In vista della commemorazione dei defunti, pubblichiamo una nota di Giuseppe Prestipino, che riporta due “grandiosi dettati”, dati dal Signore alla mistica Maria Valtorta, nei quali si sprigionano “commoventi parole di conforto, di fede e di speranza”.
Prima di leggere tali stupendi “Dettati”, ecco una breve introduzione storica dell’evento.
Siamo a Viareggio, negli anni della terribile seconda guerra mondiale, e precisamente nel 1943.
Dal mese di aprile la scrittrice-mistica Maria Valtorta riceveva ogni giorno da Gesù, dei Dettati; lei li scriveva su dei quaderni appoggiati sulle ginocchia mentre era a letto paralitica, bloccata in un letto di dolori… (e scrisse ininterrottamente, pur ammalata gravemente e piena di dolori, fino al 1950, circa 15.000 pagine, fra cui l’imponente eccelsa Opera de “L’Evangelo, come mi è stato rivelato”!)
Il 4 ottobre 1943 la madre di Maria Valtorta, Iside Fioravanti (una donna burbera ed autoritaria) lasciava questo mondo. Purtroppo, nei giorni precedenti, a causa della sua immobilità a letto, la mistica non potè spostarsi per andare nell’altra stanza e cercare di assistere e confortare la madre moribonda.
Per questa impossibilità a poter stare accanto alla madre in quei dolorosi momenti, Maria Valtorta ne ebbe un dolore immenso ed il suo pianto fu irrefrenabile.
E proprio in quei giorni così pieni di pianto e di afflizione per la Valtorta, ecco che il Signore provvide a consolare l’angosciata mistica con i due dettati che pubblichiamo.
Come si può notare, sono pagine che, pur trattando del tremendo problema della morte, si presentano con parole stupende, con parole piene di conforto per la Valtorta, delle quali Gesù indica anche tutti noi come potenziali destinatari…
Così a tutti quelli che hanno perduto delle persone care, Egli dice che chi in vita si è nutrito del Corpo e del Sangue di Cristo difficilmente si perderà in eterno. La beatitudine celeste lo attende…
Leggiamo allora con fiducia e speranza, queste toccanti pagine dettate dal Signore alla mistica-scrittrice Maria Valtorta, il 2-3 e 7 ottobre 1943.
Dai “Quaderni del 1943” (ed. Cev) di Maria Valtorta
“Dettato” del 7 ottobre 1943
«O tu che piangi perché la separazione ti è penosa e ti pare totale, pensa a ciò che ti dice Gesù. E vedrai che essa separazione non è totale e che il dolore diminuisce.
Il mio apostolo – (riferimento a S. Paolo) – dice una parola ispirata alla quale solitamente vien dato significato riferentesi solo ai viventi della terra. Ma ne ha uno più ampio e profondo che Io svelo a voi tutti, figli che piangete, a voi tutti dolenti che soffrite per la morte di un vostro diletto.
Colui o colei che ora son morti, non si nutrirono forse del Sangue mio e della Carne che s’è fatta pane agli uomini? E, se se ne nutrirono, la virtù del Sangue e della Carne del vostro Salvatore non permane forse in essi anche oltre alla morte?
E che fa la morte umana rispetto allo spirito sopraumano? Ha forse potere la piccola morte, di separare da Me, che vivo eterno, parti delle mie membra, solo perché esse sono morte sulla terra? E voi non vivete forse in Me costituendo quella parte del mio mistico Corpo che vive sulla terra?
Non sono forse queste verità inoppugnabili? Sì, che lo sono.
Sappiate, sappiate, o voi tutti che piangete per il dolore di un lutto recente, che colui che piangete non è morto, ma vive in Me. Sappiate che il medesimo Pane che vi ha sfamato l’anima mentre eravate uniti sulla terra, mantiene la vita e la comunione fra i vostri spiriti viventi quaggiù ed i trasumanati viventi in Me.
Nulla può fare la piccola morte di male agli spiriti immortali. È la grande morte quella da temersi, quella che veramente vi toglie in eterno un vostro parente, un vostro coniuge, un vostro amico. La grande morte, ossia la dannazione dell’anima, la quale separa realmente da Me cellule del mio mistico Corpo cadute in preda delle cancrene di Satana.
Ma per coloro che sono morti nel mio Nome e che hanno nutrito in sé la vita dello spirito con il Cibo eucaristico, che non perisce e che è sempre preservazione dalla morte eterna, no, per essi non c’è da piangere, ma da giubilare, perché essi sono usciti dal pericolo di morire per entrare nella Vita.
Pensa, pensate che ben difficilmente chi s’è nutrito di Me può essere fratello di Giuda, simile a lui al quale il mio Pane non fu Vita ma Morte.
