Dramma in musica / “Abigaille” di Vincenzo Tobia Bellini in onore della Madonna della Catena

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Abigaille

230 ANNI FA AD ACI CATENA L’ABIGAILLE DI VINCENZO TOBIA BELLINI.
RIEVOCAZIONE DEL “MORTORIO DI JACI E LU DIALUCU DI CATINA”.

Il 230° anniversario dell’Abigaille di Vincenzo Tobia Bellini (1793-2023), dedicato alla Madonna della Catena, è l’occasione per rievocare un genere antico, quello dei Dialoghi o delle Azioni Sacre, che affonda le sue origini in epoca medievale. Questi si ispirano alla Laude
Drammatica, prima forma di rappresentazione teatrale della letteratura italiana che si arricchirà della musica e del canto.

David e Abigail
Guido Reni – David and Abigail – olio su tela, cm 153 × 161, ca. 1615–1620. Museo delle Belle Arti – Budapest).

Vincenzo Tobia Bellini (Torricella Peligna, 11 maggio 1744 / Catania, 8 giugno 1829), nonno del noto compositore della Norma, maestro di Cappella di Napoli, a Catania, e in Acireale nel 1774, fu organista e maestro stabile di cappella in Misterbianco, fino alla morte.

Nella fattispecie, L’Abigaille è destinata all’ambito territoriale di Aci Catena e fa parte di quella letteratura poetica e drammatica che, in gran parte, Acireale ha il privilegio di conservare nelle sue principali Biblioteche e nei suoi esclusivi Archivi, e di tramandare ai posteri.

Dal XVII e XVIII secolo, fino alla prima metà del XIX, era in uso rappresentare delle vere e proprie azioni sceniche, dette Drammi o più comunemente Dialoghi, sui sagrati (negli “atrii” delle chiese), o in modo particolare davanti alle Logge della Casa del Governo del Magistrato di Città, il sindaco.

L’Abigaille. Dramma per musica in lode di Nostra Signora S. Maria della Catena […], ricorrendo il solenne festivo giorno del tre maggio 1793…da cantarsi nell’atrio della Ven. ed antica chiesa della Gloriosa S. Elena, e Costantino […] della città d’Aci SS. Antonio e Filippo […] è il titolo completo del dialogo di Bellini, che ha debuttato alla “Catina”.

Nel XVIII secolo, “Catina” era il quartiere in cui aveva sede la Magistratura municipale di Aci Sant’Antonio e Filippo. Il Dialogo ebbe luogo nella scalinata antistante il Convento dei Padri Riformati Minori, che già esisteva, e il Palazzo del Sindaco che pare si trovasse dove oggi è il Monumento ai Caduti. O si dica in Aci San Antonio e Filippo o si dica  in “Scarpi” (= scarpe, dove si facevano le; altro toponimo con cui era conosciuta “Catina”), nel caso delle “Aci Superiori”, le “Azioni sacre” in musica erano sempre dedicate alla Madonna, comun denominatore di un territorio che le era devoto e che aveva ancor più accresciuto la sua fede dopo la miracolosa benevolenza elargita dalla Madre celeste in occasione del Terremoto di Noto del 1693.

Non pare nemmeno casuale che l’Abigaille del Bellini “maestro di cappella” sia stato voluto e realizzato nel 1793, esattamente nel Centenario di quel terremoto, a ringraziamento della Vergine, così come ancora oggi si fa in piazza Matrice. O quando, incidentalmente, “o Chianu” [Piano Umberto di Aci Catena] si porti la Madonna, con la sua solenne e teatrale “trasuta”, per tributargli lì ogni omaggio. Dal 1694, l’11 gennaio è giorno di grande devozione e di amorevole riconoscenza, e il popolo tutto la invoca soccorritrice.

Se nel Settecento si mettevano in scena Dialoghi per rinverdire a tutti la potenza di Dio, dalle bibliche scritture, con l’esaltazione delle donne che afferivano analogicamente ad evocare la figura di Maria Santissima, dall’11 gennaio 1909, catenoti e pellegrini ne cantano le lodi con l’inno “Ci salvò”, parole di mons. Salvatore Bella (1862-1922) e musica di Giuseppe Monterosso (1866-1947), come ricordano Michele Pricoco e Fabrizio Càssaro.

La stessa “trasuta ‘o chiano […] – scrive Michele Pricoco – è una specie di sacra rappresentazione spettacolare, possibile solo per la struttura della piazza Umberto”, tale “da servire da proscenio e da platea nello stesso tempo”. Come non notare che le sue parole poco si discostano da quelle di mons. Salvatore Bella, che s’era prodigato già in altri particolari?

