Con malizia, nella immaginazione collettiva, Teresa Noce è definita con i tre aggettivi “brutta, povera e comunista”. Poverissima, poi nella clandestinità della lotta antifascista e della guerra di Spagna chiamata Estella, era comunista e rivoluzionaria di professione. Nell’autobiografia si definì “una giovane senza sole”, costretta a lavorare per mantenere la sua famiglia, abbandonata dal padre fin dalla sua tenera età.
Teresa Noce il 29 luglio del 1900 nacque a Torino da Pietro e Rosa Biletta. Costretta precocemente a lasciare la scuola e a rinunciare al sogno di fare la maestra, si formò da autodidatta attraverso la lettura dei quotidiani torinesi e dei romanzi del realismo socialista. Lavorò, inizialmente, come stiratrice e in seguito, alla “Fiat Brevetti”.
A contatto con gli operai apprese i primi rudimenti sindacali e sviluppò una spiccata coscienza politica. Partecipò alle manifestazioni contro l’ingresso dell’Italia nella Prima guerra mondiale, prese parte alle occupazioni delle fabbriche durante il «biennio rosso».
Dopo la morte della madre e quella del fratello, si ritrovò sola e dell’impegno politico fece la sua ragione di vita. Nel Partito socialista italiano impegnò le sue risorse, dando vita nel 1919, con altri compagni, al Circolo giovanile socialista torinese. Fu nel Pci dalla sua nascita avvenuta a Livorno nel 1921.
Redattrice del “Foglio”
Dalle pagine del “Foglio” del quale Estella è la redattrice, fece sentire la voce delle donne lavoratrici, rivoluzionarie, studentesse e quante si occupavano di economia domestica, fino al 30 novembre del 1923. Espatriò nel 1926 con il marito Luigi Longo, prima in Unione sovietica, la patria della rivoluzione socialista, dove Teresa Noce frequentò la scuola leninista «Zapada», poi in Francia.
Nel giugno del 1931 organizzò lo sciopero, a tutela delle lavoratrici, per la parità del diritto al lavoro e al giusto compenso economico. Fu nel 1936 in Spagna, insieme a Giuseppe Di Vittorio e ai cosiddetti garibaldini era in trincea, lottò accanto agli antifascisti spagnoli.
Successivamente, come redattrice, curò la pubblicazione de “Il volontario della libertà”, giornale degli italiani nelle Brigate internazionali. A quegli stessi anni risale la stesura del suo primo romanzo “Gioventù Senza Sole”.
La propaganda fascista nel frattempo si faceva sempre più spietata; il 2 settembre 1936, su “Roma fascista ”il gerarca Arcovaldo Bonaccorsi scriveva: “La commedia del non intervento è finita. Per noi non era mai cominciata. Il fascismo è di nuovo in linea. Noi combattiamo in Spagna, che attualmente è il settore più vivo della nostra guerra, che dura già da 17 anni. Oggi Franco è il capo della rivoluzione che tutto rende sorella alla nostra rivoluzione. E noi siamo idealmente, spiritualmente e materialmente, con le armi alla mano, in formazione di combattimento con lui e con i suoi legionari”.
Alla provocazione fascista dell’appoggio militare alle truppe di Franco, fu proprio Estella che ribatte dal suo giornale: “Oggi i compagni spagnoli chiedono a noi un nuovo contingente di quadri. Chiedono 1000 compagni, in pochi giorni sono più di 700 i compagni che si sono offerti per combattere a fianco dei fratelli spagnoli. Questo dimostra di quale acciaio il Partito comunista ha saputo temprare i suoi quadri”.
Internata nel campo di Rieucros
In Francia, allo scoppio della seconda guerra mondiale, la accolse da internata il campo di Rieucros, lo stesso che ospitava Anita Contini, Anna Maria Montagnana, Elettra Pollastrini, Baldina Di Vittorio. Una volta liberata, avrebbe dovuto ricongiungersi ai figli a Mosca, ma per le avvenute variazioni di alleanze militari, non potè farlo. Restò così a Marsiglia, dove, per il Partito comunista francese, diresse il “Moi”, l’organizzazione degli operai immigrati.
