Tutti vorrebbero Mario Draghi. Anche al Quirinale. Tutti o quasi. Sì, perché una buona fetta dei cosiddetti no vax ce l’ha con il presidente del Consiglio reo, a loro dire, di togliere le libertà ai cittadini. Qualcuno, online, ha anche lanciato l’idea di andare sotto la casa romana del capo del governo per fargli ancora più pressione rispetto a quella che tentano di esercitare da tante piazze del Paese.
Il dibattito politico attorno alle candidature per la più alta carica dello Stato tiene banco, assieme ai temi della pandemia, nei colloqui tra le varie forze che si svolgono anche in questi giorni di fine anno. Il lavoro dell’esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce è sotto gli occhi di tutti, ed è molto apprezzato, in Italia e fuori. Un fatto eloquente, di cui non si ha memoria, cui quasi nessuno è abituato.
Si tratta anche di una piacevole sorpresa, ammettiamolo. Che l’Italia goda di una così alta considerazione nei contesti internazionali è un evento nuovo che ci fa piacere registrare. Buona parte di questo merito va ascritto a chi siede a palazzo Chigi. Quell’uomo è così schivo e tanto estraneo alle scaramucce tra partiti da essere riuscito, finora, a tenerli a bada e a non farsi immischiare nelle diatribe interne cui assistiamo da troppo tempo.
Mario Draghi: meglio al Quirinale o a Palazzo Chigi?
Il quesito posto è questo: meglio Draghi al Quirinale per i prossimi sette anni o a palazzo Chigi fino al 2023? La questione non è per nulla peregrina. Adesso c’è da mettere mano e da portare a termine le riforme che l’Europa ci chiede per ottenere i fondi del Pnrr. Poi ci sono i fondi da impiegare, altra vicenda delicatissima per non disperdere quella montagna di soldi in investimenti a pioggia, ma impiegandoli in settori produttivi capaci di produrre ricchezza per il Paese nei prossimi 10-20-30 anni.
Chi, se non Draghi, può avere la forza per contrastare le infinite spinte che giungono da ogni direzione e rischiano di portare fuori strada? Solo lui, al momento, ha l’autorevolezza necessaria per tenere uniti i cittadini attorno a obiettivi chiari, ben identificati e raggiungibili. Senza la sua guida, anche se dovesse salire al Colle, il nostro Paese rischia di nuovo la rissosità tra gli schieramenti e nuove spaccature non auspicabili.
In questi giorni si fanno molti nomi. I più, per evidente necessità, verranno bruciati. Fa parte del gioco. In gioco, invece, ci sono le sorti del nostro futuro. Ora il timoniere è affidabile.
Lasciamolo lì ancora per tutto il tempo che occorre.
Francesco Zanotti
direttore del “Corriere Cesenate” – “Il Piccolo” – “Il Risveglio”