«Nella festa di Nostra Signora della Catena […] – scriveva mons. Bella a proposito del dialogo “Debora e Sisara” – la rappresentazione avea luogo nella pubblica piazza, il proscenio stendevasi per una cinquantina di passi, dall’antica Casa comunale sino a mezzo piano: serviva per la platea la larghissima strada che dal piano arriva alla chiesa del SS. Sacramento, per palchi i balconi ed i tetti delle case che la fiancheggiavano […]».

Vincenzo Tobia Bellini
(Vincenzo Tobia Bellini, maestro della Reale Cappella di Santa Venera di Acireale 1774Manoscritto dai Registri dell’Archivio Storico Comunale Musicale di Acireale).

Nell’età che intercorre tra i suoi trenta e cinquanta anni, Vincenzo Tobia Bellini fu chiamato ad Acireale per dirigere l’oratorio Il Sacrifico di Gefte, eseguito in piazza Duomo nel 1774, concertando la Reale Cappella di Santa Venera, mentre ad Aci Catena (quartiere di Aci San Filippo) gli fu commissionato, come sappiamo e ricordiamo, il dialogo Abigaille. […].

La sacra rappresentazione, di grande significato e di importanza storica, come esplicitato nell’intero titolo, fu propriamente data in prima assoluta ad Aci Catena, il 3 di maggio 1793, nella cosiddetta “chiesa dei Morti” (vetusta matrice o chiesa sacramentale dei SS. Elena e Costantino), e contribuisce ad attestare che le feste della Madonna della Catena non si sono tenute sempre negli stessi giorni o periodi dell’anno.

chiesa santi Elena e Costantino Aci catena
(Chiesa dei SS. Elena e Costantino, detta “Chiesa dei Morti” – Aci Catena (CT). Foto degli anni ’80 del 1900, restaurata dall’autore)

Consta di pochi personaggi e un piccolo gruppo di interpreti tra componenti del coro e comparse. Precisamente: Abigaille, moglie di Nabal e futura moglie di Davide, Nabal, Davide e Abisai, suo fedele consigliere, che fa l’ambasciata d’aiuto presso Nabal, il Coro, formato dai servi di Davide. La vicenda si svolge in un solo atto poiché tutto è snellito e ridotto dato che il principale scopo della rappresentazione è di esaltare, in analogia, le doti di Abigaille come doti di “Maria SS. della Catena”.

La rappresentazione di Aci Catena è data in uno spazio circoscritto e alla fine vi è un congedo che risulta essere una vera e propria invocazione alla “Vergine Eccelsa, e Pura”, detto “Licenza”, ma che appare risultare un “Coro”. Eppure, dal testo, scritto in prima persona, pare alzarsi la voce individuale del popolo penitente che si duole per aver voluto paragonare la storia di Abigaille, che è nonostante minima cosa, rispetto alla Grazia di Maria Santissima madre del Dio-Uomo, errando di aver voluto con questo accostamento come formare “Di lauri un Serto aurato”, a sua corona. Chiude espressamente l’Atto il “Coro” di soli 12 versi.

La Terra di Aci Superiore (nello specifico Aci Catena, per intenderci), eccelse in questa pratica, tant’è che divenne celebre per l’occasionale rappresentazione dei dialoghi, a tal punto che si diceva: «Mortoriu di Jaci e Dialucu di Catina». Come se fossero appuntamenti immancabili e da non mancare.

Tuttavia, Aci Catena o, per estensione o contrazione, Aci San Antonio e Filippo, non aveva un primato esclusivo su Dialoghi, Azioni Sacre e Oratori e nemmeno è posto il problema; invece è da constatare la complessità del fenomeno nel generale contesto delle allora Aci Superiore e Aci Inferiore, segnatamente agli stili e alle tendenze compositive.

Ad Acireale (l’Aci Inferiore) è testimonianza dell’attività della Reale Cappella di Santa Venera che, oltre ad assolvere alla sua funzione solenne di accompagnare la liturgia in cattedrale nelle solennità ufficiali e in occasione dei festeggiamenti della Santa, svolge un’intensa opera formativa e ricreativa con la messa in scena di veri e propri oratori che Zaccaria Musmeci qualifica espressamente come “dialoghi”, proprio nella fattispecie di quelli dati nelle località delle “Aci consorelle”, come d’uso le definisce. Anche il letterato e poeta, più insigne, Lionardo Vigo, dà ampia descrizione dei fatti musicali e teatrali del 1600 e del 1700, nella sua Storia di Acireale, e precisa che, “cessato il Mortorio”, nacquero “i Dialoghi figurati” . Ma procediamo con ordine.

