I venti di crisi che stabilmente soffiano sull’Italia, non possono impedire di immaginare, all’inizio del nuovo anno, un futuro migliore. Qualunque soluzione sarà data alla crisi – elezioni anticipate o terzo governo Conte – l’Italia non può perdere l’irripetibile occasione per rinnovare il suo sistema sociale ed economico, condannato, altrimenti, a essere ancora il fanalino di coda in tutti i comparti che contano: crescita economica, pubblica amministrazione, sanità, scuola, giustizia, debito pubblico e via dicendo.
Lo stato d’incertezza politica in cui sembra siamo condannati a vivere, deve, semmai, farci avvertire l’esigenza, imprescindibile, di dotare il Paese di una classe politica più attenta alle esigenze del Paese. Dei disastri combinati dalla pandemia, oramai, si sa tutto, o quasi. Quello che rimane da scoprire è il come usciremo da questa calamità e quale sarà il modello di società in cui ci troveremo a vivere quando si porrà la parola fine a questo flagello. Anche perché, è sotto gli occhi di tutti la profonda mutazione che, a causa anche, della denatalità, sta acquisendo la nostra società: più anziani e meno giovani, con tutte le conseguenze che da ciò derivano.
“La televisione – cantava Lucio Dalla nel famoso brano scritto nel 1978 – ha detto che il nuovo anno porterà una trasformazione e tutti quanti stiamo già aspettando” … Niente di più vero! All’inizio di questo 2021 gli italiani chiedono, a chi porta la responsabilità della cosa pubblica, di disegnare il sistema Paese in cui vivremo negli anni a venire e di indicare i mezzi e i modi con cui intende realizzarlo. Questa richiesta si fa ancora più pressante nel tempo attuale nel quale il dibattito politico è incentrato, oltre che sulla crisi politica, sulla destinazione degli oltre 200 miliardi provenienti dai fondi europei. Un dibattito, da quello che si nota, più adatto a una campagna elettorale, che a una consapevole riflessione sullo stato in cui versa l’Italia.
La pandemia, con l’esplosione delle disuguaglianze e delle povertà, ha reso più evidente l’esigenza di creare sistemi sociali ed economici più idonei a proteggere quelle categorie – anziani, giovani, malati, poveri, lavoratori precari, piccoli imprenditori, etc – mostratesi particolarmente vulnerabili. E oggi, la possibilità di attuare questa trasformazione è quanto mai concreta. L’Europa, da molti in passato vituperata, ha infatti messo a disposizione dell’Italia uno strumento – il “Next Generation Eu” – del valore di oltre 200 miliardi, (dei quali 80 a fondo perduto) proprio per riparare i danni economici e sociali causati dal coronavirus. Un fondo, chiamato così, perché pensato per sostenere le prossime generazioni, lasciando poco alla discrezionalità della classe politica. Sul Governo e le forze politiche portano, semmai, grava la responsabilità del “carpe diēm”, cioè del come e quanto saranno capaci di cogliere questa straordinaria e storica opportunità per il Paese.
Mai come in questo tempo, l’Italia ha potuto contare su tanti aiuti. Neppure nel periodo del dopoguerra al quale continuiamo a guardare con ammirazione. In quest’ottica, nessun governo può farsi trovare impreparato e, tanto meno, rischiare di perdere o utilizzare male questa occasione. Significherebbe tradire le aspettative di un Paese che punta su questa possibilità per affrontare e risolvere i problemi atavici che lo assillano. Dal buon utilizzo di questo strumento – denominato “Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)” – l’Italia potrebbe acquisire un nuovo, più giusto e funzionale modello sociale. Gli ospedali, ad esempio, potrebbero essere adeguati alle esigenze presenti e future dei cittadini; i servizi sanitari territoriali disegnati a misura delle esigenze emerse durante il Covid; la macchina dello Stato diventare più snella e funzionale; le scuole ristrutturate secondo criteri di funzionalità e sicurezza; i trasporti, attraverso il potenziamento di reti e mezzi, essere più efficienti; la rete telematica più sicura e con meno interruzioni; la giustizia più snella e veloce; il territorio non dovrebbe rischiare di sgretolarsi alle prime piogge o nevicate.
E il Paese intero potrebbe crescere economicamente e socialmente. Un sogno? Forse, anche se mai come oggi sono concrete le possibilità per quel salto di qualità che sempre abbiamo auspicato.
Pino Malandrino
direttore “La Vita Diocesana” (Noto)