Io sono “acese”, vivo questa Città da 53 anni, la amo perché la sento parte di me !
Io sono “acese”, “testa di trunzu” e me ne vanto !
Io sono “acese” e riconosco in questa Città una sorta di maternità, ecco perché piango su di essa, perché mi duole il cuore vederla ridotta così.
Se vado indietro, sull’onda dei ricordi, vedo Acireale, sulle cui strade i camion trainavano i vagoni stipati di agrumi per le esportazioni; rivedo una fiumana di donne scendere al mattino da via delle Terme, per recarsi ai magazzini ad “incartare” gli agrumi; rivedo tante persone provenienti “da fuori”, affollare le Terme che rappresentavano un volano per l’economia cittadina; rivedo Piazza Duomo affollata all’imbrunire di “sensali” e “proprietari terreni” per stabilire il prezzo degli agrumi; rivedo Circoli, su Corso Umberto, affollati di persone che esprimevano così, nello stare insieme, il loro stile di amicizia.
Sono mancato da essa solo 10 anni, dal 1988 al 1999 e, rientrando, l’ho trovata cambiata. Ho assistito, in questi anni di ministero in Cattedrale, al suo lento declino fino a diventare “spettrale”, con una Piazza Duomo deserta e buia. Ho assistito, impotente, all’abbassamento di oltre 50 saracinesche di negozi nel territorio della Parrocchia motivate dall’avanzare della crisi. Ho visto accrescere a dismisura il numero delle famiglie in stato di povertà (confermato dal modello ISEE). Quando arrivai Parroco in Cattedrale, la Conferenza parrocchiale di San Vincenzo ne assisteva appena 14, oggi confezioniamo – grazie all’aggregazione al Banco Alimentare e alla generosità dei parrocchiani – 160 pacchi-spesa mensili !
Ho fatto una scelta, sin dall’inizio del mio mandato di Parroco di non schierarmi con nessuno, consapevole e certo che ogni Istituzione civile ha la sua piena autonomia e che sono finiti i tempi di intromissioni, anche da parte della comunità ecclesiale, sulla formazione di schieramenti politici-amministrativi.
Oggi, alla vigilia di una nuova tornata elettorale, che ahimè non avremmo voluto affrontare, sento il dovere morale di potere dire, tra le tante che leggo e ascolto, anche la mia umile e modesta parola.
Non chiedo al futuro Sindaco e a quanti saranno chiamati a coadiuvarlo come Assessori e Consiglieri comunali di avere la bacchetta magica per risolvere i problemi annosi della Città. Chiedo attenzione, lungimiranza, progettazione a medio-lungo termine, conoscenza vera del territorio. Attenzione alla famiglie, ai giovani che “emigrano” con grande facilità per trovare un lavoro, ai bimbi che non hanno “spazi” per esprimere la loro tipica vivacità, agli anziani “parcheggiati”, che sono diventati muti perché pochi o nessuno li considera più.
Chiedo che la politica esprima la sua vocazione eminente al servizio, mettendo da parte ogni forma di sopraffazione. Chiedo degli uomini liberi, senza guide di fili invisibili manovrati da altri. Non saranno le cordate a far vincere ! Chiedo gente pronta a spendersi per il “bene comune” (mai termine è stato così inflazionato come in questi ultimi anni!). Chiedo un “martire”, nel senso etmologico della parola, ovvero un “testimone”, uno di cui si possa dire al termine del suo mandato, quinquennale o decennale, “peccato che è durato così poco “!
Don Roberto Strano