Da Parigi, con Giuseppe Di Vittorio, diresse l’azione della Confederazione generale del Lavoro clandestina, scriveva su giornali di propaganda comunista e organizzava politicamente le donne, ponendo le basi per la creazione dell’Unione Donne Italiane.
Arrestata a Parigi all’inizio del 1943, venne deportata, nel lager di Ravensbrück in Germania, poi in Cecoslovacchia, dove a Holleischen lavorò in una fabbrica di munizioni. Qui Estella celebrò nel 1945 la prima festa dell’8 marzo.
Nonostante quanto fatto prima della Grande Guerra, alla quale poi partecipò come clandestina. Nonostante le grandi sofferenze tra carcere, lager e lavori forzati, “collezionandone sette anni”, la sua figura, nell’opinione pubblica, è rimasta sempre in ombra.
La moglie brutta di Luigi Longo
Fu redattrice di giornale, segretario nazionale del sindacato dei tessili. Teresa Noce era bersaglio dei sarcasmi maschilisti, identificata sempre come la moglie, brutta, di Luigi Longo. Eppure era entrata a far parte della direzione nazionale del Pci (Partito comunista italiano). Ebbe tre figli: Luigi Libero, “che nacque nel 1923, mentre il padre era in carcere a San Vittore dove era stata rinchiusa anche lei, arrestata per la prima volta, e poi rilasciata per mancanza di prove, pochi giorni prima del parto”, Pier Giuseppe, morto ancora in fasce, e Giuseppe detto Putisc.
Pensando che i gruppi sono la massima espressione di organizzazione femminile, iniziò a creare una rete di assistenza solidale alle famiglie dei deportati, dei carcerati e dei caduti, contribuendo a sostenere le famiglie nella vita quotidiana e nelle fabbriche, nelle scuole, nelle campagne.
I “Gruppi di difesa” vennero ufficialmente riconosciuti dal Cdl (Comitato di liberazione nazionale) dell’Alta Italia nella primavera del 1944. Provenivano proprio dai Gruppi delle donne le prime richieste di genere al Governo: la prima è dell’ottobre 1944, con la quale le donne chiedevano a gran voce di entrare a far parte del corpo elettorale. E sollecitavano non solo il diritto di voto attivo, ma anche quello passivo, cioè rivendicavano anche il diritto di entrare in Parlamento.
E’ così che Teresa Noce diventa capolista in due circoscrizioni elettorali, Modena-Reggio e Parma-Piacenza, per il PcI, venendo eletta in entrambe. Fu una campagna elettorale molto faticosa, sempre in giro in macchina, sempre a parlare in comizi elettorali. Ma la votano persino le suore. Infatti in una sezione, il numero delle preferenze per lei avevano superato quelli degli iscritti ‘civili’ nelle liste elettorali.
Eletta tra le 21 donne dell’Assemblea Costituente
Alle prime elezioni libere, del 2 giugno 1946 Teresa Noce fu tra le 21 donne elette all’Assemblea Costituente. Risultò la prima degli eletti alla Costituente della sua circoscrizione e una delle più votate del Pci a livello nazionale. Per la sua indiscussa preparazione, fu chiamata, come componente della commissione dei 75, “solo 5 furono le donne”, incaricata di redigere gli articoli della nascente Costituzione italiana.
Eletta in Parlamento, dal 1948 al 1958 alla Camera dei deputati si segnalò quale promotrice per i diritti delle donne. Nel 1948 fu la prima firmataria della proposta di legge per la “Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri”, che prevedeva, tra l’altro, i permessi di lavoro retribuiti a partire dalla gestazione in atto e il divieto di licenziamento delle donne incinte e dei lavori usuranti. Nel 1950, insieme con Maria Federici, propose la legge che prevedeva eguale salario per eguale lavoro per donne e uomini.
