Questa sì che si può definire una riforma “incisiva”: la volontà governativa di dare una bella sfrondata alle circa 8mila realtà emanazioni degli enti pubblici territoriali italiani inciderebbe realmente sulla carne del grande moloch pubblico; metterebbe le mani in quella selva di affari, poltrone, opacità, piccolo potere che avviluppa la società italiana, e la politica in primis. Hai voglia di eliminare il finanziamento pubblico ai partiti (anche se è discutibile che sia buona cosa farlo, anche se è discutibile che poi si faccia realmente): c’è intorno alla politica locale una palude di enti, di aziende speciali, di srl e spa a capitale pubblico che alla politica rispondono. E con “rispondere”, abbiamo detto tutto.
Lo hanno rilevato tutte le spending review degli ultimi anni: è qui che si annida lo spreco e il malaffare, inteso soprattutto come poltronificio per parenti e amici, come sponsorizzazione indiretta dei sindaci in carica, come braccio operativo della politica quando non può fare direttamente qualcosa. E Renzi aveva già detto che gli 8mila enti dovranno ridursi a mille, sollevando un putiferio che bloccò tutto.
Ora il governo ci riprova attraverso il ministro della Funzione pubblica Marianna Madia: un provvedimento fissa paletti che solo le aziende di natura pubblica di qualità sapranno superare. Strada sbarrata per gli enti in perenne perdita; per quelli le cui attività non è assolutamente necessario che siano fatte dal pubblico; per quelli che hanno più occupa-poltrone che dipendenti, e via su questo crinale che subito qualcuno ha tentato di far franare.
“A rischio centomila posti di lavoro!”, si è urlato immediatamente anche da ambienti sindacali fino a ieri propensi a razionalizzare la spesa pubblica. Il presidente del Consiglio ha tranquillizzato (anche se Renzi, come rasserenatore, non è molto credibile…) dicendo che il personale verrà ricollocato, che si tratta di chiudere botteghe improduttive e inefficienti, non di fare macelleria sociale. Ha dalla sua il fatto che difendere l’indifendibile risulta arduo per tutti: ognuno di noi, in ogni angolo d’Italia, conosce almeno due realtà di questo tipo che – se fossero chiuse domani – non lascerebbero alcuna traccia di buoni ricordi nella nostra memoria. Chi scrive, vive in una città dove qualche anno fa le aziende del trasporto pubblico provinciale e cittadino furono unificate, e da due divennero… tre. Lo sforzo per giustificare questa unificazione al contrario fu assai arduo: impossibile mascherare con una diversificazione di funzioni alquanto astrusa il fatto che, messa alle strette, la politica locale non se la sentì di cancellare così tanti posti di direttore, di presidente, di consigliere di amministrazione… tutti di nomina politica. Così, invece di ridurli a metà, li raddoppiò. Tralasciamo per carità di patria di specificare la qualità di molti consiglieri d’amministrazione di nomina politica, con relativo e ambitissimo gettone pagato dal contribuente.
Barra a dritta, dunque. Che domani è già troppo tardi.
Nicola Salvagnin