Economia / Caos mondiale: il punto sui dazi USA

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Avevamo già previsto un mese fa il caos economico mondiale che stiamo vivendo in questi giorni a causa della scellerata politica del presidente Trump. Per chi non avesse avuto modo di leggerlo riportiamo in basso le parole che scrivemmo come chiosa finale dell’articolo dedicato a Trump del 6 marzo scorso:

 “Le scelte politiche di Trump potrebbero avere conseguenze devastanti non solo per gli Stati Uniti ma per il mondo intero. Se le sue azioni non vengono corrette e le sue politiche continuano ad essere dominate dal metodo dell’imprenditore, rischiano di trasformare il famoso slogan da “Make Amerika Great Again” a “Make America Looser Again”. La verità è che l’approccio aggressivo e unilaterale di Trump potrebbe danneggiare irreparabilmente gli Stati Uniti, conducendo il paese in una spirale di crisi economica e diplomatica”.
Prima fra tutti la politica dei dazi che ha causato la tempesta finanziaria e commerciale attuale.

Prima di analizzare la situazione è bene spiegare brevemente cosa sono i dazi e come funzionano. I dazi sono imposte che si applicano all’importazione su determinate merci. Si pagano alla dogana a carico dell’importatore. Facciamo un’esempio pratico. L’amministrazione USA ha messo dazi del 25% sui prodotti alimentari italiani quali parmiggiano reggiano, mozzarelle, vino, olio extravergine di oliva. Di conseguenza l’importatore statunitense quando arriva la merce alla dogana deve pagare una  imposta del 25% in più sul prezzo di acquisto per “sdoganare“ la merce. L’imposta viene incamerata dallo stato USA e utilizzata per diversi fini.

Dazi Usa: vantaggi e svantaggi

Il prezzo maggiorato del 25%  si ripercuoterà  su tutta la catena distributiva della merce fino al consumatore che pagherà molto più caro il prodotto a scaffale. Di conseguenza la quantità del bene acquistato generalmente sarà minore, con meno fatturato sia del distributore/importatore americano. Ma anche e soprattutto dei produttori stranieri del bene in questione.

I vantaggi per l’amministrazione USA sono teoricamente due: uno di breve e uno di medio-lungo periodo. Il primo vantaggio è banalmente il guadagno immediato, cioè incassare il 25% sul prezzo del bene. Il secondo, l’incentivo a sostituire i prodotti stranieri con quelli prodotti negli Stati Uniti, incentivando le aziende estere a creare stabilimenti di produzione in loco.

Ormai è risaputo che questi vantaggi sono solo teorici e non creano sviluppo ma recessione per varie ragioni. La prima, in quanto aumentando l’imposta del 25% si presume che la quantità del bene acquistato rimanga tale, cosa che non avviene mai. Quindi teoricamente se compro 1.000 pezzi di parmiggiano a 10$ l’uno, si ipotizza un guadagno di 2.500€ con il dazio. Ma alla prossima importazione, le quantità del bene diminuiscono drammaticamente tanto da ridurre il vantaggio acquisito sull’incameramento del dazio. In quanto il distributore statunitense fatturando meno sul parmiggiano, contribuirà meno al gettito fiscale USA.

Ripercussioni sulle aziende e sui prodotti

Molte aziende USA dovranno chiudere o ridimensionare la loro attività, mandando necessariamente a casa buona parte dei loro lavoratori. Quindi si assisterà ad un’ aumento della spesa pubblica per i sussidi ai cittadini in disoccupazione, che vanificherà il guadagno immediato del dazio.

L’altro aspetto è il falso mito che i prodotti sono sostituibili. Sfido chiunque a sostituire il parmiggiano reggiano con il parmesan prodotto negli Stati Uniti, o il Brunello di  Montalcino con i vini della California. Semplicemente aumenterà il mercato nero di questi beni che entreranno negli USA con contrabbando alla frontiera con gli stati limitrofi, (e quindi non pagando le tasse all’importazione). Cosa già avvenuta col protezionismo statunitense degli anni ’30 del secolo scorso.magazzino con merce negli scaffali

Il terzo aspetto è l’illusione che le aziende estere si metteranno a produrre negli Stati Uniti aprendo fabbriche e sviluppando l’occupazione. Questo ovviamente dipende dai beni, quindi sull’alimentare italiano DOP non è possibile. Ma è possibile sui beni non legati alla filiera di un territorio, quali micro-chip, beni tecnologici, scarpe casual, automobili.

