregiudizio o disparità di trattamento”, come recita l’articolo 1 della legge.
Un provvedimento molto atteso per il suo contenuto di civiltà e per le sue concrete conseguenze a vantaggio di tante persone, in linea con la nostra Costituzione e con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e di altri accordi internazionali.
Il diritto all’oblio oncologico vale per l’accesso ai servizi bancari, finanziari e assicurativi (articolo 2), nel campo delle procedure per l’adozione (articolo 3) e nell’ambito del lavoro e dei concorsi (articolo 4).
L’articolo 5 disciplina alcuni tempi di attuazione – coinvolgendo le organizzazioni del Terzo Settore, peraltro chiamate in causa più volte nel testo della legge – prevede la nullità di eventuali clausole in contrasto con le nuove norme. E stabilisce che sia il Garante per la protezione dei dati personali a vigilare sulla loro applicazione.
Le nuove disposizioni della legge sull’oblio oncologico
Vediamo più nel dettaglio alcune delle nuove disposizioni.
“Ai fini della stipulazione o del rinnovo di contratti relativi a servizi bancari, finanziari, di investimento e assicurativi nonché nell’ambito della stipulazione di ogni altro tipo di contratto, anche esclusivamente tra privati, quando, al momento della stipulazione del contratto o successivamente, le informazioni sono suscettibili di influenzarne condizioni e termini – è scritto nell’articolo 2 – non è ammessa la richiesta di informazioni relative allo stato di salute della persona fisica contraente concernenti patologie oncologiche da cui la stessa sia stata precedentemente affetta. E il cui trattamento attivo si sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni alla data della richiesta. Tale periodo è ridotto della metà nel caso in cui la patologia sia insorta prima del compimento del ventunesimo anno di età”.
La legge esplicita anche il divieto di acquisire le informazioni “da fonti diverse dal contraente”. Qualora tali informazioni siano comunque nella disponibilità dell’operatore, esse “non possono essere utilizzate per la determinazione delle condizioni contrattuali”.
Per quanto riguarda le adozioni, in base all’articolo 3, le indagini “concernenti la salute dei richiedenti non possono riportare informazioni relative a patologie oncologiche pregresse quando siano trascorsi più di dieci anni dalla conclusione del trattamento attivo della patologia, in assenza di recidive o ricadut. Ovvero più di cinque anni se la patologia è insorta prima del compimento del ventunesimo anno di età”.
Nel testo dell’articolo 4, analogamente ai casi precedenti, si dispone che “ai fini dell’accesso alle procedure concorsuali e selettive, pubbliche e private, quando nel loro ambito sia previsto l’accertamento di requisiti psico-fisici o concernenti lo stato di salute dei candidati, è fatto divieto di richiedere informazioni relative allo stato di salute dei candidati medesimi concernenti patologie oncologiche da cui essi siano stati precedentemente affetti e il cui trattamento attivo si sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni alla data della richiesta”. Il periodo viene dimezzato “nel caso in cui la patologia sia insorta prima del compimento del ventunesimo anno di età”.
La legge fissa anche i doveri informativi nei confronti delle persone potenzialmente interessate e regola le modalità di comunicazione e di certificazione dei requisiti necessari, senza oneri per gli assistiti.
Stefano De Martis