Diritto alla vita: si aspetta il Senato

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Sono passati più di due anni da quel tragico 2 febbraio 2009, quando Eluana Englaro venne “eliminata” in seguito ad una sentenza della magistratura che consentì l’interruzione di alimentazione ed idratazione. Il fatto sollevò scalpore, si tentò di tutto, compresa l’emanazione di un decreto legge ad personam per salvarla, ma la corsa contro il tempo risultò vana. L’intento di bloccare la deriva eutanasica avviata con la sentenza che ha portato alla morte di Eluana è forse il principale motivo ispiratore del provvedimento legislativo che ha avuto un iter parlamentare lungo e tormentato. Dopo il primo passaggio in Senato si è impantanato per ben due anni alla Camera dove è stato esitato lo scorso 12 Luglio. Adesso è tornato in Senato da dove dovrebbe uscire entro breve tempo.

“Dovrebbe”, però, è il termine da usare perchè così come trasversale è stata l’approvazione alla Camera, altrettanto trasversale potrebbe risultare un rigetto al Senato. Non si può non prendere atto, infatti, anche non condividendone i contenuti, di quanto succede nella società civile. Marco Cappato dell’Associazione Luca Coscioni parla già di ricorso alla Corte costituzionale contro la legge in corso di emanazione perchè ritenuta iniqua. La vecchia e saggia battuta delle nostre nonne “quantu vali a saluti!” è ormai stata messa in cantina. Oggi si discute, e si fa propaganda, del diritto a morire. Nessuno parla più di diritto alla vita.

I diritti vengono ormai guardati al contrario: si parla di diritto a sopprimere un individuo, sia esso nascituro o anziano ammalato. La legge 194 la si guarda come la panacea per arrivare all’aborto, nessuno legge l’articolo 1 che testualmente recita “lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio”. È auspicabile una rapida approvazione della legge da parte del Senato mantenendo l’attuale impianto che parla di “Dichiarazione anticipata di trattamento (DAT)” in sostituzione dell’espressione “testamento biologico”. Parlare di testamento significherebbe ritenere che quelle che esprime il paziente siano volontà vincolanti che potrebbero persino giungere a minare il principio di indisponibilità della vita umana. Sono in molti nella società civile a ritenere concordemente la correttezza di questa nuova formulazione del testo della legge in discussione.

Ovviamente c’è anche chi dissente da questa impostazione lamentando, correttamente, che sono tanti anni che si attende una legge sul fine vita. Però dichiarano che il testo approvato dalla Camera lo scorso luglio è “incivile e inaccettabile, contaminato da imprecisioni scientifiche e irrispettoso dei valori costituzionali che affidano all’individuo libertà di scelta in campo sanitario”. Malgrado le violente contestazioni sulla materia, appare oltremodo logica la scelta del Parlamento di dichiarare “sostegno vitale” nutrizione ed idratazione. In moltissimi casi, infatti, questi atti non sono artificiali ma naturali anche in presenza di una conclamata situazione di stato vegetativo.

Leonardo Sorrentino

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