“L’impresa non è solo profitto, ma sviluppo, cultura, creatività”, questo è il messaggio controcorrente che ha voluto lanciare Il fattore umano. Lo spirito del lavoro, il documentario del regista milanese Giacomo Gatti sulle imprese di eccellenza italiane, che oggi è disponibile gratuitamente online, come rende noto un recente comunicato.
Aveva debuttato alla Festa del Cinema di Roma 2018, poi ha girato per mesi l’Italia dei festival, dei cineforum e dei circoli promossi dalle associazioni del Terzo Settore e durante il lockdown è stato proposto anche su TV2000.Il film, prodotto da Inaz – Osservatorio Imprese Lavoro in collaborazione con Fondazione Ente dello Spettacolo, racconta un’Italia fatta di imprese che credono nel futuro, che operano con passione, che sono attente alle persone e condividono un senso di responsabilità verso la società. Concetti davvero importanti e che per questo ci sembrano quasi utopie in un’epoca in cui la finanza e le nuove tecnologie sembrano scalzare il fattore umano dal centro dell’economia, ma la convinzione del regista del film Giacomo Gatti, autore con Elia Gonella – rivelata nella nota di stampa – è che esistono uomini e donne capaci di fare la differenza perché sono loro le mani e i cervelli delle imprese italiane e le loro storie meritano di essere raccontate attraverso il linguaggio del cinema.E Gatti lo fa con semplicità ed efficacia attraverso i dieci capitoli del film, ognuno dei quali ci svela elementi basilari del fattore umano che caratterizzano la buona riuscita dei progetti lavorativi. Dal Trento, passando per l’Umbria, fino ad arrivare a Napoli, grazie alla potenza del racconto per immagini, le storie che il regista ci propone sono realtà che ci coinvolgono pienamente e che si propongono quale esempio autentico da seguire, più che mai, in questo momento di ripartenza: un modo di fare impresa che mette insieme risultati economici e attenzione alle persone, diventando così vero motore di sviluppo, anche sociale.
L’impresa meccanica che costruisce trattori, ad esempio, dove non ci sono macchinari ma solo gli uomini e le loro mani, perché certe operazioni, certe rifiniture nessuna macchina saprebbe farle meglio e la caratteristica umana aggiunta è che ognuno lo farà in modo diverso. Così facendo ciascuno ha una sua parte nel processo produttivo mettendo, in questo modo, quella parte di sé nel prodotto stesso che verrà poi venduto e quindi viaggerà in giro per il mondo.
Anche i grandi vigneti del pinot grigio ci raccontano una storia di passione e di cura; essi, infatti, suddivisi in piccole parti, di pochi ettari vengono affidati ai singoli dipendenti che li curano come fossero giardini privati. E che dire del pastificio napoletano che tiene conto del valore del legame generazionale e di quanto esso incida positivamente sulla qualità dell’operato o dell’esperienza di Don Loffredo, che nel Rione Sanità ha dato una risposta ai giovani disoccupati gestendo la riapertura delle Catacombe e attirando centomila visitatori?Come spiega mons. Davide Milani, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo, si tratta di una concezione di impresa dove al centro c’è l’uomo considerato integralmente, nella totalità del suo essere, non solo come forza lavoro da impiegare e rispettare, un ambiente di lavoro ove ciascuno si sente coinvolto in un progetto cui tutti sentono di poter dare il proprio contributo originale. In questo tipo di impresa, di comunità, ciascuno è ascoltato, accolto, valorizzato e diviene prezioso per tutti. Lo sguardo positivo del regista Gatti sulle storie narrate ha, infatti, colpito la Fondazione che molto volentieri ha collaborato alla realizzazione e alla comunicazione di questo film ancora più attuale oggi, in cui si è costretti a fare i conti con il lavoro sempre più individualizzato, da casa, a distanza.
Patrocinato dalla Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, la pellicola, che si avvale della consulenza scientifica di Marco Vitale, oggi è diventata anche un libro.
Cristiana Zingarino