Martedì 2 giugno sarà la Festa della Repubblica. Una Festa diversa da tutte le precedenti, come differenti sono gran parte delle nostre giornate oggi rispetto a qualche mese fa.
Il 2 giugno si ricorda il referendum costituzionale che sancì la fine della monarchia e l’avvio dell’esperienza repubblicana. Guardando indietro questi 74 anni di storia si vede un Paese che ha saputo superare diversi momenti complicati dal punto di vista economico, sociale e politico.
Oggi l’emergenza Covid ci ha scaraventati in una terra sconosciuta, dove i confini appaiono inediti e ancora indefiniti. Molte cose che venivano date per scontate sono in movimento, in trasformazione: dalla scuola all’idea di consumatore, dal modo di concepire il tempo libero al modo di viaggiare solo per fare alcuni esempi. Tra le cose che appaiono in movimento ci sono anche le istituzioni.
Quello che è accaduto in queste settimane, infatti, ci mostra che il sistema democratico può cambiare. Anzi che sta cambiando. La Festa della Repubblica all’epoca del Covid-19 diventa così l’occasione propizia per interrogarci sul suo stato di salute e sulle sue possibili evoluzioni in questa fase così convulsa, sofferta ma anche potenzialmente carica di novità generative. In tale prospettiva mi pare ci siano almeno tre elementi da evidenziare.
La pandemia, innanzitutto, ha reso evidente come la salute sia un valore rispetto al quale tutti o quasi sono disposti a rinunciare a tante cose: per un certo tempo addirittura anche alla libertà. Se ce lo avessero raccontato prima del 21 febbraio (giorno del primo contagio a Codogno) non ci avremmo creduto. E invece è accaduto. E’ stata, lo sappiamo, una grande prova di senso di responsabilità, in base alla quale abbiamo accettato, per un tempo non lungo (ma neanche breve) che la vita del Paese fosse governata con i Dpcm, senza il coinvolgimento, di fatto, del Parlamento. L’importante è esserne consapevoli e ritenere tutto questo una eccezione, un’anomalia. Questa anomalia porta con sé, peraltro, un tema essenziale: l’efficienza della democrazia.
Ecco allora il secondo elemento da considerare: la solidità delle istituzioni. E’ una caratteristica questa che dipende da fattori tecnici e dai criteri ispiratori. Di particolare rilevanza, in tale prospettiva, è il Bene Comune che deve tornare centrale. Le istituzioni funzioneranno tanto meglio quanto più, chi ha responsabilità al loro interno, agisce con spirito di servizio e non invece cercando di servirsene. Quello a cui assistiamo in queste settimane con riferimento alla magistratura e al Csm mostra gli enormi danni alle istituzioni che può fare chi, senza pudore, le usa per propri interessi.
E qui incrociamo il terzo elemento da segnalare. La storia repubblicana ha registrato spesso esempi di cattolici che hanno espresso un alto senso delle istituzioni e della politica, vivendo questo impegno come un vero servizio fino, in alcuni casi, a dare la vita per la loro difesa. Anche oggi, fortunatamente, questi esempi non mancano a partire dal Presidente della Repubblica Mattarella riconosciuto unanimemente come riferimento quanto mai autorevole per tutti gli italiani.
Di fronte alla situazione attuale di grande incertezza e difficoltà c’è bisogno di un rinnovato sforzo dei cattolici a servizio del Paese, uno sforzo che aiuti a rafforzare il senso di comunità, a far prevalere quello che unisce rispetto a ciò che divide, che inserisca degli elementi di creatività capace di individuare risposte inedite alle grandi sfide che ci troviamo di fronte e con le quali dovremo fare i conti per molto tempo.
Lauro Paoletto
direttore “La Voce dei Berici” (Vicenza)