Economia ed etica / Un esercizio congiunto per il bene comune

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Etica ed economia

Il mondo dell’economia è in perpetuo fermento. Ogni forma di mobilità/operosità relativa alla sfera umana è riconducibile a leggi di mercato. Così, non è possibile pensare al territorio, come ad un elemento disconnesso ed avulso da attività di tipo imprenditoriale e commerciale. Poiché sostentamento e floridezza giungono alle comunità proprio da questi fronti.

In particolare, il comparto dell’imprenditoria riveste notevole importanza per i mercati in ogni latitudine, soprattutto nel palinsesto di piani di sviluppo e crescita territoriale. Anche per i vari segmenti lavorativo-occupazionali. In realtà, dette pianificazioni costituiscono, stricto sensu, un indice di attestazione finanziaria per le collettività.
In tutto ciò, i piani economici si annettono alle programmazioni coordinate ad ogni livello istituzionale, sino a quello internazionale. Così, l’imprenditoria rientra nel novero dei prospetti attendibili da monitorare accortamente. In quanto si riconosce, ad essa, la capacità di creare valore aggiunto su scala locale, regionale, nazionale e così via.

L’accezione del termine “economico” indossa, da una parte, la veste degli interessi in nome dell’arricchimento e del potere. Ma, per altri versi, può imbellettarsi di concetti affini alla natura morale. In tal caso, i diritti economici, uniti a quelli sociali e culturali, costituiscono un lascito riconducibile anche al Protocollo opzionale, inerente al Patto sui diritti economici, sociali e culturali (2008). Esso si correla ai principi proclamati dalla Carta delle Nazioni Unite. In siffatto contesto, le attività economiche devono porsi nella condizione di rispettare e riconoscere aspetti concernenti dignità, uguaglianza, libertà, giustizia e pace.Etica, economia

L’atto morale applicato alle società

Ritornando al concetto di “morale”, molti valori, principi e norme suffragano la qualità “morale”, rigenerando forme di validazione di opere e movenze all’interno di una società. Ogni cultura afferma canoni di morale in un distinguo universalistico di giusto o errato. Per di più, in base alla morale, quindi a cosa sia reputato giusto o errato, l’etica riflette le azioni dell’uomo. Quest’ultima diviene all’uopo musa ispiratrice, anzitutto nell’indicare un agire responsabile in ogni direzione economica, sociale e culturale.

Insomma, in un quadro olistico, l’economia funge da passe-partout per aprirsi a connotazioni dialettiche ed etiche, almeno idealmente! Anche l’articolo 3 della Costituzione italiana ripercorre attribuzioni di eguaglianza anche di tipo socio-economico. Esso, infatti così recita per esteso: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

I diritti definiti “positivi”

Nello specifico, i diritti economici, sociali, culturali, definiti anche “positivi”, sono identificati come diritti di seconda generazione già dalla seconda metà del XIX secolo, in alcuni stati europei. Essi si riferiscono a diritti come il lavoro, l’educazione, la casa, l’alimentazione, la salute, l’assistenza e prevedono atti di intervento da parte delle pubbliche istituzioni.

E, ancora una volta i diritti economici, menzionati a latere di quelli civili, politici, sociali e culturali, si ritrovano tutti in fila dentro la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948). Il perno su cui ruota il nobile documento è correlato al principio di interdipendenza di tutti i diritti umani, condiviso sia dagli organi delle Nazioni Unite che da altri organi e istituzioni internazionali.

Si riporta a tal riguardo l’art. 22 della Dichiarazione universale dei diritti umani, che recita: “Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità”. E l’art. 25: “Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari […]”.

connubio etica economiaL’etica come criterio di misura del mondo dell’economia e dell’imprenditoria

Qual è il metro dell’etica e come si declina nelle forme della sostenibilità contemporanea, soprattutto in un contesto economico?
L’etica in sé rappresenta una virtù astratta, nata in seno alla filosofia oltre 2000 anni or sono. Si reputa che il fondatore dell’etica sia Aristotele (384 – 322 a.C.). Essa cerca di districare antinomie e problemi di sempre. Soprattutto vicende correlate alla “equa” convivenza e al bene supremo degli esseri umani in una società.

A ben vedere, l’etica se associata all‘economia può rivelarsi quale livello supremo per una società, qualora sia osservata nel suo complesso. In tal senso, l’ampiezza dell’etica investe coloro che si muovono in ambiti economici e quindi gli operatori e le imprese. Così, è presumibile pensare ad un’etica dell’economia e ad un’etica delle imprese, il cui limen è alquanto sottile.

Per effetto delle declinazioni attuali, l’etica entra in sinergia con azioni, le cui conseguenze, dal fronte economico, si riflettono su società, individui e ambiente. È chiaro che, in ambito economico, possono adottarsi politiche in grado di apportare vantaggi e profitti senza tener conto delle variabili di svantaggio sia territoriali che umane. Ma se si vuol ritornare alla giusta eco – nomia ovvero alla dimora della corretta amministrazione delle cose e/o della collettività, occorre entrare in una dimensione di responsabilità e sostenibilità nei riguardi delle comunità e delle generazioni future. (Economia, infatti, deriva dalla parola greca οἰκονομία, composta da οἶκος o “oikos“, che significa “casa“, e da νομία o “nomìa“, che sta per “amministrazione”).

Verso un innovato modello economico

La nuova versione dell’economia deve orbitare, invero, intorno all’asse delle visioni uniformate al bene comune. Qui, l’archetipo dell’economia del bene comune misura il successo economico non finalizzato all’utile finanziario, bensì alla cooperazione e al contributo plausibile del bene comune. In tal contesto, il bilancio in entrata e uscita è, dunque, il bilancio del bene comune, che riporta le voci di solidarietà e democrazia aziendale per l’intera collettività. Ed ancora, responsabilità sociale condivisa e amministrazione sostenibile sotto il profilo ecologico.

Infine, l’etica dell’economia, occupandosi di valutare sistemi economici, deve porsi quale ulteriore obiettivo la cooperazione. Essa può, altresì, giovare nella stesura di inedite programmazioni ad ogni livello istituzionale e sociale. L’ammodernamento dell’economia dovrebbe declinarsi, dunque, con canoni di tutela a vocazione sociale ed ecosostenibile, per raggiungere un futuro armonico, amante delle comunità, del bene comune e di ogni ecosistema del pianeta.

Luisa Trovato

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