DOPO TORINO/4 Anche la Caritas fra le aziende “family friendly”

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giornata famiglia 4Si tratta di una certificazione a cui provvede l’Agenzia attivata dalla Provincia Autonoma di Trento su incarico, a livello nazionale, della presidenza del Consiglio. Il certificato viene rilasciato ad aziende che si impegnano ad adottare politiche di gestione del personale innovative, orientate al benessere e ai bisogni di “conciliazione” tra famiglia e lavoro dei propri dipendenti.

“Per le imprese favorire la conciliazione tra famiglia e lavoro è un vantaggio, perché produce benessere. E dove c’è benessere, si lavora meglio”: è questo lo slogan che incontriamo quando apriamo il sito internet www.familyaudit.org, che fa capo alla Provincia Autonoma di Trento.

 La parola “audit” è legata al mondo dell’economia e delle imprese e significa primariamente “revisione”: si parla di revisione contabile o amministrativa allorché si procede all’analisi dettagliata di bilanci, scritture, decisioni dei consigli di amministrazione e così via. Ma qui siamo davanti a una curiosa novità lessicale: “revisione della famiglia”, o anche “controllo-famiglia”, cosa significherà mai? La risposta la si trova giusto nel sito dell’organismo trentino, nato nell’ambito delle politiche familiari messe in atto dalla provincia per rendere la vita alle famiglie quanto più sostenibile possibile: le procedure di audizione sono rivolte ad aziende di ogni tipo (pubbliche e private, piccole e grandi, industriali e di servizio) che intendono conseguire un “certificato” di aziende “family friendly”, cioè amiche della famiglia. In che modo? Con quali percorsi? Chi lo ha fatto finora? In questo servizio cerchiamo di rispondere poggiando sulla testimonianza di una delle responsabili trentine del servizio, Lucia Klaus, e del responsabile presso la Caritas Italiana a Roma del gruppo di lavoro interno per la certificazione (già ottenuta qualche mese fa e ora da “implementare”), Giuseppe Dardes.
giornata famigliaDa Trento un servizio rivolto a tutta l’Italia. Anzitutto, da Lucia Klaus, qualche pensiero su cosa sia il “Family Audit”. Il certificato viene rilasciato ad aziende che si impegnano ad adottare politiche di gestione del personale innovative, orientate al benessere e ai bisogni di “conciliazione” tra famiglia e lavoro dei propri dipendenti. Spiega Klaus che l’organizzazione che utilizza il “Family Audit” innesca “un circolo virtuoso di miglioramento continuo, introducendo innovazioni organizzative e di servizio che si rivelano competitive su ambiti quali i tempi del lavoro e la flessibilità di orari, i servizi che l’azienda può offrire o favorire, la flessibilità contrattuale per venire incontro a determinate esigenze particolari”. Non c’è limite dimensionale o di tipologia lavorativa per chiedere il certificato e possono candidarsi aziende di ogni parte d’Italia perché l’Agenzia trentina ha ottenuto negli anni scorsi il mandato di sperimentare la procedura su scala nazionale da parte della presidenza del Consiglio dei ministri, specificamente dall’allora sottosegretario per le politiche familiari Carlo Giovanardi. Ecco quindi che già più di 75 realtà hanno ottenuto la certificazione, tra di esse l’Autostrada del Brennero, numerose cooperative sociali o economiche e produttive a partire dalla Federazione Trentina della Cooperazione, vari comuni e la stessa Provincia di Trento, la Trentino School of Management, numerose banche e casse rurali. E ancora l’associazione Action Aid, il comune di Palermo, l’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr, l’Atm (Azienda Trasporti Milanesi), la provincia di Cagliari, l’Azienda Lombarda Edilizia Residenziale, la Uil del Trentino e la Caritas Italiana. Di quest’ultima, in particolare, ci siamo interessati, scoprendo quanto scritto qui di seguito.
L’esperienza della Caritas e le prime proposte. “Il ‘Family Audit’ è un ‘gioco win-win’”: questa frase un po’ misteriosa, con molti inglesismi, è di Giuseppe Dardes, responsabile dell’Ufficio solidarietà sociale della Caritas italiana, esperto di formazione e incaricato di coordinare il gruppo di lavoro interno che attuerà, nei prossimi tre anni, gli interventi “family friendly”, per i dipendenti (40) e i collaboratori (10), della Caritas Italiana. Perché “win-win”? Perché vincono tutti e due, azienda e dipendenti. Dardes spiega che Caritas in qualche modo è già all’avanguardia nei provvedimenti per la famiglia: offre un asilo per i figli dei dipendenti aperto anche al territorio, dà un “piccolo assegno” (60giornata famiglia 5 euro mensili) in busta paga per ogni figlio a carico. “Ma con il ‘Famil Audit’ il discorso si è fatto più ricco ed articolato – spiega – perché da quando abbiamo ottenuto la certificazione sono partiti tanti discorsi nuovi, non sempre facili, ma di sicuro promettenti di buoni sviluppi”. Così si sta lavorando sulla flessibilità degli orari con un piano che terrà conto di tutte le esigenze; per alcuni dei dipendenti, laddove è possibile, si passerà al telelavoro da casa evitando così inutili spostamenti e perdite di tempo e serenità personale; sono previsti specifici corsi di formazione per i dirigenti; si pensa all’avvio di ‘servizi di prossimità” quali l’acquisto on-line con consegna in sede della “spesa alimentare” e altro, evitando al dipendente di correre al supermercato per gli acquisti domestici. Il direttore generale della Caritas, don Francesco Soddu, dice che “la ‘famiglia-Caritas’ non può coordinarsi con le famiglie vere senza la dimensione offerta dal ‘Family Audit’, cioè di attenzione vera e concreta ai bisogni delle famiglia dei propri dipendenti. Del resto ‘caritas’ significa la presenza di Dio che è amore in maniera disinteressata presso gli uomini, e quindi perché non anche partendo dalla ‘armonizzazione’ tra famiglia e lavoro di chi con noi, qui alla Caritas, offre questo servizio al Paese a nome della Chiesa Italiana?”. Dardes, dal canto suo, aggiunge che “cercheremo di approfondire, direttamente sulla nostra ‘pelle’, perché è strategico puntare su una centralità della famiglia nella azienda-Caritas, per dimostrare ulteriormente il valore e la centralità della famiglia a livello sociale”.

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