La delocalizzazione delle aziende statunitensi

Solo che Trump dimentica un punto fondamentale, che le aziende statunitensi hanno fatto della delocalizzazione il loro punto di forza.
Tutti i prodotti delle grandi Multinazionali sono “disegnati/ creati”  negli USA ma prodotti all’estero specialmente in Cina. Quindi colossi come Apple, Nike, Adidas, Tesla, producono o prendono buona parte della componentistica per l’assemblaggio del prodotto in Cina.
Si pensi alle batterie delle auto elettriche fatte in Cina, ai chip degli Iphone provenienti da Taiwan, alle scarpe Nike made in Bangladesh. Questo perché ? Come sempre per risparmiare il più possibile. Ricordiamo infatti che il salario medio di un operaio in Bangladesh è di 68$ al mese contro il salario medio dell’operaio statunitense di 3.000$ !

Se il prezzo di vendita di questi prodotti aumentasse drammaticamente, assisteremmo al crollo delle loro quantità sul mercato, con conseguente innesco di spirale recessiva, prezzi elevati, disoccupazione.

Lo sa bene Ronald Regan che nel 1987 nel suo ormai famoso (ed oggi più attuale che mai) discorso alla nazione ammise che “I dazi portano recessione e crollo dei mercati”, nonché al crollo della competitività delle aziende che sentendosi protette dallo Stato, si adagerebbero sugli allori.

Dazi Usa
Foto AFP/SIR

Trump annuncia i dazi USA ed è caos

Ora, noncurante dell’insegnamento della storia passata, Trump i primi di aprile ha annunciato l’inizio dei dazi per 90 paesi al mondo che hanno rapporti commerciali con gli Stati Uniti, innescando il caos totale. Con crollo dei mercati e delle borse mondiali, blocco delle merci alle dogane, accaparramento delle merci sugli scaffali dei supermercati. Buttando la bomba ed aspettando poi che i vari Stati si mettessero a negoziare tariffe più convenienti.

Questo atteggiamento è durato qualche giorno, Trump infatti ha fatto marcia indietro, sospendendo l’entrata in vigore dei dazi dichiarati per tre mesi, introducendo una tariffa uguale per tutti del 10%, tranne per la Cina, essendo l’unico Stato in cui i dazi non solo non sono stati sospesi o diminuiti, ma addirittura sono stati aumentati al 145% facendo scattare subito la reazione di Pechino di aumento contro-dazi al 125%.

Dazi USA: Trump fa marcia indietro

Ma cosa è successo? Cosa ha fatto cambiare idea al presidente USA, fermando la politica dei dazi per la maggior parte dei Paesi ?
Semplicemente si sono messi “di traverso” non solo gli Stati ma anche i suoi fidati consiglieri, primi fra tutti Elon Musk, che pare abbia perso 100 miliardi di dollari da quando è sceso in politica, Howard Lutnik,il segretario del commercio pressato dalle aziende multinazionali americane e Scott Bessent, il segretario del Tesoro americano che ha annunciato di star valutando le dimissioni dovute alla non condivisione della politica dei dazi.

Il problema è che ormai Trump il danno l’ha fatto e l’ha fatto grosso soprattutto per gli Stati Uniti, facendo crollare la borsa, i maggiori titoli USA esposti col commercio estero, la diminuzione del volume degli scambi dell’asta dei titoli di Stato del debito pubblico USA, creando l’effetto domino nei mercati.

Tutti questi fatti sono un evidente segnale del forte calo di fiducia da parte degli investitori verso il governo degli Stati Uniti. E quando si perde la credibilità, anche negli affari, si perde tutto e Trump lo dovrebbe sapere bene.

Gianfranco Castro