Non risulta particolarmente convincente – sotto il profilo meramente economico – il bonus di 500 euro promesso dal governo Renzi ai giovani di 18 anni, da utilizzare per “consumi culturali”. Non ci avventuriamo su quali siano i “consumi culturali” degni di essere finanziati dalla collettività in questo modo, né se i diciottenni siano o meno i destinatari migliori di questa cifra, con il sospetto di molti che si tratti più di una manovra elettorale che di una lotta culturale alle violenze dell’Isis.
È che, appunto, si tratta di una cifretta mica da scherzo (si ipotizzano 300 milioni di euro), messa tutta a carico del bilancio dello Stato. Insomma, nel debito pubblico. Un bonus che si aggiunge ad altri già deliberati o promessi dal governo – invero per motivi ben più interessanti sotto il profilo economico – e che portano in buona sostanza ad azzerare i (pochi) tagli alla spesa pubblica realizzati: 3 miliardi di euro, su un bilancio di oltre 800. Gli economisti diranno che i tagli alle imposte deliberati o promessi sempre dall’esecutivo, andranno così tutti sulle spalle del debito pubblico. E a fare così, sono stati capaci tutti i governi della Repubblica italiana dal 1968 in poi: non a caso abbiamo un debito pubblico spaziale.
Già qui inizia a suonare la sirena dell’allarme: oggi godiamo di tassi sul debito minimi, una condizione irripetibile e non più comprimibile. Gli interessi sul debito sono fatalmente destinati ad aumentare nel momento in cui la ripresa economica si faccia veramente sentire: ma se non riduciamo la montagna, ricomincerà il giro delle “manovre” e delle stangate, altro che bonus!
E poi c’è bonus e bonus. Quello degli “80 euro” ha in realtà messo più soldi in tasca ai cittadini, con un duplice scopo: spenderli e quindi muovere i consumi interni, con il corollario positivo che ciò comporta; dare fiducia agli italiani che il peggio è passato, che lo Stato non toglie sempre ma inizia pure a restituire, a chiedere di meno. Insomma un bonus “fruttuoso”, una spesa che è un investimento.
Ma a livello economico il bonus “500 euro”, come investimento vale poco o nulla. Pare più un regalino. E qui sorge invece una considerazione para-politica: lo Stato italiano, con quei quattro soldi che gli rimangono in saccoccia, ha proprio come priorità assoluta quella di mandare i diciottenni a teatro?
Suggeriamo un’altra priorità, così evidente che pare infatti incredibile che tutte le classi politiche da molti anni in qua non la vedano proprio. In Italia non si fanno figli. C’è una denatalità da record del mondo, con conseguenze catastrofiche per tutti – si pensi all’Inps: chi pagherà le pensioni future? – e con qualche causa economica a monte. Una situazione che in molti Paesi europei è stata affrontata proprio dal bilancio dello Stato, con incentivi, sgravi, bonus, trattamenti fiscali favorevoli… Possibile che di quegli 800 e passa miliardi che il popolo italiano trasferisce ogni anno allo Stato, nemmeno una briciola arrivi a chi volesse mettere al mondo un figlio?
Questo sì sarebbe un investimento che frutterebbe dieci volte la spesa fatta, uno spettacolo a cui vorremmo prima o poi assistere!
Nicola Salvagnin