Si susseguono gli annunci di nuove assunzioni in massa, dopo anni in cui gli annunci raccontavano invece di licenziamenti collettivi, di chiusure e fallimenti. Il Jobs Act funziona, gli sgravi contributivi sono veramente interessanti, le aziende assumono o regolarizzano i lavoratori precari.
In più – e questa ciliegina sulla torta è particolarmente dolce per il sistema-Italia – aumenta pure il numero delle multinazionali straniere che decidono di investire qui. Ultima la corazzata coreana Samsung, che si allargherà nel Milanese assumendo alcune decine tra ingegneri e designer.
Questa notizia è letteralmente paradigmatica: dice tutto della situazione. Cioè che si investe e si assume al Nord, mentre il Mezzogiorno rimane fermo, immobile, salvo sparuti investimenti soprattutto in Campania e un po’ in Puglia. Le ragioni sono le solite, inutile ripeterle. E le nuove assunzioni, le prospettive migliori le hanno i giovani con particolari qualifiche professionali. Insomma, si ricercano profili assai qualificati. Una lezione questa che va imparata a memoria da chi si appresta a specializzare i propri studi, e dalle famiglie. Le aziende italiane che negli anni scorsi hanno delocalizzato all’estero, pian piano stanno tornando indietro o comunque mantengono e potenziano la capofila italiana. Ma si tratta soprattutto delle realtà imprenditoriali migliori, quelle con i prodotti a più alto valore aggiunto; e si ricercano i tecnici più qualificati, gli artigiani più specializzati, le professionalità più inerenti alla realtà aziendale, e più avanzate. Non c’è bisogno di un generico laureato in giurisprudenza, ma di un esperto di contrattualistica internazionale con lingue ben conosciute e utilizzate…
Ci si è accorti che le mani dei sarti italiani sono ineguagliabili: ma stiamo parlando di prodotti di alta sartoria, con aziende che preparano il personale direttamente nelle loro scuole di formazione. Le qualità ingegneristiche italiane non sono seconde a nessuno, nel mondo; il nostro senso del bello fatto bene – nel mobile, nei tessuti, nei complementi di arredo, finanche nel cibo – non ha eguali. L’inventiva non ci difetta (ci mancherebbe! È da secoli che siamo professionisti nell’arrangiarci) e così non mancano i nuovi prodotti, i brevetti, le innovazioni.
Tutto questo è il vero motore economico italiano; e il motore è finalmente ripartito. Ma richiederà i migliori, perché la sfida è con il mondo, con i migliori di tutto il mondo.
Insomma curricula striminziti, lauree stiracchiate, prese dopo anni di fuoricorso in facoltà scadenti e in corsi di studio più da completamento dei propri interessi personali, che da formazione lavorativa, produrranno – domani più di oggi – lavoratori sottoccupati, manovalanza a basso costo, laureati-camerieri, precariato che non trova sbocchi. Un discorso che non vale per tutti, ma per moltissimi sì.
E, a giudicare dalle iscrizioni universitarie femminili, un discorso da valutare attentamente da parte delle ragazze italiane. Perché il precariato e l’esclusione lavorativa sono soprattutto donna, meridionale, poco qualificata o con studi vaghi o spendibili in attività lavorative ormai sature o in declino. Questa è la realtà: che piaccia o meno con essa bisogna fare i conti.
Nicola Salvagnin