Teresa Noce all’attività istituzionale affiancò sempre quella sindacale e, dal 1947 al 1955, diresse il sindacato tessile della Cgil, che aveva, sede nazionale alla Camera del Lavoro di Milano. Fu pioniera della rivendicazione della parità salariale.
Un matrimonio fallimentare
Tra il 1948 e il 1949, stanca delle avventure amorose del marito, lasciò la casa romana e si trasferì a Milano, dove poteva occuparsi più da vicino del sindacato, di cui era segretaria; chiese la separazione consensuale, anche per evitare pettegolezzi deleteri per il partito.
Fu nel 1953 che scoprì (sic!), da un articolo pubblicato sul “Corriere della Sera”, che “Luigi Longo e Teresa Noce avevano ottenuto a San Marino l’annullamento del loro matrimonio”. Allora il divorzio in Italia non era ammesso, per questo l’annullamento del matrimonio civile veniva richiesto all’estero e poi lo si faceva trascrivere in Italia.
Ingenuamente, Teresa Noce pensò che suo marito, non avrebbe certo fatto una cosa del genere, senza nemmeno parlarne con lei e inviò al giornale, “dopo aver chiesto inutilmente che fosse il Partito a farlo” una smentita. Poi dovette accertare che era tutto “vero” e che il marito aveva falsificato la sua firma.
Da questo fatto, che la prostrò non poco psicologicamente, iniziò la sua parabola discendente. La direzione del Pci non aveva gradito che avesse reso pubblica, con la sua smentita, una vicenda privata. I compagni, con i quali aveva condiviso anni di lotte avallarono di fatto il comportamento di Longo e fu lei, alla fine, ad essere messa sotto accusa e ad essere espulsa dal comitato centrale.
Ciò le procurò un trauma che definì “grave e doloroso più del carcere, più della deportazione”. Non venne più ricandidata e qualche anno dopo abbandonò anche l’incarico sindacale, allontanandosi gradualmente dalla vita pubblica.
Nel 1974 la sua autobiografia
Nel 1974 pubblicò, la sua autobiografia, “Rivoluzionaria professionale” dove raccontò, insieme alla sua storia personale, la vicenda del Partito comunista italiano dalla sua fondazione.
“Qualcuno – scrisse nel libro – dice che adesso ringiovanisco. Forse è così. Forse, non essendo più legata a precise responsabilità che mi condizionano, mi sento più libera. Ma se è vero che ringiovanisco, chissà che tra dieci anni non chieda ancora una volta la tessera d’iscrizione alla Gioventù Comunista!”- scrisse di sè.
Morì a Bologna, all’età di 79 anni, il 22 gennaio 1980. Nel 43° anniversario della morte di Teresa Noce, vuole essere ricordata come la più grande rivoluzionaria sul campo che la storia ci ricordi. Non voglia essere una provocazione, nè un confronto, ma può essere definita, a ragione, la “Che Guevara al femminile della rivoluzione per i diritti e la libertà”.
Di lei Giulio Valiani, scrive: “Giunto a Parigi nel marzo 1936, fui presentato a Luigi Longo e a Teresa Noce, Estella. Mi accolsero con viva cordialità e mi misero subito al lavoro nel settimanale il “Grido del Popolo”, che Estella dirigeva. Da Estella imparai, e gliene sarò sempre grato, come si devono redigere le cronache delle lotte operaie e delle occupazioni delle fabbriche. Come si deve scrivere per essere capiti dagli operai”.
Teresa Noce fu un esatto profilo di donna pienamente consapevole della necessità di non voltarsi mai dall’altra parte di fronte alle aggressioni ai diritti e alle libertà. Un esempio di vita, di coerenza e di impegno democratico per le nuove generazioni.
Giuseppe Lagona