Don Salvatore Pappalardo: “Essere maestri di vita vuol dire parlare poco e ascoltare molto”

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Il sacerdote prof. Salvatore Pappalardo, nato ad Acicatena nel 1920, – socio dell’Accademia di Scienze, Lettere e Belle Arti degli Zelanti e Dafnici di Acireale, commendatore al merito della Repubblica, narratore, docente e poi preside in Istituti statali, – vive un’intensa vita culturale, in particolare, quale socio dell’associazione Federico II; ogni domenica, celebra la santa Messa secondo il rito liturgico latino nell’antica chiesa acese di Sant’Antonio da Padova.  Ascoltiamo dalla sua viva voce la sua lunga esperienza di educatore d’intere generazioni. “Nel ’43 ordinato sacerdote, sotto le raffiche degli aerei inglesi, a Santa Maria Ammalati, dati i tempi difficili del capovolgimento della realtà, dovetti rinunciare allo studio della teologia a Roma. Il vescovo, mons. Russo mi diede l’opportunità di conseguire la maturità classica al liceo “Gulli e Pennisi” e  m’impose di iscrivermi all’Università Cattolica di Milano, dove, entrato nell’orbita della cultura classica, mi appassionai alla letteratura e mi laureai in lettere nel 1950 con un professore laico; in seguito mi specializzai in filologia romanza e moderna con una nuova tesi.

 All’Università di Catania seguii dei corsi di “Tradizioni popolari” con la prof. Naselli. Dal 53 agli anni Ottanta insegnai al seminario di Acireale. Il rettore, mons. Giosué Russo avrebbe voluto che diventassi prof. di Religione, ma il vescovo mi indirizzò all’insegnamento letterario nelle scuole statali, avendone anche l’abilitazione. Era questo il mio desiderio. Feci i concorsi, ma non volendo cattedre lontano da Acireale, il vescovo Russo inviò una lettera di raccomandazione al ministro della P.I. Gui, che mi destinò all’istituto Commerciale di Acireale, al primo anno d’istituzione, dove  eravamo in cinque sacerdoti. I ragazzi dicevano che era “meglio di un collegio”. Fatto il concorso a preside, e superatolo, nel 1979, fui assegnato a Randazzo per tre anni, poi scelsi di andare al commerciale “Gemmellaro” di Catania, rimanendovi dieci anni”.

Quali le motivazioni per la scelta di Istituti statali?

“Per un senso di sicurezza sia economico sia di stato sociale; avevo la possibilità di svolgere la pastorale scolastica, per cui il vescovo Russo mi nominò consulente ecclesiastico dell’UCIIM, per molti anni. Fui anche assistente provinciale a Catania.”

 Quali i metodi educativi?

 “Essere maestro di vita. Parlare poco, ascoltare molto, verificare sempre. All’istituto “Gemmellaro”, che aveva avuto docente Attilio Momigliano e alunno Federico De Roberto, trovai il bassorilievo di Mario Rapisardi in un angolo del cortile: lo collocai all’ingresso della presidenza. Cercavo d’incanalare gli alunni verso obiettivi positivi di vita civica, educandoli a diventare cittadini cristiani. Verso l’86, Dario Merlino ricevette a Roma il premio dell’alunno più buono d’Italia, ricevuto dal Papa e dal Presidente della Repubblica.”

1 COMMENTO

  1. Ottimo docente, conservo un ricordo indelebile. Ogni volta che leggo “I Malavoglia” di Verga, percepisco, ancora oggi nettamente la sua voce. Mi ha fatto amare la letteratura. Carmelo Torrisi

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