A seconda della loro capacità di assimilazione spirituale, il mio Pane, ossia Me stesso fatto cibo per dare agli uomini la forza di conquistare il Cielo e la moneta per entrarvi, darà ad essi una più o meno sollecita entrata nel Regno della gloria, ma nel 99 per 100 dei casi dà sempre la salvezza dell’anima.
Non piangete, perciò, genitori senza più figli, coniugi senza più consorti orfani senza più genitori. Non piangete.
Come alla madre del Vangelo, Io, che non mento mai, vi dico: “Non piangete”.
Credete in Me: Io vi renderò l’essere che amate e ve lo renderò in un regno dove la triste morte della terra non ha accesso e dove l’orribile morte dello spirito non è più possibile. Non piangete.
Su voi tutti scenda questa speranza che è fede e la mia benedizione.»
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E ancora nel Dettato del 2/3 ottobre 1943, sempre rivolgendosi alla mistica Maria Valtorta – (ma è chiaro che le sue parole erano rivolte ad ognuno di noi..) – Gesù diceva:
«Non chiedo che di prenderla fra le mie mani, questa tua testa coronata di dolore e quel tuo cuore trapassato dal dolore.
Io non vengo mai meno alle mie promesse. Sono con te e neppure ti dico: “Non piangere”, ma ti dico anzi: “Piangi fra le mie braccia”. Ci sono dolori che vogliono lacrime, ed Io non impedisco ciò che è giusto. Mai. Piangi e ascolta. Le lacrime si asciugheranno al calore delle mie parole.
È vero che tu hai quello che Io non ho avuto: ossia la lontananza di tua madre. Ma pensa, figlia mia, che tu non sei innocente e che ella non è innocente.
Io e mia Madre lo eravamo, eppure fummo uniti e divisi nella morte. Te l’ho detto3 che il vedermi, alto sulla croce, era strazio su strazio per la Mamma mia. Ed eravamo gli Innocenti!
Il soffrire tuo e il soffrire della tua mamma non sono senza scopo, Maria.
Ti pare che il tuo Gesù possa fare cosa inutile?
Ti può sorgere il sospetto che Egli, che ti ama tanto e ama la madre tua perché anche essa è una figlia della mia Redenzione, possa dare dei dolori senza uno scopo santo? No, Maria. Non mi hai chiesto di avere tutte le misericordie per l’anima di tua madre? Ora sappi che il suo soffrire sulla terra, in questa lunga malattia, è per diminuire il suo espiare di là, sappi che il tuo soffrire ha lo stesso scopo.
Lo so che questo ti stritola. Ma se l’uliva non venisse franta, potrebbe dare l’olio che nutre, che sana e che consacra?
Ho detto alla sorella di Lazzaro: “Chi crede in Me non morrà in eterno”.
Non tutti giungono ad avere quella fede in Me necessaria per avere sollecita risurrezione nella gloria del mio Paradiso.
Ho bisogno che ci siano quelli che credono, non una ma sette volte credono per coloro che credono tiepidamente, per dare ai tiepidi un ultimo bagliore di fede, e tanto assoluta, da farli apparire al mio cospetto rivestiti di questo estremo bagliore. Per gli operai dell’ultima ora vado mendicando eroismi di fede e di generosità che paghino per questi operai che sono privi di celeste moneta.
E, te l’ho già detto, la prima di queste spirituali elemosine va fatta a quelli del proprio sangue.
Non ti ha mai detto “grazie” su questa terra, con la sua bocca mortale. Ma pensa alla tua gioia futura, quando sarà l’anima immortale di tua madre che ricongiungendosi a te ti dirà: “Grazie, Maria, per la vera vita che mi hai data”. Sarà come se tua madre nascesse da te, e per l’eternità.
Lascia fra le mie mani il tuo cuore.
Vorrei poterli avere tutti i vostri poveri cuori deboli, malati, feriti, dolorosi, per fortificarli, per guarirli, per sanarli, per consolarli.
Se gli uomini mi dessero il loro cuore!
Non vi sarebbe più il peccato sulla terra, non vi sarebbero più i vizi che vi fanno ammalare carne e spirito, non vi sarebbero più le crudeltà reciproche che feriscono, non vi sarebbe più quel dolore spasmodico di chi piange solo e incompreso.
Sarebbe la salvezza del mondo il dare i vostri cuori a Me.
Affidatemi i vostri affetti, i vostri interessi, le vostre speranze, i vostri dolori, figli che amo come Me stesso, così come vi ho insegnato. Vedete in Me non solo il Signore ma soprattutto l’Amico, il Fratello, Colui che vi ama di un amore perfetto come è perfetta la sua natura di Dio.
Mia piccola discepola che soffri e ascolti, pensa che il tuo Maestro soffre più di te. Consoliamoci a vicenda. Io ti sono Tutto e ti tengo sul Cuore».
Giuseppe Prestipino