Una storia che dice tutto del rapporto malsano che c’è tra gli italiani e lo Stato. Anzi, tra lo Stato e gli italiani. In una città del Nord, cinta da antiche mura, un piccolo gruppo di cittadini si propone di dedicare un po’ del proprio tempo libero per ripulire e disboscare alcune aree attorno ai manufatti difensivi di un tempo. Il tutto assolutamente gratis, senza volere nulla in cambio (soldi, utilizzo delle aree…) ma solo per salvare dal degrado almeno alcune parti di quella zona della città, tra le più belle.
Un’esperienza già portata avanti con successo in alcuni terreni di proprietà privata: i proprietari non credevano alle loro orecchie alla proposta avanzata, e i cancelli si sono spalancati in un amen. Ottimi risultati, ma quando si è passati appunto in zona “pubblica”, sono iniziati i dolori.
Anzitutto: di chi sono quei metri quadrati? E qui è partito un iter che ha portato a perdere molto tempo per venire infine a sapere che quelle aree ex militari sono ora… militari, dipendono cioè dal ministero della Difesa. Altre, sono demaniali, cioè dello Stato.
Ebbene: sei mesi di tempo non sono serviti per venire a capo di nulla. Cercare di capire chi possa autorizzare che cosa, è stato più impegnativo che utilizzare la motosega per affrontare sterpaglie alte due metri, o per cercare di eliminare le montagne di rifiuti abbandonati in loco e mai raccolti da alcuno. I volontari raccontano di un vero e proprio muro di gomma, di un rimpallo continuo di responsabilità, pure di un chiaro messaggio fatto passare tra le linee: ma chi ve lo fa fare? Ma perché non vi dedicate ad altro?
Il demanio poi ha risposto in modo preciso: volete pulire l’area? Bene: fuori 35mila euro e poi potrete pure utilizzarla. Al di là del fatto che pagare 35mila euro per donare un po’ del proprio sudore per migliorare gli spazi pubblici è apparso lievemente assurdo, c’era comunque la chiara postilla che nulla si voleva farne di quell’area, che c’era solo la volontà di renderla più “presentabile”, quindi usufruibile da parte di tutti (c’è un percorso tra i colli molto bello e ora inutilizzabile) e infine di più facile manutenzione nel prossimo futuro.
Si sono rivolti pure al Comune, che in realtà avrebbe accettato a braccia aperte le motoseghe e le roncole dei volontari. Ma la proprietà è di altri, “forse un giorno diventerà nostra”. Quando? Boh, è da tanto tempo che se ne parla, attendete.
Nel frattempo, l’incuria più totale, la processionaria – insetto devastante per le piante e pericoloso per l’uomo – che infetta gli alberi, immondizie ovunque (pure carcasse di auto), le ex strutture difensive trasformate in pericolose cloache. Un angolo di bellezza – in realtà ce ne sono diversi, di angoli in simili condizioni, lungo l’antica cinta difensiva – di cui nessuno si cura, e nessuno accetta che qualcun altro lo faccia. Ci avevano provato gli alpini, tempo fa, alla fine arrendendosi pure loro.
Ora si proverà ad appoggiarsi ad associazioni ambientaliste più ferrate nel dialogo con la pubblica amministrazione, anche se quest’ultima è così “variegata” e zeppa di niet e di burocrazia che il consiglio più amichevole che si può dare a simili donchisciotte è di… lasciar stare. Ci avete provato, bravi: ora arrendetevi.
Qualcuno diceva che lo Stato siamo noi. Fosse così, storie simili sarebbero incredibili. Invece…
Nicola Salvagnin