Innovazione, innovazione… e ancora innovazione. Questo è il motore dell’economia e, spesso, il fermento di una società, da quando l’uomo pensò di utilizzare il fuoco di un incendio per farsi un bel barbecue. Sono le idee realizzate, le piccole-grandi cose che cambiano il panorama generale.
Assai interessante, ad esempio, è stato guardare i finalisti dell’edizione 2015 dell’Oscar dell’imballaggio: una manifestazione che esamina le migliori idee realizzate in un settore all’apparenza marginale, anche se poi capace di rivoluzionare intere nicchie di mercato. Si ricordi ad esempio il pet che ha sostituito il vetro – e la rivoluzione che ciò ha conseguito per acqua, latte, succhi… – o le ecoplastiche che hanno mandato in soffitta il nylon.
Un concentrato di idee geniali, di applicazioni immediate, di cambiamenti. C’è la bottiglia in plastica a cui una speciale resina conferisce la tridimensionalità; quella in vetro da un litro e mezzo per “magnum” di acqua minerale gassata (deve sopportare una pressione notevole), ovviamente di pregio per i ristoranti: ma il prodotto mancava e il bisogno c’era. C’è l’incredibile capacità di impressionare il pet con disegni e scritte che in buona sostanza mandano in soffitta l’etichetta cartacea (qualcuno riderà, altri piangeranno) o lo speciale cartone che emana profumo di grano una volta aperto, con dentro le confezioni di pasta.
C’è l’umile cassetta di legno per frutta e verdura che diventa ergonomica (più facile da trasportare) e pure bella, da posizionare direttamente nello scaffale di vendita senza eliminarla quale rifiuto indesiderato; la bottiglia in plastica speciale per glasse a base di aceto balsamico, che assomigliano incredibilmente al vetro – costando molto meno – e si può pure schiacciare per far uscire la salsa.
Per non parlare della bottiglia usata per il latte, che è interamente riciclabile come compost organico. Siamo al di là della plastica: bottiglia, tappo, etichetta sono tutti realizzati con materiale di origine completamente vegetale, derivato da fonti rinnovabili e da un tipo di vegetale non utilizzato dall’alimentazione umana.
Ci sono le vaschette contieni-cibo da supermercato che si possono mettere direttamente nel forno tradizionale o nel micro-onde: quindi dallo scaffale alla cottura in un amen.
C’è infine un nuovo materiale utilizzabile per gli imballaggi di prodotti alimentari, ricavato dal the verde, che è in grado di rallentare il naturale processo di ossidazione. Quindi prodotti più freschi e più a lungo, meno bisogno di conservanti, meno microbi e soprattutto poco costoso. Che è di solito uno dei motivi più interessanti per quasi tutte le categorie economiche.
Il mondo cambia, e sono tanti piccoli passi a portarlo in una certa direzione. Alcuni decenni fa si andava a comprare il latte dal lattaio (prima ancora, direttamente nelle stalle), che ti dava la celebre bottiglia di vetro – appunto, “del latte” – per un prodotto da consumare fresco, un paio di giorni e via. Quindi i vari processi di sterilizzazione, il cambio radicale del packaging (tetrapak, pet), i nuovi processi di microfiltrazione che allungato la durata del latte fino a 15-20 giorni, i distributori automatici… Una rivoluzione in pochi anni.
Positiva? Come tutte le cose, anche qui la medaglia ha due lati. Latte fresco un po’ ovunque e che dura un sacco: i consumatori ci hanno goduto. I lattai sono spariti, in compenso chi vende ricarica il prodotto un bel po’. Gli allevatori? Piangono per il latte versato: ce n’è troppo, è facilmente conservabile e si può comprare in ogni dove, a prezzi ridicoli: arriva in autocisterne dalla Romania o dalla Germania, qualcuno lo imbottiglia o lo trasforma in formaggio… et voilà! Per loro si stava meglio quando si stava peggio.
Nicola Salvagnin