Editoria / Un progetto internazionale digitalizza le prime opere a stampa italiane realizzate nei monasteri e nelle abbazie

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Le abbazie di Santa Giustina a Padova e di Praglia, in Veneto; le abbazie di Montecassino, Casamari, Farfa, San Nilo a Grottaferrata, insieme alla certosa di Trisulti e al monastero di Santa Scolastica a Subiaco, nel Lazio; la Badia di Cava dei Tirreni e l’Oratorio dei Gerolamini a Napoli, in Campania: sono le sedi di 11 biblioteche monumentali annesse ai monumenti nazionali, protagoniste di un grande progetto di digitalizzazione degli incunaboli.
L’iniziativa è partita nel 2018, vede la direzione scientifica della Biblioteca nazionale centrale di Roma, ma ha un respiro internazionale grazie alla collaborazione con il Consortium of european research libraries e al sostegno economico della Fondazione Polonsky, britannica, impegnata da anni nel sostegno all’accesso e alla condivisione internazionale del patrimonio librario. Direttore esecutivo del progetto è il direttore della Biblioteca nazionale centrale di Roma, Andrea De Pasquale, che ha raccontato al Sir genesi e sviluppi del programma di studio e valorizzazione di un patrimonio immenso.
“La Biblioteca nazionale centrale di Roma, la più grande d’Italia, ha sempre avuto un ruolo di primo piano nello studio della stampa italiana dei primordi e i suoi direttori fin dagli anni Trenta del Novecento diedero impulso alla realizzazione di un Indice generale degli incunaboli d’Italia, primo progetto del genere in Europa.
Oggi dispone di una grandiosa teca digitale di oltre 17 milioni di pagine e ora, per la prima volta, si digitalizza anche il patrimonio delle biblioteche monastiche, con un ambizioso progetto che ha preso il via dalla Biblioteca del monastero benedettino di Santa Scolastica di Subiaco (Rm). Lì, fra il 1464 e il 1467, i chierici Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz, provenienti dalla Germania, stamparono i primi incunaboli italiani, dando avvio nel nostro paese alla stagione dell’‘Ars artificialiter scribendi’, che solo in seguito sarebbe arrivata a Roma o a Venezia con Aldo Manuzio”.

I primi risultati sono già fruibili?
L’intero patrimonio degli incunaboli della biblioteca di Santa Scolastica è stato analizzato, catalogato e integralmente digitalizzato ed è ora disponibile a studiosi e appassionati, che potranno esaminare e sfogliare i preziosi volumi che lo compongono, grazie a un sito web (http://digitale.bnc.roma.sbn.it/progettopolonsky/) appositamente costruito e costantemente aggiornato. L’“Opera” di Lattanzio stampata nel 1465 e due copie del “De civitate Dei” di sant’Agostino stampate nel 1467 a Subiaco sono veri e propri monumenti della storia della stampa in Italia.

Particolare è lo status di queste biblioteche, di proprietà statale ma spesso gestite da ordini religiosi…
Sono state incamerate dalla fine del XIX secolo dallo Stato italiano a seguito delle leggi di confisca e ora appartengono al Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo. Fin dalle origini la custodia è stata assegnata ai religiosi degli ordini monastici originariamente proprietari. I complessi monumentali nelle quali sono inserite, inizialmente assegnati alle cure delle soprintendenze per le antichità e belle arti, oggi ricadono pure sotto la custodia dei religiosi con delega della soprintendenza competente. Lo Stato negli anni ha garantito alle biblioteche finanziamenti per manutenzione, restauro, acquisto di attrezzature.
Quali sono le professionalità coinvolte nel progetto?
Bibliotecari e curatori di collezioni antiche, esperti di catalogazione del libro antico, paleografi e conservatori di manoscritti, archivisti, esperti di digitalizzazione e digital libraries, informatici, restauratori, e professionisti della comunicazione, videomaker e fotografi professionisti: sono tanti i professionisti che collaborano, coordinati da un board direttivo, per realizzare un prodotto armonioso, che valorizzi ogni aspetto indagato e capace di comunicarlo a diversi livelli, da quelli più specialistici a quelli di carattere più divulgativo (social media compresi). La pandemia ha molto rallentato il nostro lavoro, che richiede continui confronti fra le diverse professionalità. A breve procederemo con una verifica di quanto fatto finora e la pianificazione del lavoro sulle restanti dieci biblioteche.

Specializzazione e divulgazione: è possibile unire questi obiettivi?
Il Progetto Polonsky ha un punto di forza nell’idea di rivolgersi tanto a specialisti (ad esempio, attraverso il blog dei ricercatori coinvolti ), quanto a studenti, appassionati e curiosi. Alle catalogazioni e indagini scientifiche che approfondiscono gli aspetti legati allo studio delle edizioni e degli esemplari e alla loro analisi storica, materiale e testuale, si affiancano blog, prodotti multimediali (video, storie digitali illustrate) destinati al grande pubblico, alle scuole e a chiunque voglia approcciare, in maniera accattivante e al tempo stesso scientifica, la storia del libro e della trasmissione del sapere. Penso al suggestivo video sulla nascita della stampa a Subiaco.

L’iniziativa può quindi aiutare anche il turismo, in un tempo che necessita una ripresa dopo l’emergenza coronavirus?
Il nostro lavoro intende valorizzare complessi monumentali dall’enorme potenziale attrattivo anche in termini di turismo. Le undici sedi oggetto del progetto sono monasteri e abbazie ricche di storia, straordinarie dal punto di vista architettonico, immerse in contesti naturalistici di grande suggestione. Proprio per questo è stato creato il portale BM-Biblioteche Monastiche, dedicato a queste sedi, che ne illustra ed esalta l’importanza storica e la ricchezza delle collezioni. Alcune, come la Biblioteca di Santa Scolastica a Subiaco, dispongono inoltre di musei ed esposizioni permanenti della storia del libro e sono inserite lungo sentieri e percorsi naturalistici (il Cammino di san Benedetto, per esempio) che una nuova forma di turismo sostenibile e slow ha riscoperto. Il progetto mira dunque anche a restituire alla comunità dei visitatori luoghi che un tempo furono il centro dell’attività culturale, finendone poi ai margini, ma che si stanno gradualmente riappropriando del loro ruolo.

Ada Serra

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