Se mons. Salvatore Bella è incline ad esaltare Acireale per il Mortorio ed Aci Catena per i Dialoghi, il Musmeci, che attesta al VXI secolo l’inizio delle rappresentazioni sacro-drammatiche in Jaci, ritiene che “Acireale anziché primeggiare sulle altre città, ad esse poteva semplicemente equipararsi, stante che, più o meno quasi dappertutto aveva luogo simili rappresentazioni”.  Quindi dapprima afferma il contrario di Salvatore Bella che dà il primato ad Acireale per il Mortorio, mentre poi si sofferma a rilanciare che “qualche cosa doveva […] sempre distinguere” la sua patria, [Acireale] “come nella chiesastica, così nella musica profana […]” e “in certa guisa renderla superiore alle città consorelle”.

Orbene, la seconda nota mostra, invece, un pizzico di campanilismo e pare abbastanza evidente che reputa – comunque – il Mortorio di Jaci un evento sensazionale, che, già dal 1562 “e fin circa 1820”, come riferisce mons. Di Giovanni [citato da Musmeci], “chiamava annualmente un popolo immenso”.
Ad Acireale esisteva il “Mortorio” ma anche altre forme di rappresentazione e d’arte musicale, ma ad Aci Catena, ricorda Bella, “non esistevano altre usanze speciali, ma il Dialogo valeva per tutte”.

Zaccaria Musmeci è anche attento osservatore e critico della produzione di genere e per le evoluzioni avutesi nell’Ottocento, molto spesso ne criticava le innovazioni, sebbene l’esigenza di trasformazione e della rinnovata sensibilità del pubblico non arrestano processi di cambiamento.
Il genere sacro, difatti, si libera dagli antichi canoni dei retaggi medievali e rinascimentali, trabocca, invece, di quegli impasti timbrici e melodici che da “Cantata” si fanno “opera lirica”, con Cabalette, Cavatine, nella forma “canonica” tripartita del luogo (Inno, Preghiera, Cabaletta) o in quella quadripartita della sinfonia.

Aurelio Doncich, ad esempio, con maggiore possibilità di organico strumentale e vocale, nella Cantata per Santa Venera anticipa e prelude lo stile del coetaneo e amico Giuseppe Monterosso (che deve limitarsi a scrivere, al tempo, per media Banda), nei di lui Inni e Cantate. Doncich e Monterosso, quindi, determinano un modus operandi a cui molti a seguire si rifaranno.

Di questo inesorabile ma opportuno processo di sviluppo, non si sono perse le tracce nell’Ottocento, ma varcato il Novecento si sono radicate negli anni Duemila, tant’è che esse non sono avulse nel ferrato compositore, sacerdote Antonino Maugeri (1918-2008) che rappresenta, a mio avviso, l’arco ancora teso che vibra lo scoccare dell’arte.
La Cantata, nell’uso che se ne fa nelle odierne feste religiose, è superstite al Dialogo ed all’Oratorio.

Nella musicologia “siciliana” essa sopravvive dal Sette-Ottocento e si protrae a tutto il Novecento nelle forme devozionali e giunge fino a noi, con parole “sacre” e con musica “melodrammatica”. Ciò avviene in Aci Catena, Acireale e Città consorelle, Catania ed altri luoghi, dove annualmente viene data.

Tuttavia, per tutto questo fermento culturale, specie degli ultimi vent’anni, consta un impegno non indifferente di alcuni musicisti (maestri Salvo Miraglia, Filippo Sapienza fu Orazio, Riccardo Emanuele Sapienza fu Orazio, Pietro Valguarnera, Rosario Spoto, Giovanni Raddino, Paolo Cipolla, Filippo Sapienza – tromba –, Pierluigi Pennisi, organista in Aci Santa Lucia) che, sebbene nell’elenco incompleto, addito da questo scritto per annunciare che del loro operato, e di altri, illustrerò più approfonditamente nel lavoro, altrettanto prossimo alle stampe, dal titolo “Dal Dialogo alla Cantata e all’Oratorio: esegesi di letteratura e musica per recitar cantando a Jaci e d’intorni”.

Devo precisare che i documenti per la realizzazione di questo articolo sono stati consultati presso la Biblioteca Pinacotea Zelantea (con la collaborazione della direttrice, dott.ssa Maria Concetta Gravagno e di tutto il personale addetto), l’Archivio Storico Diocesano (con grande apporto della segretaria Agatina Castorina e del direttore don Giovanni Mammino), l’Archivio Storico Comunale di Acireale (per cui ringrazio il responsabile, dott.ssa M.C. Gravagno, e l’addetta dott.ssa Loredana Grasso), la Biblioteca Diocesana Mons. Francesco Pennisi Ragusa (con la squisita collaborazione della responsabile Mariuccia Dimartino), il Museo Belliniano – Comune di Catania (con la determinante collaborazione della dott.ssa Caterina Barbagallo).

Roma 11 maggio 2023, giorno natale di Vincenzo Tobia Bellini

Dante Cerilli

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