Chi sarà la vittima eccellente del calo del prezzo del greggio? I sospetti cadono immediatamente sulle fonti energetiche alternative – fotovoltaico ed eolico in primis –; ma, come ogni buon giallo che si rispetti, la soluzione è un po’ più complessa. E va ricercata tra una di queste fonti, storicamente la più controversa: il nucleare.
Se petrolio e metano costano e costeranno così poco, è chiaro che per le energie rinnovabili si prospettano tempi più cupi degli attuali. Perché investire in centrali sì pulite ed “eterne”, ma costose e soggette appunto all’imprevedibilità del clima (vento) e al naturale blackout della notte, nonché ai cambiamenti stagionali?
Già, la domanda sorge spontanea, ma non ha una risposta altrettanto ovvia e diretta, perché la corsa alle energie rinnovabili sarà più difficile da ostacolare di quanto s’immagini. Anzitutto perché il prezzo degli idrocarburi è ballerino: oggi è basso, domani pure. Ma in futuro?
La spinta alle rinnovabili arriva proprio dai costi, che si sono abbassati drasticamente nel corso di questi anni. Un discorso che vale anzitutto per il fotovoltaico: il prezzo dei pannelli è crollato, mentre s’è impennata la loro resa energetica. Il megawatt regalato dal sole costa il 70% in meno di 15 anni fa, al netto pure di incentivi pubblici che in molte parti del mondo non esistono, e stanno sparendo anche laddove finora hanno alimentato queste fonti di energia. Pure a questi prezzi del greggio, il sole dice la sua.
In più, a spingerlo ci sono quei Paesi ricchi di sole e bisognosi di diversificare le fonti; e ci si mette pure la gigantesca capacità produttiva cinese, superiore alla richiesta mondiale di pannelli: i cinesi sono pronti ad inondare il mercato di prodotti a costo stracciato, come al solito.
Avrà più difficoltà da affrontare l’eolico, i cui impianti sono costosi, brutti (non piacciono nemmeno agli ambientalisti), quasi sempre lontani dai mercati di consumo e, ovviamente, discontinui.
Ma la vera vittima del mini-greggio rischia di essere l’energia nucleare. Già si fatica a progettare nuove centrali per ragioni di sicurezza – la recente tragedia giapponese di Fukushima ha spaventato il mondo intero –; in più l’uranio è un minerale raro e concentrato in poche miniere, ed esiste il problema non secondario dello smaltimento delle scorie nucleari. Per non parlare delle ragioni di sicurezza in un mondo sempre più bersagliato da episodi di terrorismo.
Gli esperti comunque sottolineano che le energie rinnovabili non sono, per ora, delle alternative agli idrocarburi: servono solo per produrre elettricità in un mondo che ha un fabbisogno energetico ben più ampio e per esso si affida agli idrocarburi e al carbone. Almeno finché la motorizzazione di massa (auto, camion, aerei, navi) utilizzerà prodotti di raffinazione del petrolio, e gas metano.
A fare la differenza, infine, ci penseranno gli Stati con le loro politiche fiscali interne: distributore di carburante e bollette sono un’enorme fonte di incassi per le finanze pubbliche (colpiscono tutto e tutti). Le tasse si spostano sui prodotti a maggior consumo, anche se le decisioni politiche possono favorire questo o penalizzare quello. Che sia benzina, gas metano, elettricità verde, dall’idrogeno o quant’altro, all’Erario interessa solo la parte che spetta a Cesare. Abbondante.
Nicola Salvagnin